Fine anni Sessanta. Tra i primi – a Napoli e dintorni – ad aderire al Movimento Gen, la branca giovanile dei Focolari, Guido ha saputo trasformare la sua vita segnata da una malattia invalidante in offerta a Dio e in dono per tutti coloro che lo hanno conosciuto. Per questo profilo mi avvalgo delle testimonianze di suo fratello Bruno e di Ciro Fusco, focolarino medico suo compagno nell’esperienza gen.
Racconta Bruno: «A quattro anni Guido si ammala di poliomielite (il vaccino verrà introdotto in Italia quattro anni dopo, nel 1961). Viene accolto ad Ariccia presso la Comunità dei “mutilatini” di Don Carlo Gnocchi e poi trasferito a Salerno, dove completa gli studi superiori. Per lungo tempo lontano dalla famiglia, fa ritorno a Casoria, la sua città natale, verso gli anni ’65-’66. L’esperienza nel Movimento lo porta, insieme al gruppo originario dei gen, a diffondere l’Ideale dell’unità nel Napoletano.
Vinto un concorso alle Poste, va a lavorare a Lecco. Qui conosce una ragazza e se ne innamora, ma lei sceglie di farsi suora. Guido si ammala gravemente. Le sue crisi lo costringono a frequenti ricoveri. Per lui non c’è altra soluzione che il pensionamento anticipato e il ritorno a Casoria, dove fra una cura e l’altra continua a frequentare gli amici del Movimento.
Negli ultimi anni non cammina più; la sua malattia mentale lo spegne a poco a poco. Muore il 22 giugno 2015, nel sonno. Ci eravamo sentiti appena due giorni prima: era contento perché gli avevo trovato due persone che lo accudivano e aiutavano la mamma in casa.
Generoso e totalmente votato all’amore per Dio e per gli altri, Guido non si è mai lamentato. Solo negli ultimi mesi mi diceva al telefono che non ce la faceva più, era sfinito. Il sacerdote che lo aveva seguito negli ultimi anni mi ha confidato: “Guido ha avuto sofferenze atroci, fisiche ma soprattutto spirituali, e per questo io sono sicuro che è già in Paradiso”.
Per tutto ciò che ha vissuto e offerto in silenzio, io credo che mio fratello abbia dato un sostegno vitale allo sviluppo dei Focolari nel territorio, pur non facendone più parte attiva da tempo. A lui sarò sempre grato per avermi fatto conoscere l’Ideale di Chiara Lubich. Sono persone come lui che sostengono il mondo e la Chiesa di Cristo».
Alcuni ricordi di Ciro: «Quando lo conobbi, Guido era un giovane sui vent’anni, delicato eppure risoluto. Una poliomielite gli aveva cambiato per sempre l’infanzia e la vita. Tra noi era però assolutamente normale, con le aspirazioni comuni a quelli della sua età: il desiderio di formarsi una famiglia, di studiare, di avere un lavoro…
Insieme a Elio di Afragola, manteneva i contatti con i giovani che erano stati conquistati dall’Ideale evangelico dell’unità nell’hinterland napoletano. Caparbio e a suo modo determinato, Guido era capace anche di un’immensa dolcezza, retaggio di cicatrici e sofferenze vissute e assunte nell’amore.
Aveva una 500 color beige opportunamente modificata, frutto del desiderio di vivere la normalità dei suoi coetanei. E proprio su questa auto, che lui guidava con sicurezza e disinvoltura, raggiungevamo il Centro Gen Mondiale a Grottaferrata, dove Peppuccio Zanghì due volte la settimana teneva una scuola sui generis per giovani dei Castelli, di Roma e di Napoli.
A ritmo incalzante, in quegli anni di fondazione del Movimento Gen, vivevamo i vari appuntamenti giovanili, quelli a largo raggio e i nostri incontri settimanali. Anche le vacanze le facevamo insieme, sempre grazie alla sua 500. Eravamo appunto in vacanza a Rocca di Cambio (Abruzzo), quando nell’udire alcuni di noi cantare una canzone tratta da una meditazione di Chiara Lubich, Signore, dammi tutti i soli, Guido mi confidò: “Noi non ci rendiamo conto di cosa chiediamo a Dio quando gli domandiamo: ‘Dammi quelli che sono soli’”.
Poi io partii per Loppiano per la formazione al focolare. In quella circostanza intuii il suo desiderio di essere focolarino, desiderio che forse manifestò a qualcuno.
Nel 1978 ero a Milano quando una telefonata da Lecco m’informò che Guido, che lavorava nel locale ufficio postale, era stato colto da una crisi depressiva. Poiché ero medico, lo raggiunsi per accompagnarlo dai suoi, che conoscevo bene, a Casoria. In quella occasione compresi il dramma psichico che stava esplodendo in lui: la frattura consapevole tra aspirazioni e desideri immensi e la dura evidenza di una realtà che glieli negava. Fu l’ultima volta che lo vidi ed ebbi occasione di fare qualcosa per lui. Poi, partito per il continente africano, non ebbi più la possibilità d’incontrarlo».
Ed ora la parola a Guido, che nel Natale 2003 scrive questo breve messaggio al fratello: «Caro Bruno, l’unità che Gesù aveva costruito fra noi si è consolidata in questi anni nell’amore costante a Lui Abbandonato. È lui la nostra forza e la nostra luce. Abbracciati alla sua Croce porteremo a termine l’opera che l’amore di Dio sta edificando in questo millennio. Restiamogli fedeli e Lui conquisterà il mondo. Gesù Bambino ci ripete nella sua immensa piccolezza: “Non temete. Io ho vinto il mondo”. Auguri. Ti abbraccio. Tuo Guido».
Mi sembra significativo concludere con la risposta di Chiara del 17 luglio 1968 alla prima lettera di Guido e con il suo testamento spirituale del 3 aprile 1994. Tra i due testi corrono 26 anni, tutta una vita improntata dal suo impegno di fedeltà: «Carissimo Guido, la tua lettera mi ha portato una delle più belle notizie: l’offerta del tuo dolore è una preghiera che passa senz’altro direttamente a Dio. Siamo quindi in piena lotta per la conquista del mondo giovanile. Già hai sentito la frase, ma te la ripeto: “Quando sarò innalzato sulla croce, tutti attirerò a me”. Hai quindi una potentissima arma nelle mani per attirare tanti giovani a Gesù. Salutami tutti i gen di Napoli. Ti rimango unitissima in Gesù abbandonato. Chiara».
Dal suo testamento spirituale: «[…] Non rattristatevi, perché presto ci vedremo di nuovo, e nessuno potrà più togliere la gioia di stare insieme, per sempre. Una cosa vi consiglio per vivere in santità i giorni che Dio vi concede ancora su questa terra. Amatelo con tutto il cuore e vogliatevi bene fra voi. Amate Gesù crocifisso e abbandonato nei vostri dolori e in quelli dei fratelli. Vivete in unità con Maria, cercando d’imitare le sue virtù. Nessuno più di lei può esservi vicino nei vari momenti di crescita umana e spirituale della vostra vita. Gesù, sotto la croce, ce l’ha data come Mamma. Vivete in stretta amicizia con i santi e le anime del Purgatorio. Sono fratelli vostri, che prima di voi hanno perseverato nella fede e nella carità, nella gioia e nei dolori della vita, e nessuno meglio di loro può aiutarvi nei travagli che ancora vi affliggono nel pellegrinaggio terreno. Vivrete così in anticipo la realtà di comunione che vi aspetta in Paradiso. […] Dio, del cui amore mi sento indegno, ma nella cui infinita misericordia fermamente credo, mi accolga ora nel suo seno, insieme a Maria, al mio Angelo custode e a tutti i santi, particolarmente quelli che in vita mi hanno tenuto più compagnia. Lo Spirito Santo mi assista in questo momento straordinario del mio incontro col Padre. A tutti il mio arrivederci in Paradiso».