Siamo alla fine dell’anno scolastico e abbiamo steso insieme il testo della recita: una storia sugli uomini di Neanderthal. I bambini sono elettrizzati per l’emozione.
Dobbiamo decidere a chi assegnare le parti e… iniziano a fioccare le richieste: «Io voglio fare il capotribù!». «Io invece, maestra, voglio fare la paleoantropologa! Ti prego!». Decido far prendere a loro la decisione riguardante i ruoli. Subito i bambini accettano.
«Dobbiamo fare un’assemblea di classe?». «Certo, bambini, dovete essere pronti a fare una cosa difficilissima!». «Quale cosa?», chiedono incuriositi. Spiego che per arrivare ad una decisione comune ciascuno dovrà dire agli altri perché desidera quel ruolo, tutti dovranno ascoltarlo prima di decidere, e ciascuno (questa è la cosa difficile che anche i grandi faticano a fare) dovrà “perdere” qualche aspetto della sua proposta, per la riuscita dello spettacolo.
Concedo mezz’ora di tempo e i bambini, allenati ad ascoltarsi, si riuniscono in cerchio. Alessandro prende appunti per poi comunicarmi le decisioni. Discutono animatamente. Ad un certo punto Ilaria si alza indispettita e accenna a lasciare l’assemblea. In tre la fermano chiedendole scusa per non averla ascoltata bene e invitandola a ripetere il suo pensiero. Mi chiedono altro tempo per continuare e volentieri lo concedo: ascoltare, fare spazio alle idee degli altri, trovare mediazioni è una straordinaria palestra di relazioni!
Scade il tempo e Alessandro mi consegna il risultato: abbiamo due attrici per il ruolo di una paleoantropologa e tre capotribù, mentre necessitiamo di due solo. Come fare? Suggerisco di continuare il confronto bi e trilaterale, e di offrirmi una soluzione che faccia contenti tutti.
Mentre la classe inizia l’analisi grammaticale, i due gruppetti continuano il confronto, fino ad una proposta condivisa: Alessandro farà un’altra parte e Ilaria chiede di modificare il ruolo che dovrà impersonare, con battute che penserà lei. Siamo tutti soddisfatti dell’accordo e nel pomeriggio iniziamo le prove.
Sono grata ai bambini di quanto fanno sul serio e di come vanno fino in fondo nelle cose loro affidate, delle risorse che riescono a far emergere in maniera insospettata. Anche “fare teatro” insieme è un’occasione speciale: bisogna aspettare il proprio turno, non prevaricare sull’altro, tener conto dei tempi e dello spazio di ognuno. Si sperimenta che il risultato finale c’è solo se ciascuno fa bene la sua parte, non importa quale essa sia!
Lo spettacolo offerto a nonni e genitori è un grande successo. Alessandro ancora col costume e il parruccone in testa mi dice: «Maestra, i miei compagni avevano ragione: mi sono divertito di più facendo la parte che loro mi hanno suggerito!». È lo sguardo d’amore dell’altro che ci fa crescere e ci fa scoprire il bello che portiamo dentro.