Personaggio importante quanto scomodo del panorama storico medievale, una delle donne più influenti da un punto di vista politico del tempo, portatrice di un messaggio aperto e rivoluzionario. Parliamo di Ildegarda di Bingen (1098-1179), mistica tedesca, definita da papa Giovanni Paolo II «esempio di genio femminile» e figura di spicco del movimento monacale femminile del Medioevo.
Fino ad oggi era stata la «santa» venerata ma mai canonizzata. Due i processi avviati e mai conclusi come lei stessa aveva profetizzato. E invece ecco, dopo mille anni, il decreto di poche ore fa di papa Benedetto XVI che l'ha elevata agli onori degli altari estendendone il culto a tutta la Chiesa. Papa Ratzinger da sempre particolarmente legato a santa Ildegarda ne aveva sempre riconosciuto «la coraggiosa capacità di discernere i segni dei tempi», sottolineando il ruolo delle donne in campo teologico «perché esse sono capaci di parlare di Dio e dei misteri della fede con la loro peculiare intelligenza e sensibilità».
Una personalità poliedrica: scrittrice, musicista, astrologa, drammaturga, filosofa, consigliera di pontefici e imperatori – tra cui Federico Barbarossa –, nonché fondatrice del monastero di Rupertsberg.
Lucia Tancredi è autrice per Città Nuova di Ildegarda. La potenza e la grazia, un romanzo biografico sulla vita della mistica tedesca scritta creando una sorta di “tradizione matriarcale” che passa dalla figlia spirituale, incaricata di trascrivere il racconto che Ildegarda fa della sua vita, direttamente al lettore. Ne vien fuori un ritratto complesso di donna e di santa, modello di una femminilità forte e moderna. L’abbiamo intervistata.
Un cenno sull’epoca in cui Ildegarda è vissuta…
«Se la civiltà classica era espressione di una cultura misogina, il cristianesimo attraverso il monachesimo aveva rivestito la donna di una dignità che sino ad allora le era stata negata. Ildegarda vive il “secolo della bella cavalleria”, un contesto storico assai favorevole al suo genio, che le permise un vasto campo di azione e il contatto con le personalità dell’epoca: Bernardo di Chiaravalle, simbolo di una visione militare della fede, Federico Barbarossa, esponente della “cavalleria politica”, ed Eleonora di Aquitania, animatrice della poesia occitanica. Un’epoca che ebbe il suo epilogo poco dopo»
Chi era Ildegarda?
«Il suo è un destino “femminile” segnato: è la decima figlia di una nobile famiglia, ha una salute fragile e viene oblata. Le sue visioni, fatte di luci e suoni, che l’accompagnano fin dalla tenera età, da lei vengono inizialmente combattute. Visioni coscienti e che lei stessa definiva “dell’anima”, differenti da quelle maschili in cui spesso si ha una mescolanza di teologia e filosofia, in modo del tutto metafisico. Nel monastero di Disibodenberg, viene inizialmente affidata a Jutta, una monaca di origi nobili che sarà per lei una vera maestra spirituale. A lei succederà nel ruolo di badessa del convento»
Quando la svolta nella sua vita?
«Nel 1150. Dalle visioni capisce che deve fondare un monastero femminile a Rupertsberg, in una zona impervia della Renania. Opta per una serie di scelte anticonformiste per il tempo. Innanzitutto la nuova struttura si presenta come fondazione autonoma, un caso eccezionale per l’epoca. Inoltre, Ildegarda parte dall’idea che per poter arrivare a Dio occorrono due fattori: essere in salute e glorificare le bellezze del mondo. È per questo che decide di scegliere i colori del bianco e del verde per l’abito delle consorelle, rifiutando categoricamente il nero, che secondo lei annulla la corporeità. Perle e fiori, divengono gli ornamenti per andare “ad eborizzare” la domenica. Anche la preghiera diventa un momento in cui il corpo partecipa alla bellezza del creato e per questo viene accompagnato da canti e danze. Sarà la prima donna a comporre un dramma musicato».
Il suo libro sa di una “tradizione tutta al femminile”…
«Esistono molte biografie dei suoi collaboratori su Ildegarda e quelle autorizzate sono tutte scritte da uomini. Si tenga conto che molto materiale purtroppo è andato perso. Non volevo che una voce maschile parlasse di una donna. Esiste tutta una catena patriarcale anche nella fede e mi piaceva che esistesse una biografia dettata da una donna con la complicità femminile. Si sente la mancanza di una teologia femminile e troppo spesso, dove c’è, si tratta di casi isolati».
Lucia Tancredi è altresì autrice per Città Nuova di “Io, Monica”, romanzo biografico sulla madre di Sant’Agostino.