A Majorana, che non è morto

Chi lo ama alla follia e chi lo odia visceralmente. Il genio non lascia mai indifferenti: spacca, divide. C’è chi mette in luce, di lui, l’intelligenza, la straordinaria capacità d’intuizione, la caparbia volontà; e chi punta i riflettori sui suoi evidenti difetti, la sua ingombrante e spesso bislacca personalità, che appanna le consuetudini di chi si è costruito un solido castello sociale. Ma chi mai è capace di entrare nella mente del genio? E cosa crede di trovarci?… forse rimarrà deluso: alle volte sprazzi di luce impalpabile, di cui è difficile raccontare; a volte un buio terrificante, una solitudine così tetra e razionalmente inspiegabile, che getta nella sconforto. Non mi condannare perché non sai quanto soffro, scriveva Ettore Majorana ad uno dei suoi più stretti collaboratori. È vero: lui non poteva sapere, quanto soffriva; anche noi non lo sapremo mai. Ettore Majorana era un genio. Lo affermava il grande scienziato Fermi, che soleva dire pressappoco così: i fisici si dividono in tre categorie: più in basso ci sono i fisici sperimentali; poi i fisici teorici (di cui lui si considerava uno dei migliori); su un altro pianeta, i geni: Majorana è uno di quelli. Ma chi è Majorana? Amaldi – che con Fermi, Segrè, Corbino faceva parte di quell’eccezionale gruppo di fisici italiani noto col nome di ragazzi di via Panisperna – ce lo presenta così: Ettore venne all’Istituto di via Panisperna e fu accompagnato da Segrè nello studio di Fermi… Di lontano appariva smilzo, con un’andatura timida e quasi incerta; da vicino si notavano i capelli nerissimi, la carnagione scura, gli occhi vivacissimi e scintillanti: nell’insieme l’aspetto d’un saraceno. Fermi stava lavorando al modello statistico dell’atomo. Parlò con Majorana delle ricerche in corso all’Istituto e gli mostrò la tabella in cui erano raccolti i valori numerici del suo modello.Majorana ascoltò, poi se ne andò senza battere ciglio. Il giorno dopo, nella tarda mattinata, si presentò nello studio di Fermi e, quasi senza salutarlo, gli chiese di vedere la tabella che gli aveva posto sotto gli occhi per pochi istanti il giorno prima. Avutala in mano, estrasse dalla tasca un pezzetto di carta su cui erano scarabocchiati i calcoli che aveva fatto a casa nella notte. Li confrontò con quelli di Fermi, e constatato che erano in pieno accordo, disse a Fermi che era stato bravo… che la tabella che aveva calcolato era corretta! Come ci rimase Fermi, che ci aveva sudato sopra per parecchio tempo? Facile immaginarlo! Laura, la moglie di Fermi, ce lo descrive così: Majorana aveva però un carattere strano: era eccessivamente timido e chiuso in sé. La mattina, nell’andare in tram all’Istituto, si metteva a pensare con la fronte accigliata. Gli veniva in mente una idea nuova, o la soluzione di un problema difficile, o la spiegazione di certi risultati sperimentali che erano sembrati incomprensibili: si frugava le tasche, ne estraeva una matita e un pacchetto di sigarette su cui scarabocchiava formule complicate. Sceso dal tram se ne andava tutto assorto, col capo chino e un gran ciuffo di capelli neri e scarruffati spioventi sugli occhi. Arrivato all’Istituto cercava di Fermi o di Rasetti e, pacchetto di sigarette alla mano, spiegava la sua idea. Majorana diede, qualitativamente se non quantitativamente, significativi contributi alla fisica teorica. Una sua teoria è rimasta nota con il nome del fisico tedesco Heisenberg, che giunse autonomamente agli stessi risultati e li diede alle stampe prima di Majorana. La genialità di Ettore era però mescolata a un carattere eccentrico che spesso presentava squilibri preoccupanti e una certa predisposizione alla depressione. E questo certamente comprometteva la possibilità di ottenere grandi risultati accademici. Isolandosi sempre più dal gruppo di fisici romani, si trasferisce poi a Napoli, dove accetta la nomina per meriti speciali alla cattedra di Fisica teorica. Prende alloggio all’hotel Bologna. In quel periodo il suo umore s’incupisce ancor più del solito; non accetta di vedere alcuno; si chiude in casa e rifiuta persino la posta, scrivendo di suo pugno sulle buste, una frase che ci apre uno squarcio sul buio terribile della sua anima: Si respinge per morte del destinatario. Già, perché per essere morti, non è necessario essere cadaveri. Chissà per quale motivo soffriva così tanto? In quel periodo scrive a un collega: Caro Carrelli, ho preso una decisione che era ormai inevitabile. Non vi è in essa un solo granello di egoismo, ma mi rendo conto delle noie che la mia improvvisa scomparsa potrà procurare a te e agli studenti. Anche per questo ti prego di perdonarmi…. E ai famigliari: Ho un solo desiderio: che non vi vestiate di nero. Se volete inchinarvi all’uso, portate pure, ma per non più di tre giorni, qualche segno di lutto. Dopo ricordatemi, se potete, nei vostri cuori e perdonatemi. Che decisione aveva preso? È facile pensare al suicidio. Il 23 marzo 1938 prende un piroscafo da Napoli a Palermo, dove alloggia all’albergo Sole.Ma vi trascorre solo un giorno o due. Il 26 marzo manda un telegramma a Carrelli in cui gli dice di non preoccuparsi per quanto scritto precedentemente. Il suo ultimo scritto è dello stesso giorno: Caro Carrelli, spero che ti siano arrivati insieme il telegramma e lettera. Il mare mi ha rifiutato e ritornerò domani all’albergo Bologna, viaggiando con questo stesso foglio. Non mi prendere per una ragazza ibseniana perché il caso è differente. Sono a tua disposizione per ulteriori dettagli. Alcuni passeggeri affermano di averlo visto sul ponte del piroscafo Palermo-Napoli all’altezza di Capri. A Napoli però non è mai arrivato. Ma alcuni affermano di averlo visto proprio a Napoli alcuni giorni dopo. Insomma, inizia l’enigma.Majorana era scomparso. Il suo nome divenne un caso internazionale ancora oggi non risolto. Poi, solo ipotesi. Alcuni sostengono la tesi del suicidio; altri, dando spazio all’immaginazione, ritengono che sia stato rapito da qualche nazione che conduceva studi atomici; altri ancora, come lo scrittore Leonardo Sciascia nel suo bellissimo libretto, ammiccano all’idea che si sia rifugiato in un convento in Sicilia; altri ancora propendono per la tesi che sia diventato, volontariamente, un mendicante. Sua madre si rifiutò di vestire gli abiti del lutto, attendendo sempre il suo ritorno. E a noi, piace ricordarlo così… col suo pacchetto di sigarette in mano, con sopra scarabocchiate le formule partorite dalla sua mente geniale. Mentre, dal luogo in cui se n’è andato, qualunque esso sia, ci guarda, col quel sorriso un po’ timido e un po’ irriverente. Majorana ha potuto rinunciare alla scienza perché a lui la scienza non era costata nulla: era respiro, soffio, pulsazione nelle vene. La fisica e la matematica erano per lui quello che la musica era per Mozart.Ciò che ad altri fisici e matematici era costato sudore, fatica, per lui era leggerezza. E là, dove Mozart dirige i cori degli angeli, dove Rimbaud tende ghirlande tra le nubi e su di esse annota poesie, dove Nijinskij danza nell’aria e Pascal si diverte a giocare con le orbite dei pianeti… là anche Majorana guarda con occhio scintillante gli atomi del mondo. Là sicuramente ha trovato quella pace che in terra la genialità non è riuscita a concedergli. Là il suo cuore è scaldato da quegli affetti che in terra non ha potuto conoscere.

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