Adotta una parola

La Società Dante Alighieri lancia una campagna per salvare i vocaboli della nostra lingua che rischiano di scomparire: come fare per diventarne i custodi
parole

Chi non ricorda il naso adunco delle streghe delle favole e il loro sguardo corrucciato? Chi non ha un amico malandrino, smargiasso o quantomeno zuzzurellone, che fa le bizze e ha le fisime? E chi, ghiotto della buona cucina, non si è fatto tentare da un banchetto pantagruelico pur temendo una dura reprimenda? E chi, ancora, non si è fermato almeno una volta nella vita ad ammirare un occaso, un cielo ceruleo o una vegetazione lussureggiante?

 

Pencolare, manneto, ravagliare, isiaco, setolinare, mastaba, tireostatico, cetano, ulto: sono tante le parole poco usate e spesso sconosciute della lingua italiana, una delle più ricche al mondo, testimone di un patrimonio lessicale e culturale immenso, ma sempre più in pericolo. E proprio per cercare di tutelarlo che la Società Dante Alighieri, in accordo con quattro dei più importanti dizionari della lingua italiana (Devoto Oli, Garzanti, Sabatini Coletti e Zingarelli) ha lanciato la campagna “Ami la lingua italiana? Adotta una parola”, un’iniziativa che, già lanciata in Gran Bretagna e Spagna, in Italia in sole due settimane ha già ottenuto migliaia di adesioni, anche grazie ai social network (Facebook in testa).

 

Ma come si fa un’adozione? È semplicissimo e gratuito. Per un anno si diventa custodi della parola prescelta, con tanto di attestato ufficiale, per tutelarla e promuoverla il più possibile. Per aderire all’iniziativa, basta collegarsi alla pagina web e scegliere una parola. Se quella preferita è già stata adottata, se ne può diventare sostenitore e aiutare l’adottante nel suo compito di promozione.

 

Questa iniziativa, spiegano i promotori, intende «sensibilizzare a un uso corretto e consapevole delle parole, favorire una conoscenza più ampia del lessico, monitorare l’uso di alcuni termini e promuovere la varietà espressiva nel mondo della comunicazione globale». Ma soprattutto vuole evitare che gli studenti non conoscano la differenza tra esterrefatto e stupito, che non credano che tergiversare significhi detergere in profondità o che esecrabile abbia a che fare con le ghiandole endocrine e non scrivano o dicano sfarfalloni

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