“A piedi scalzi, lei camminava..”.

Bisogna esser grati alle edizioni Medusa per aver pubblicato questo breve scritto inedito di Vasilij Grossman già apparso sul quotidiano Avvenire del 27 giugno 1992 e mai più riproposto: sono pagine, quelle de La Madonna a Treblinka, la cui profondità e bellezza attraversa come una lama di luce l’oscurità, la piattezza e l’inutilità di tanta carta stampata odierna. La Madonna alla quale si riferisce il celebre autore di Vita e destino è quella Sistina dipinta da Raffaello, la cui visione a Mosca, nel marzo del 1955, suscitò nel suo animo sconcerto e turbamento. Singolare, intanto, è la vicenda stessa di questa grande tavola raffigurante la Vergine con il Bambino che scende dall’alto dei cieli. Dalla Pinacoteca di Dresda, dove si trovava esposta dal 1754, venne prelevata con altri capolavori dalle truppe sovietiche vincitrici alla fine della Seconda guerra mondiale, e curiosamente proprio in Russia conobbe la maggiore fortuna, sia in ambito colto che popolare: oggetto di un dibattito filosofico-letterario che coinvolse i massimi autori dell’Ottocento russo, con esiti talvolta contrastanti, da alcuni venne considerata al pari di un’icona e, frutto di rivelazioni divine, capace di suscitare esperienze estatiche; da altri invece come un grandioso esempio di arte e bellezza totalmente terrene. Grossman – si legge nella nota alla presente edizione – adotta con risolutezza questa seconda chiave di lettura, individuando nella giovane madre e nel bambino l’incarnazione somma e immortale di quell’elemento umano che costituisce il nucleo tematico e ideale di tutta la sua produzione letteraria. Ma sentiamo dallo scrittore stesso cosa suscitò in lui la visione dell’opera raffaellesca, esposta al pubblico nel Museo Puskin prima di essere restituita alla sua sede originaria in Germania. Non potevo paragonare quel subbuglio di sentimenti ai giorni di lacrime e di felicità che, quindicenne, avevo vissuto leggendo Guerra e pace, e neppure a ciò che avevo provato, durante un periodo particolarmente duro e doloroso della mia vita, ascoltando la musica di Beethoven. Finalmente compresi: l’immagine della giovane madre con il bambino in braccio non mi ricordava qualcosa che avesse a che fare con la letteratura o con la musica…. È invece Treblinka a tornargli in mente, il famigerato campo di sterminio creato dai nazisti a nord-est di Varsavia per i prigionieri politici polacchi ed ebrei. In principio non riuscii a capire… A piedi scalzi, lei camminava con passo leggero sul suolo pulsante di Treblinka, dal punto di scarico del treno alla camera a gas. La riconobbi dall’espressione del viso e degli occhi. Vidi suo figlio, e riconobbi il prodigio di quel volto straordinario, non infantile. Così erano le madri e i bambini a Treblinka, quando sullo sfondo verde cupo dei pini scorgevo i muri bianchi delle camere a gas, così erano i loro cuori. Nel tempo dei lupi, continua Grossman, la giovane madre partorì e allevò il suo bambino. E il pittore Adof Hitler stava immobile in piedi davanti a lei nella Pinacoteca di Dresda – decideva la loro sorte. Ma il padrone d’Europa non poteva incontrare il suo sguardo, e neppure quello del bambino: loro erano esseri umani. La forza della loro umanità trionfava sul suo furore. A piedi scalzi, sul suolo pulsante di Treblinka, la Madonna si avviò con passo leggero verso il forno crematorio, portando il braccio il figlio (…). Noi esseri umani certo l’abbiamo riconosciuta, e abbiamo riconosciuto il suo bambino; lei è uguale a noi, il loro destino è anche il nostro, madre e figlio rappresentano l’umanità dell’uomo. Se l’avvenire porterà la Madonna in Cina o in Sudan, tutti i popoli la riconosceranno come l’abbiamo riconosciuta noi. (…) La forza della vita, la forza dell’umanità è enorme, e neppure la violenza più feroce e sistematica è in grado di sottometterla, può soltanto ucciderla. Ecco la ragione della serenità che appare sui volti della madre e del figlio: sono invincibili. Anche nelle epoche più terribili la distruzione della vita non significa la sua sconfitta. Anche qui, come in Vita e destino, Grossman non esita ad accostare il nazismo hitleriano al bolscevismo di Stalin, Treblinka agli orrori della collettivizzazione forzata. Tale inaudita spregiudicatezza non poteva certo essere tollerata dalla censura sovietica nel 1955, anno della stesura del saggio, agli inizi di un timido disgelo, nel cui clima si inquadrava anche l’esposizione a Mosca dei capolavori della Pinacoteca di Dresda. Si è dovuta così attendere la perestrojka di Gorbaciov per vedere pubblicato lo scritto sulla rivista Znamja, nel 1989, e per raccoglierne il messaggio: Manteniamo la nostra fede nel fatto che vita e libertà siano inscindibili e non vi sia nulla di più alto dell’umanità dell’uomo. Questa umanità sopravviverà in eterno, e vincerà.

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