Case, fabbriche, interi villaggi e città sommerse per alcuni mesi in varie parti dellaThailandia. E ancora molto da fare, ricostruire e lavorare tutt’oggi. In quell’alluvione che 2 anni fa ha colpito la Thailandia, però straordinario è stata il grande senso di solidarietà fra tutto il popolo thailandese, raccontato dalla stampa, che si è stretto attorno a chi era in difficoltà, dopo il lungo periodo di lotte politiche, spesso violente, del periodo elettorale.
In un centro di accoglienza, adibito a rifugio di fortuna per quei mesi, dei giovani si sono dati da fare. Lo scenario però è apparso loro subito in tutta la sua terribile verità: «C’erano sia anziani che bambini – racconta Sam –, alcuni avevano lasciato la loro casa con i soli vestiti che avevano addosso, non potendo portar via nulla: qualcuno era in preda allo shock, altri erano seriamente ammalati». Portando un sorriso, un pizzico di coraggio a chi era demoralizzato e aiuto materiale «abbiamo condiviso la loro disperazione, abbiamo anche distribuito cibo e giocattoli ai bambini e abbiamo giocato con loro».
Ma il cammino per la fraternità nella Thailandia del post alluvione per questi ragazzi prosegue anche nella città di Bangkok, la capitale, dove già tanti studenti si stavano mobilitando per rinforzare gli argini dei canali e dei fiumi e costruire alcune barriere per deviare l’acqua che stava arrivando. «Così, anche noi, siamo andati a riempire i sacchi con la sabbia che veniva portata con grossi camion. Abbiamo lavorato giorno e notte nel fango. La sabbia era sporca e puzzava molto: era una vera lotta contro il tempo».
Un lavoro, per i ragazzi, estenuante e logorante, senza sosta, fatto di pasti mancati e ore di sonno in meno, ma che è servito a riparare gli argini dei canali che hanno risparmiato la capitale, Bangkok, con la certezza di aver costruito «un bellissimo rapporto d’amicizia e di fraternità con tutti e che dura ancora oggi».