Accanto alla tigre

Lorenzo Pavolini- Fandango
Lorenzo Pavolini "Accanto alla tigre"

Siamo solo prodotti d’un passato a cui siamo legati dal cognome? È questa la domanda dell’autore (e personaggio) Lorenzo Pavolini, il quale si rende conto che il nonno, figura mitica in ogni fantasia infantile, era stato il ministro della cultura del ventennio fascista, seguendo la sorte di Mussolini nella Repubblica di Salò fino all’estremo momento di Piazza Loreto.

 

Il romanzo, finalista del premio Strega, è ambientato nel presente di una Roma in cui coabita una forte presenza multietnica ed un centro sociale di estrema destra. Lorenzo sente di dover dare una risposta alla domanda: «Io somiglio a quel nonno? Questa domanda ti dovresti fare: cosa ho in comune con lui?». La via che si intraprende parte dalla constatazione che «la pagina scritta oggettiva se stesso nella misura dello specchio».

 

Così il romanzo si articola di fatto come una ricostruzione storico letteraria della vicenda di Alessandro Pavolini, che si sovrappone in dissolvenza con i ricordi fantastici di chi non ha conosciuto suo nonno. Non gli hanno parlato di lui, ha saputo solo di una sua generica morte in guerra, ma lo ha riconosciuto in una foto sul libro di storia dell’esecuzione di Mussolini e dei suoi a Piazza Loreto, per il cartello posto su un cadavere appeso: Pavolini.

 

La necessità di incontrare questo passato si fa sempre più impellente e coinvolgente, non scendere a patti mollando la presa sembra l’unica via percorribile. Nessuno può rispondere alla domanda su di sé per un altro. Così il padre di Lorenzo non può che offrire libri per aiutare questa ricerca.

 

Resta la conclusione che si può camminare «accanto alla tigre» e che c’è una terapia che sana il passato: «Dalla violenza, a non subirla e non praticarla, nel tempo si guarisce». Ma la sfida, lo mostra con chiarezza la chiusa del romanzo, resta tutta nel presente.

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