I 27 leader dell’Unione europea (Ue) e i 33 della Comunità di Stati Latinoamericani e dei Caraibi (Celac) si sono riuniti a Bruxelles nel loro terzo vertice, dopo otto anni dall’ultimo. L’incontro ha manifestato le tensioni tra i 48 Capi di Stato e di Governo su questioni quali il commercio, la lotta al cambiamento climatico, la transizione energetica e digitale, e soprattutto l’invasione russa dell’Ucraina.
Gli Stati dell’America Latina continuano a non schierarsi con l’una o l’altra parte del conflitto tra Russia e Ucraina e, pur avendo in maggioranza condannato l’intervento militare di Mosca, non condividono la visione occidentale sulla natura e sulla soluzione del conflitto. Nello specifico, alcuni Stati latinoamericani criticano la strategia occidentale di inviare armi in Ucraina e delle sanzioni economiche, che avrebbero avuto l’effetto di fare alzare l’inflazione e i prezzi dell’energia. Non a caso, il previsto intervento del presidente ucraino, Volodymyr Zelensky, è stato annullato due giorni prima.
I leader dei due blocchi sono rimasti in stallo per ore nella definizione della dichiarazione conclusiva del vertice proprio in merito alla questione ucraina. L’Ue avrebbe voluto inserire un preciso riferimento di condanna all’aggressione russa dell’Ucraina, mentre la Celac ha chiesto di eliminare ogni riferimento alla guerra, ponendo una richiesta di risarcimento all’Europa per l’occupazione coloniale subita. Alla fine, la dichiarazione (non approvata dal Nicaragua) non usa la parola condanna in merito alla guerra in Ucraina, ma la più leggera espressione di profonda preoccupazione.
Anche le questioni commerciali sul tavolo del vertice sono state difficili da affrontare; infatti, l’accordo di libero scambio tra Ue e Mercosur (il mercato comune tra alcuni Paesi latinoamericani) concluso nel 2019, dopo oltre 20 anni di negoziati, non è stato ancora ratificato, soprattutto a causa delle preoccupazioni di alcuni Stati membri dell’Ue sulle politiche ambientali e sull’annosa questione dell’Amazzonia.
La Spagna, che detiene la Presidenza di turno dell’Ue, da una parte e il Brasile dall’altra auspicano la ratifica entro la fine dell’anno, cosa alquanto improbabile. La presidente della Commissione Europea, Ursula von der Leyen, prima dell’inizio del vertice aveva annunciato 45 miliardi di investimenti nei Paesi dell’America Latina, forse l’unico risultato concreto di questo vertice svoltosi sull’orlo di una crisi di nervi, nell’ambito del Global Gateway, la strategia che mira a realizzare connessioni sostenibili e affidabili per le persone e il pianeta, a contribuire ad affrontare le sfide globali più urgenti, dalla lotta ai cambiamenti climatici al miglioramento dei sistemi sanitari e al rafforzamento della competitività e della sicurezza delle catene di approvvigionamento globali.
Tra i principali progetti previsti figura l’espansione delle reti di telecomunicazione nella regione amazzonica, l’elettrificazione del trasporto pubblico in Costa Rica, la costruzione di una linea metropolitana in Colombia, l’implementazione del 5G per la banda larga in Giamaica. Nel contempo, l’Ue procederà a rafforzare e a diversificare le catene di approvvigionamento delle materie prime rare, essenziali per la transizione ecologica.
L’aspetto positivo del vertice, in un’ottica geopolitica, è la manifestazione dell’interesse dell’Ue a recuperare un dialogo e un’influenza in America Latina, necessaria per contrastare la Cina che lì, come in altri continenti, è cresciuta notevolmente. Se l’approccio della Cina è essenzialmente commerciale, l’Ue può invece puntare anche su un dialogo politico che le è connaturato e che per troppo tempo ha negletto. Non a caso, l’Alto rappresentante dell’Unione europea per gli affari esteri e la politica di sicurezza, Josep Borrell, ha riconosciuto che pur «essendo partner naturali, […] gli europei non hanno prestato sufficiente attenzione ai latinoamericani». Pertanto, ora è necessario «reagire e tenere conto del nuovo scenario geopolitico, con l’emergere della Cina e il nuovo ruolo della Russia».