Un nuovo scavo archeologico ha portato alla luce altri tesori di Pompei. La domus recentemente affiorata dagli scavi pompeiani è un edificio privato, risale all’incirca al I sec. d.C. e incorpora un intero complesso termale.
Si tratta di una struttura così vasta e dotata di tali e tanti vani, pertinenze e corridoi da occupare gran parte dell’insula 10 della “Regio nona” di Pompei, e soprattutto da occupare gli oziosi pomeriggi dell’élite pompeiana.
No terme, no party!
Ebbene sì, anche i vip del primo secolo dell’era cristiana erano soliti scambiarsi inviti presso le reciproche dimore, lussuose e rigorosamente dotate di bagni termali.
Qui essi trascorrevano piacevoli momenti di socializzazione e relax, scialandosi tra bagni salutari, massaggi tonificanti e giochi acquatici, che facevano da preludio a deliziose libagioni.
«La diretta connessione degli spazi termali alla grande sala conviviale – spiega Gabriel Zuchtriegel, direttore generale degli scavi archeologici di Pompei – lascia intuire quanto la casa romana si prestava ad essere un vero e proprio palcoscenico per le celebrazioni di sontuosi banchetti».
Il tutto poi avente come scenografia spettacolari architetture e interni decorati con magistrali dipinti tematici a seconda delle funzioni cui ciascuna stanza era destinata.
Ne è testimonianza nel recente scavo, un «oecus, ovvero un ambiente corinzio della casa, circondato da almeno 12 colonne su tre lati, con una megalografia di II stile avente un fregio con composizioni di nature morte che rappresentano cacciagione e prodotti della pesca offerti al godimento degli ospiti durante i banchetti».
Invito a cena con…insistenza
I presupposti sociali, artistici, edonistici e culinari della nostra domus, erano dunque così allettanti che qualunque pompeiano che non appartenesse al ceto “giusto” per ricevere un invito a quei banchetti, avrebbe fatto di tutto pur di procurarselo.
Il poeta Marziale infatti scrive in un epigramma che era «impossibile sfuggire a tipi come Menogene».
Questi era uno straordinario e servile adulatore che offriva ogni tipo di servigi «finché – narra Marziale – tu non gli dica, dopo aver sopportato mille fastidiose attenzioni: “Vieni a cena!”».
Un tale invito, nel Satyricon di Petronio, lo avrebbe potuto concedere il liberto Trimalcione.
Un servo quest’ultimo che arricchitosi, dava nel triclinio, ovvero nella sala banchetti della sua domus, memorabili cene, non prima di aver fatto insieme ai suoi ospiti un bagno nell’adiacente stanza termale.
«Petronio ambienta la cena in una città campana del I secolo d.C. e dunque culturalmente non lontana –spiega il direttore Zuchtriegel – dalla realtà di Pompei prima dell’eruzione del 79 d.C.».
«I banchetti stessi a loro volta – prosegue Zuchtriegel – erano occasioni preziose per il proprietario della domus per assicurarsi il consenso elettorale dei propri ospiti, per promuovere la candidatura di amici o parenti, o semplicemente per affermare il proprio status sociale».

Allegoria pittorica stanza celeste – Regio IX Pompei / Foto ©Parco archeologico Pompei
Ozi e virtù nella domus
Sappiamo dunque che il padrone di casa era solito stupire e “sedurre” gli invitati con la grandeur degli spettacoli proposti durante gli ozi, ma abbiamo scoperto che nello stesso tempo egli cercava di esaltare anche le proprie virtù culturali; cosa questa che secondo i canoni dell’epoca doveva avvenire in stile decisamente greco-classico.
Gli esperti dello scavo hanno cosi ricercato le esatte finalità «delle pitture di “III stile” raffiguranti soggetti della guerra di Troia nelle stanze più frequentate della domus e delle scene di atleti nel peristilio cioè nella corte porticata avente una grande vasca al centro e adiacente al complesso termale».
Ebbene, quelle raffigurazioni dovevano «creare una scenografia da ginnasio greco nella domus – rileva Zuchtriegel – e conferire agli spazi un’atmosfera di grecità, ovvero di cultura, erudizione oltre che di ozio».

Praefurnium del calidarium – Regio IX Pompei / Foto ©Parco archeologico Pompei
Una sauna di ultima generazione
La domus pompeiana ci ha sorpreso finora quanto ad architetture e preziosismi pittorici, ma il suo impianto termale che sicuramente si sarebbe potuto definire di ultima generazione, non è affatto da meno.
«Le terme, composte da calidarium, tepidarium, frigidarium (sala calda, tiepida e fredda) e spogliatoio (apodyterium) – dicono gli archeologi artefici della scoperta – potevano accogliere fino a trenta persone a giudicare dalle panchine presenti in quest’ultimo ambiente».
Il sofisticato sistema di riscaldamento dell’acqua, detto ipocausto, funzionava grazie a un grande forno detto praefurnium e costruito nel piano interrato della domus.
L’aria calda così prodotta veniva indirizzata tramite tubature di laterizio negli interstizi ricavati sotto il pavimento e dietro le pareti della “stanza del caldo”.
L’habitat della stanza una volta climatizzato era perfetto per le saune sia quelle rilassanti degli ospiti che quelle terribili della servitù che sottoterra operava il funzionamento dei forni.

Peristilio del frigidarium – Regio IX Pompei / Foto ©Parco archeologico Pompei
Un virtù “clamorosa”
Lo scavo archeologico della domus prosegue a pieno ritmo in questi giorni e ci sta restituendo tanti dettagli sui costumi dell’epoca pompeiana.
Ne esce il ritratto architettonico e pittorico di una società in rapida evoluzione e dalle clamorose scalate sociali, economiche e politiche decise più che nei “salotti bene”, nelle “terme più in ”.
Ma cosa ne pensavano gli intellettuali di tutto ciò?
Seneca nelle sue Lettere a Lucilio scritte nel I sec. d.C. racconta della sua permanenza a Baia e dunque in un contesto molto simile a quello della nostra domus.
«Ecco da ogni parte mi risuonano attorno rumori d’ogni genere la mia casa è proprio sopra i bagni […] Immagina tutte le specie di suoni che possono farci detestare le orecchie: quando i più robusti si esercitano con palle di piombo […] oppure fanno sforzi ed emettono il fiato trattenuto o […] il rumore della mano che batte sulle spalle […] il giocatore di palla che comincia a contare i punti […] e quelli che saltano nella vasca con gran rumore dell’acqua sbattuta».
Ma Seneca, si sa, era un uomo virtuoso, e grazie alla forza di volontà riusciva a trovare un silenzio e una quiete interiori che gli consentivano di proseguire imperterrito i suoi studi e le sue meditazioni, estraniandosi completamente da tutti quei rumori e clamori.
Vietato invece estraniarsi dai clamori archeologici e culturali che continua a suscitare la domus pompeiana che è perfino già visitabile a scavo in corso d’opera e in fantastico tempo reale.
Accorrete dunque siete tutti invitati, ma per favore, con pacatezza e soprattutto in rispettoso silenzio!