A ruota della campionessa

A spasso con Tatiana Guderzo, medaglia d'oro ai Mondiali di ciclismo 2009.
Tatiana Guderzo

Sono le dieci del mattino di una fresca giornata di inizio autunno, il sole illumina la strada che costeggia dolcemente le Prealpi venete tra Bassano e Marostica. Tatiana Guderzo arriva all’appuntamento in perfetto orario, indossa la divisa delle Fiamme azzure, la sua squadra, che – in collaborazione con il gruppo sportivo Michela Fanini Record Rox, diretto da Brunello Fanini –, l’ha condotta a fine settembre alla conquista del gradino più alto del podio ai Mondiali di ciclismo su strada a Mendrisio, in Svizzera.

 Un saluto veloce, un cenno d’intesa per scegliere la strada, poi si agganciano le scarpette ai pedali e si parte. Non manca nulla per affrontare due ore “spensierate” di allenamento. Eh sì, perché chi scrive ha avuto l’opportunità e l’onore di pedalare “a ruota” della campionessa del mondo!

Tatiana sorride quando le chiedo di raccontare gli ultimi chilometri della gara che l’ha vista protagonista indiscussa. Gli occhi, nascosti dietro alle lenti chiare degli occhiali, sembrano illuminarsi guardando la strada verso l’orizzonte: «Io e Noemi Cantele eravamo le due capitane della nazionale; negli ultimi chilometri di gara abbiamo attaccato a ripetizione. Io mi sono ritrovata da sola in testa alla corsa all’imbocco dell’ultima salita con un vantaggio di soli tre secondi su un gruppetto dove c’erano tutte le rivali più pericolose per la lotta al titolo mondiale. Sapevo che Noemi avrebbe svolto un ottimo lavoro, impedendo alle avversarie di venirmi a riprendere.

«Ho tagliato il traguardo da sola. Pochi secondi dopo – continua – Noemi ha conquistato la medaglia di bronzo; sul podio abbiamo festeggiato assieme e abbiamo condiviso la gioia per questo splendido successo. Una grande vittoria di squadra che ha fatto vedere a tutto il mondo la forza dell’intesa che si era creata fra di noi in quei giorni».

 

Il gruppo, la voglia di “fare squadra” stanno alla base di una vittoria importante. A parole sembra un gioco da ragazzi, una cosa quasi scontata. Il semaforo è rosso e io ne approfitto: «Tatiana… Qual è il trucco per creare una squadra vincente?». La risposta è subito servita: «Prima di tutto bisogna divertirsi ma soprattutto far ridere tanto facendo star bene chi ti sta attorno. Poi è indispensabile saper dare senza voler ricevere nulla in cambio dalle tue compagne. Un giorno posso non avere nelle gambe una grande condizione, così cerco di aiutare chi in squadra sta meglio di me. Solo se mi comporto in questo modo so che quando sarò io a star bene la squadra lavorerà per me… A Mendrisio è andata così».

Una tipa tosta, questa venticinquenne, che ha rispedito al mittente tutte le accuse riguardanti la sua prestazione – proprio ai recenti Mondiali appena si era allungata l’ombra oscura del doping. Una ragazza mingherlina ed energica, con la testa sulle spalle che dice di non voler indossare in allenamento la maglia iridata perché «sta bene così», che ha capito sulla propria pelle che il ciclismo e tutto lo sport ha bisogno di idee e di valori nuovi.

«Ho fatto sei controlli antidoping in sette giorni prima di disputare il campionato del mondo. Non è piacevole, però mi rendo conto che questo è il contributo che io posso dare per avere uno sport più pulito». Tatiana è un fiume in piena, nonostante le curve e il traffico ci tiene a comunicare il suo pensiero.

«C’è bisogno di una cultura nuova soprattutto a livello giovanile; bisogna aiutare i più piccoli, educarli alla pratica sportiva prendendoli per mano. Nel ciclismo, ad esempio, questo non succede. Tante persone fanno salire un ragazzino sopra una bicicletta, lo portano in strada e gli dicono: “Pedala!”. Ci metti poco a rovinare un giovane atleta al giorno d’oggi».

L’asfalto scorre sotto le ruote delle biciclette, al nostro passaggio le persone a bordo strada si fermano salutando la campionessa. L’allenamento volge al termine, si ride e si scherza, perché tra ciclisti ci si sente sempre parte di un gruppo. Questa volta il merito è tutto di Tatiana.

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