Accogliere i figli senza annullarsi

Far felici i figli essendo felici noi genitori

L’esperienza della genitorialità è spesso contornata da costanti pressioni sociali. Quando si diventa genitori infatti tutti, armati senz’altro delle migliori intenzioni, hanno qualche consiglio da dare o qualche idea da condividere su cosa possa significare diventare madre e padre. In alcune culture familiari e sociali ci si può aspettare, ad esempio, che, con l’arrivo di un figlio, la donna rinunci alla propria attività professionale.

In altri contesti, invece, al contrario ci si aspetta che si riesca sempre a conciliare tutto senza che vengano apportate modifiche al vecchio apparato organizzativo «non penserai che adesso con l’arrivo del figlio tu debba lasciare il lavoro?». In altri casi ancora ci si aspetta, ad esempio, che i padri collaborino al cento per cento nella gestione familiare, oppure al contrario che si occupino solo del sostentamento economico della famiglia soprattutto nei primi anni di vita del bambino. Le idee sono molteplici, le più disparate, dipendono spesso da numerosi fattori e tutte possono avere un’influenza positiva o negativa sulla vita dei neo-genitori.

Il campo della genitorialità può essere pieno di stereotipi e pregiudizi che il più delle volte ingabbiano all’interno di una realtà rigida che poco si sposa con le reali esigenze interiori di ciascuno. Prima di essere genitori infatti, si è persone, con le proprie passioni, i propri desideri e le proprie fragilità di cui può essere bene non privarsi. A tal proposito, una delle cose più importanti che si deve tenere a mente con l’arrivo di un figlio è che anche quando si diventa genitori non si smette di essere di colpo l’individuo che eravamo in precedenza. Gli altri ruoli non cessano di esistere.

Senza dubbio ci si deve tuffare in modo pervasivo all’interno di un profondo cambiamento della propria vita. È fondamentale, però, al fine di tutelare il benessere psicologico di tutti, figli compresi, continuare a salvaguardare e tutelare esigenze e spazi personali. Spesso alcune cose che ci appartengono prima di diventare genitori, possono essere volentieri eliminate per fare spazio ad altro. Questo accade soprattutto con cose, passioni, abitudini che non si ritengono fondamentali per il proprio benessere.

Troppe volte, però, il rischio è di mettere da parte uno spazio eccessivo a favore dell’altro. Spesso incontro persone che si annullano costantemente per far posto ai bisogni dei figli. I risultati in questi casi possono essere molteplici: può intanto accadere che il figlio non impari a sviluppare una frustrazione sana che lo esponga dinanzi all’idea che non è unico al mondo ma che, al contrario, nel suo quotidiano è in contatto con altre persone che hanno bisogni e spazi che vanno rispettati e accolti quanto i suoi. Questo senz’altro sarà un qualcosa che potrà imparare anche grazie al confronto con i coetanei, ma è impossibile che possa insegnarlo solo il contesto extrafamiliare.

Inoltre è importante che i genitori tutelino la propria felicità. Avere figli non significa esporsi ad una vita di sacrifici che genera solo stress e frustrazione. Si rischia di trasmettere questo a chi abbiamo dinanzi, di non fargli notare la bellezza della maternità e della paternità ed inoltre si può contribuire a strutturare nel figlio l’idea che ci sia un debito incolmabile verso i genitori che «tutto hanno sacrificato», debito che non si riuscirà mai a saldare.

Sarebbe utile, invece, con l’arrivo di un bambino, creare un nuovo equilibrio che certo modifica la struttura familiare vecchia ma che non sacrifica nessun ruolo. È possibile essere un bravo genitore, attento, presente e premuroso ed allo stesso tempo essere un buon lavoratore, un bravo marito o una brava moglie e così via. Anche quando sono presenti dei figli è giusto restare in ascolto dei propri bisogni, capire quello che amiamo fare, pensare a delle soluzioni che possano essere attenti ai bisogni di tutti i membri della famiglia.

Bisogna sempre tener a mente che lo strumento che maggiormente possiamo utilizzare per trasmettere qualcosa ai nostri figli è l’esempio. Se vogliamo insegnargli ad essere persone soddisfatte nella propria vita, è necessario che noi stessi siamo delle persone soddisfatte. Se vogliamo insegnargli ad essere persone che si amano e si facciano amare è necessario essere per primi persone che si amano e che si facciano amare e rispettare dagli altri. E così via. Questo vale per ogni insegnamento, ed ancora di più per quello che concerne la propria felicità. Non c’è modo migliore per insegnare ai figli ad essere felici se non quello di esserlo noi come genitori per primi.

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