A Roma Musica & arte

Chiude nel sobrio classicismo dell’ampio cortile nel Palazzo del Quirinale il Ravenna Festival, impossibilitato alla trasferta in Libano per la situazione bellica. Riccardo Muti, con i complessi del Maggio Fiorentino, affronta soprattutto i toni sommessi, mesti del Requiem verdiano, accentuandoli rispetto all’enfasi drammatica del testo. Le invocazioni, che costellano la partitura, sono affermate da pause lunghe, voci in pianissimo, tempi larghi: raramente ho udito un Hostias tanto accorato e perfetto, un Lacrimosa così struggente, un Libera me tanto implorante. Sembra che Muti legga il Requiem come una immensa implorazione di pace: ha ragione, perché tutto Verdi vi anela, come il mondo attuale. Il Requiem visto in controluce diventa allora una vera preghiera di liberazione dalla paura e dalla morte da parte dell’umanità, che scopre non solo un Giudice ma una porta aperta. Il quartetto di solisti eccellenti ha dato anima a questa musica commovente, sostenuto il direttore nello sguardo rinnovato al testo: ogni pausa, accento, inflessione dei solisti del coro dell’orchestra era di valore, nessuna sfumatura dimenticata. Si è entrati nel più profondo di Verdi come lui entra nel più profondo dell’uomo. Tra le rovine delle Terme di Caracalla la Stagione dell’Opera presenta il Verdi giovanile del Nabucco. Biblica, possente e patetica, l’opera risente di Bellini e Rossini, ma lo scatto verdiano, il suo pathos intenso, la forza già ci sono tutte. I concertati dilatati hanno un vigore nuovo, i personaggi, per quanto abbozzati, sono irruenti, e i cori esprimono il talento verdiano di parlare a nome di un popolo, anzi dell’umanità di sempre, come nel celebre Va’, pensiero. È musica che resta impressa, non solo per la bellezza melodica, ma per la sua verità. L’edizione presentata, guidata da Antonio Pirolli e con una buona risposta dell’orchestra e del coro, ha contato sul protagonista Carlo Guelfi, più che sul famoso basso americano Samuel Ramey, uno Zaccaria purtroppo logorato. Sintetiche come sempre, regia e scene. Ma lo spettacolo sono le Terme, la cui possanza ben si adatta al ritmo verdiano. Ancora un ambiente della romanità antica per i 12 violoncellisti dei Berliner, cioè il Ninfeo della Villa dei Quintilii sull’Appia, che, nel Festival Euromediterraneo, suonano nella notte (quasi) silenziosa, divertendosi e divertendo, con un viaggio lungo i secoli, soffermandosi in particolare su Astor Piazzolla. Si scatenano – con misura berlinese – nelle musiche dell’argentino, rivelando un’insolita arguzia unita alla leggendaria perfezione tecnica. Con un piacevole dettaglio: ogni strumento possiede un suo suono- questo è noto – ma sentirlo entrare nel corpo degli altri è una vera gioia.

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