A scuola di Costituzione

Da 50 anni il Cidi (Centro di iniziativa democratica degli insegnanti) si impegna a livello nazionale per la realizzazione di una scuola democratica coinvolgente e inclusiva per contrastare la dispersione scolastica, con soluzioni alternative a quelle previste dal Pnrr
Cidi
(Foto: Pexels)

Il Cidi – spiega Valentina Chinnici, nuova Presidente nazionale dell’ associazione che partecipa ai tavoli parlamentari per la trasformazione della scuola, organizzati dal Mppu e Città Nuova – «è una associazione di insegnanti di tutti gli ordini di scuola e di tutte le discipline, nato 50 anni fa, su iniziativa di Luciana Pecchioli, Bice Chiaromonte Foa’ e Tullio De Mauro, con lo scopo di contribuire a realizzare una scuola democratica, più attrezzata culturalmente, più vicina agli interessi di ragazze e ragazzi e tesa soprattutto a rimuovere quegli “ostacoli che impediscono il pieno sviluppo della persona umana”, come ci dice l’art. 3 della Costituzione. In tal senso il Cidi definisce la propria iniziativa democratica, nella consapevolezza che la cultura sia lo strumento fondamentale di emancipazione e di libertà per tutti e per ciascuno».

Nato nel 1972 con un primo centro a Roma, si è diffuso poi in tutte le regioni fino a dare vita ad un Centro nazionale. È una comunità professionale fondata sul confronto continuo di posizioni culturali ed ideali con attenzione a tutti i problemi della scuola, senza voler diventare partito o sindacato. La sua forza consiste nell’avere radici nella scuola con una “militanza” gratuita e appassionata. I gruppi di ricerca territoriali producono documenti sul curricolo, il sistema educativo zero-sei anni, la valutazione o il rapporto scuola-lavoro. Organizza poi corsi di formazione sulla didattica della storia, della matematica, e sulla lettura delle immagini in classe. Due tra le iniziative consolidate da molti anni nel Cidi sono il concorso nazionale “A scuola di Costituzione” e il “Seminario nazionale sul curricolo verticale”, che vede impegnati centinaia di insegnanti di ogni ordine e grado ogni anno.


Possiamo capire meglio questa realtà attraverso la sua rivista Insegnare, diretta da Mario Ambel. Ci si propone di esercitare il «diritto di vigilanza, di critica e di dissenso sulle azioni e le proposte del Ministero» (Editoriale gennaio 2023), soprattutto su inclusione, valutazione, relazione educativa, rapporto scuola-destini futuri. In particolare forte è la riflessione sul merito, viste le implicazioni politiche e strutturali del cambio di denominazione del Ministero. Si cercano soluzioni diverse al problema della dispersione scolastica e dei divari territoriali, rispetto a quelle proposte nel Pnrr.

A cento anni dalla riforma Gentile, sessanta dalla nascita della Scuola media unica, e dieci dalle “Indicazioni nazionali del curricolo della scuola di base”, si propone una nuova fase costituente per la scuola italiana. Serve un cambio di paradigma senza illudersi con visioni nostalgiche di modelli di scuola che hanno fatto il loro tempo. Si propone una revisione della legge che ha istituito l’educazione civica contro le distorsioni delle pratiche orarie, mediante una applicazione coerente e completa delle Linee guida. Forte è l’impegno per ridurre le disuguaglianze e la sudditanza nell’applicazione dei dispositivi digitali. Si arriva ad affrontare la critica all’impianto epistemologico dei saperi disciplinari. Occorre ripensare la centralità della funzione formativa delle discipline.

Particolare attenzione viene posta ai piani di investimenti del Pnrr. Il 30 dicembre 2022 sono state finalmente pubblicate le istruzioni operative per l’attuazione di un investimento di 1,4 miliardi al fine di colmare i divari territoriali. Già nelle scuole destinatarie sono stati individuati team trasparenti in Collegio dei docenti, elaborato un progetto preliminare, avviato un tavolo di coprogettazione con enti del Terzo settore, strutturata una griglia di attività di mentoring, potenziamento, orientamento per famiglie e alunni, laboratori extracurricolari. Il tutto pensato per salvare da un destino di dispersione implicita ed esplicita e di abbandono, ragazzi in condizioni di fragilità. Studenti che a volte arrivano a scuola inquieti, oppressi da rabbia o insicurezza, con background familiare demotivante. Talora poveri e costretti a lavorare invece di fare i compiti o attività sportive. Sono ragazzi che soffrono il tempo scuola come una prigione. Team di docenti appassionati e preparati con formatori esterni stanno cercando nuove strategie didattiche. Gli adolescenti hanno bisogno soprattutto di un sostegno allo studio e alla frequenza, di una relazione sana e quotidiana con la comunità scolastica. Purtroppo invece le Istruzioni operative collocano tutte le attività oltre il tempo scuola, a differenza degli Orientamenti di luglio 2022. Secondo il Cidi non si salvano i ragazzi con 20/30 ore pomeridiane, al posto della frequenza mattutina, rifiutata.

La Presidente Valentina Chinnici ha in questi giorni dichiarato a Città Nuova, circa le misure prioritarie contro la dispersione scolastica: «Sono necessarie misure strutturali e non progetti episodici: estensione del tempo pieno e prolungato, didattica laboratoriale e realmente inclusiva, per cui necessita una formazione in servizio mirata; valutazione formativa e descrittiva, non ancorata a vecchie logiche di media aritmetica o in ottica sanzionatrice. Classi poco numerose e scuole a misura di studenti, non “condomini autonomi” dimensionati per un dirigente con tanti plessi. Laddove ci sono scuole con alti tassi di dispersione, il Preside stesso deve essere “presidio”, punto di riferimento per la comunità professionale, per le famiglie e gli alunni fragili, curando che la didattica sia efficace e la scuola collabori attivamente con tutte le realtà del territorio».

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