Gli “Stati generali” dell’imprenditoria cristiana

I temi al centro dell’incontro in programma sabato 11 maggio a Milano promosso da Compagnia delle Opere, Ucid e Fondazione Centesimus Annus. L’impresa, che è comunità di persone, deve saper coniugare efficienza e solidarietà e realizzare una continua e attiva cooperazione tra tutti coloro che a qualsiasi titolo operano nella e con l’azienda
Lavoratori di un'impresa ANSA/ALESSANDRO DI MARCO

Impegno per il bene comune, solidarietà, promozione di uno sviluppo equo e sostenibile, sono i punti di riferimento dell’imprenditoria cristiana. In un’epoca segnata da crisi multiple, quali guerre, nuove forme di povertà e crescenti disuguaglianze sociali e di reddito, questi valori acquistano un’urgenza ancora maggiore. La rivoluzione digitale e il passaggio a un modello di sostenibilità ambientale, sociale e di governance rappresentano due trasformazioni epocali che spingono a rivedere gli attuali paradigmi di sviluppo.

Gli imprenditori cristiani sono impegnati ogni giorno nell’affrontare queste sfide, come dimostra l’organizzazione del primo appuntamento degli “Stati generali dell’imprenditoria cristiana”.

L’evento si terrà a Milano, presso l’università cattolica del Sacro Cuore, sabato 11 maggio. Compagnia delle Opere, Unione Cristiana Imprenditori e Dirigenti e la Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice, in qualità di organizzatori dell’iniziativa, avendo come riferimento la Dottrina Sociale della Chiesa, mirano a proporre azioni concrete che segnino un cambio di rotta in grado di spostare l’asse della crescita da una dimensione quantitativa ed estrattiva ad una qualitativa e trasformativa, orientata verso uno sviluppo sostenibile.

Il progetto degli Stati generali dell’imprenditoria cristiana si articola in tre giornate di dialogo, confronto e proposte: alla prima che si tiene appunto a Milano, ne seguirà una seconda a Roma, in occasione delle iniziative per il Giubileo, e poi una terza prevista a Torino. Questi appuntamenti hanno lo scopo di consolidare il cammino delle imprese cristiane per il bene comune al fine di promuovere un’economia più umana.

«Crediamo che oggi ci sia una forte necessità d’identificare ragioni originali e solide per approcciare il mondo del lavoro. Dobbiamo lasciarci alle spalle una certa mentalità novecentesca. Essere capaci di cambiare e di aggiornarsi rimane una chiave essenziale di ogni imprenditore ed ente associativo. Aggiornarsi non è sinonimo di snaturarsi, ma è, al contrario, volontà di comunicare chi si è rispetto alla realtà di oggi», spiega Andrea Dellabianca, presidente nazionale della Compagnia delle Opere.

«Oggi le imprese sono chiamate ad affrontare un cambiamento che pone, o meglio ripone, sempre più al centro lo sviluppo umano. È necessario riscoprire l’importanza di rapporti umani vivi e profondi, in particolare tra chi opera tutti i giorni nel medesimo contesto economico. È necessario riconnettere le persone attraverso la condivisione di esperienze, che possano essere un luogo di sfide e confronti. È la sfida che ogni giorno ci poniamo come Compagnia delle Opere. È il nostro fine essenziale», ricorda Dellabianca.

Don Giussani (fondatore di Comunione e Liberazione, ndr) scriveva: «Occorre mettersi a disposizione di ciò che c’è perché possa essere aiutato a esistere, dobbiamo quindi valorizzare la ricchezza di ognuno di noi perché se condivisa agisce da fattore moltiplicatore. In questo ci viene in aiuto il Magistero Sociale della Chiesa che, dalla Rerum Novarum di Leone XIII a Francesco, non ha mai fatto mancare l’insegnamento volto a favorire la concordia tra imprenditori e lavoratori, accomunati dalla ricerca del bene comune, ognuno per i propri ruoli specifici», ha concluso il presidente di Compagnia delle Opere.

Papa Francesco ha indicato una direzione che integra etica e azione, proponendo una crescita integrale che non si limiti agli aspetti economici, ma che abbracci il pieno sviluppo umano.

Gian Luca Galletti, presidente nazionale dell’Ucid, a tal proposito ha sottolineato che: «L’imprenditoria cattolica oggi ha molto da dire, ma urge acquisire una voce nel dibattito pubblico, come ci stimola a fare il presidente della Cei, cardinale Zuppi. Occorre un attivismo particolare da parte dei cattolici, perché il rischio è quello di perdere l’occasione di contribuire significativamente alle politiche per la sostenibilità e per la transizione tecnologica a livello nazionale e sovranazionale. Non possiamo lasciare questi processi alle sole burocrazie europee e ai policy maker internazionali. Serve quello che Bergson definiva un “supplemento d’anima”. Non possiamo limitare i percorsi politici alle sole misure tecniche, se manca la componente culturale, la visione umanistica che deve permeare anche l’impresa».

Per questo oggi la voce dei cattolici deve acquisire rilevanza politica, capacità di incidere. «L’Unione Europea non ha voluto riconoscere le origini cristiane, è vero, ma come imprenditori cattolici abbiamo eredità e visioni importanti da portare nel dialogo con le istituzioni e con le parti sociali: a partire dalla Rerum Novarum fino alla Laudato si’, ma per contare servono coesione e progettualità comuni, strumenti che occasioni come gli Stati Generali ci aiutano a maturare», ha ribadito Galletti.

Il discorso di papa Francesco all’incontro con il mondo del lavoro nello stabilimento Ilva di Genova nel maggio 2017 poneva l’accento sull’importanza dell’imprenditore come colonna portante di ogni economia sana. Anna Maria Tarantola, presidente della Fondazione Centesimus Annus – Pro Pontifice, ha evidenziato che: «L’imprenditoria cristiana nel contesto odierno, caratterizzato da molteplici crisi e da due transizioni epocali, quella digitale e quella verso la sostenibilità integrale, è chiamata ad operare concretamente per sostenere e favorire l’affermazione di un nuovo modello di sviluppo equo, solidale, inclusivo e integralmente sostenibile secondo i dettami della Dottrina Sociale della Chiesa e in particolare del Magistero di Papa Francesco che è la dottrina sociale di oggi».

L’impresa è il motore dello sviluppo e dell’innovazione, può, come costantemente chiede papa Francesco, svolgere un ruolo strategico nel promuovere una visione e una realizzazione di una economia che sia non solo produttiva, ma anche inclusiva e solidale.

Tarantola osserva che in questo percorso l’impresa, che è un luogo e una comunità di persone, deve saper coniugare efficienza e solidarietà e realizzare una continua e attiva cooperazione tra tutti coloro che a qualsiasi titolo operano nella e con l’azienda, valorizzando il contributo delle rispettive capacità, competenze e creatività, per raggiungere responsabilmente non solo il profitto, ma la prosperità duratura dell’impresa con un impatto positivo per persone, territorio e ambiente, creando così benessere per tutti. L’impresa è pertanto chiamata a cambiare il proprio modello di business, gli obiettivi strategici, l’organizzazione, la gestione del personale, lo stile di leadership, attivando un cambiamento non facile ma possibile.

L’imprenditoria cattolica può fare da apripista. Infatti, le imprese, guidate dai principi della solidarietà, del bene comune e della dignità umana, possono diventare veri e propri laboratori d’innovazione sociale ed economica, dimostrando che un altro modo di fare economia non solo è possibile, ma è già in atto.

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre rivistei corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

I più letti della settimana

Tonino Bello, la guerra e noi

Il voto cattolico interessa

Edicola Digitale Città Nuova - Reader Scarica l'app
Simple Share Buttons