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Persona e famiglia > Famiglia

Oltre il giardino dei fiori finti

- Fonte: Città Nuova


Coraggioso il tentativo di Domenico Pisano di dar voce, cuore e sentimenti a persone che abbiamo relegato nei meandri della follia.

Copertina del libro

Medea, l’io narrante della storia, rinchiusa da anni, sente improvviso il desiderio di raccontare di sé, «della difficoltà di sentirsi ancora donna, madre» per proiettarsi «in un futuro sereno con tanta tenacia e convinzione da cancellare l’episodio che l’ha condotta verso il nulla della pazzia».

Accanto a Medea altre donne abbandonate, recluse, dimenticate, respinte, ognuna col suo nuovo nome, ognuna con la sua storia capovolta. E intorno a loro le ombre del mondo che affiorano come ricordi, rumori, sensazioni o sentimenti perduti.

Pisano ha cercato negli occhi delle donne recluse il senso della vita, ne ha raccolto il canto disperato, quel desiderio straziato di amore e tenerezza.

Ci ha raccontato l’inenarrabile, rendendo umano quanto l’uomo con violenza ha deturpato, e lo ha fatto con audacia linguistica, con impennate iperboliche, quasi come in una partitura musicale.

Mario Tobino per primo e Alda Merini dopo hanno compiuto, quasi in anticipo, il riscatto di questo mondo. Pisano recupera nella sua originale creatività, la luminosità dei due grandi scrittori e ci consegna un’opera viva, che parla alla coscienza dell’uomo contemporaneo spesso dedito alla costruzione di altri “manicomi”, altri ghetti, altre separazioni: i “manicomi” dell’effimero, della violenza tacita, della mercificazione, dell’intolleranza, dove si continua ad insidiare il bene e a calpestare il destino dell’uomo.

Questo libro, per i tipi di Guida, è un canto che s’innalza sulle vasti paludi dell’oggi, il frutto maturo di una sensibilità poetica aperta alla solidarietà, la cui mancanza impedisce alle numerose creature che popolano i nostri piccoli e grandi ghetti, di volare alto, di sognare e sentire, almeno una volta nella vita, l’impalpabile soffio vitale di una di carezza o di un tenero bacio. 

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