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In profondità > Insolita Bibbia

Abramo ci insegna l’importanza di negoziare con Dio

di Michele Genisio

- Fonte: Città Nuova

Ammiriamo la capacità del primo padre della fede di parlare con Dio, “mercanteggiare” con lui e perdersi nell’infinità delle stelle.

Abramo

Siete mai stati in un suq mediorientale o nordafricano? Avete mai provato a comprare, ad esempio, un tappeto? Vi sarete resi conto che la compravendita ha un suo rituale. Che comprende la contrattazione sul prezzo. Una vera arte. Implica la capacità di presentare in modo superbo la propria merce, grande spirito di osservazione per entrare in empatia con il cliente, nessuna fretta nel concludere la trattativa. E quando l’accordo sembra avvicinarsi ecco che arriva una tazza di tè verde bollente. Artigiani e commercianti mediorientali sono abili negoziatori, niente da dire. Ma chi di loro ha mai pensato di mercanteggiare con Dio? A dire il vero uno l’ha fatto. Un certo Abramo, quasi quattromila anni fa. La sua storia è raccontata dalla Bibbia. Che per la prima volta usa per lui un termine destinato a diventare famoso: ebreo. Abramo l’ebreo.

Ebbene, un giorno questo ebreo, che aveva una straordinaria famigliarità con Dio, venne a sapere che l’Onnipotente aveva intenzione di distruggere la città di Sodoma. Dove, guarda caso, abitava suo nipote Lot, figlio di suo fratello. Abramo iniziò una trattativa con Dio per distoglierlo dal suo proposito di distruzione. «Ti rendi conto che così facendo distruggerai il giusto con l’ingiusto? Ti pare una cosa sensata? Degna di te?», partì all’attacco Abramo. «Se in quella città ci fossero 50 giusti, io penso che per loro riguardo dovresti rivedere i tuoi piani».

Dio dimostra di avere anche lui un certo spirito mediorientale e accetta di buon grado di contrattare. «Va bene. Se ci sono 50 giusti, non muoverò un dito contro la città». Ma Abramo sapeva che si era messo su una strada pericolosa. Inizia ad abbassare il numero. «45 giusti può andar ancor bene?». Dio annuisce. Abramo insiste. 40? Sì. 35? Va bene. 30? Ok chiudiamola a 30. E se fossero 20? Un sospiro di Dio… accetto per 20. Abramo fa ancora un tentativo audace. 10? «Va bene 10 – dice Dio – ma non uno di meno». E se ne va. Abramo ce l’ha fatta. Purtroppo non si troveranno neppure i 10 giusti. E Sodoma sarà distrutta con zolfo e fuoco provenienti dal cielo. Una specie di bomba atomica dell’epoca. Che colpirà anche la città vicina, Gomorra.

Che ne è rimasto di loro? Non si sa. Recenti scavi ipotizzano la presenza di insediamenti umani nel III millennio a.C. a sud del Mar Morto, in zone che poi sono state coperte dalle acque salate. Sodoma e Gomorra lì sotto? Non lo sapremo mai. Ma quello che sappiamo è che ci è rimasto fra le mani un racconto biblico che dà un insegnamento universale sulla preghiera. La quale a volte può diventare una vera contrattazione con l’Eterno. Senza complessi di inferiorità, con schietta famigliarità. A Dio sembra piacere questo approccio.

Abramo, inutile dirlo, è un personaggio centrale nella Bibbia. A lui Dio disse: «Non ti chiamerai più Abram, ma ti chiamerai Abraham perché ti renderò padre di una moltitudine di popoli». Il nome Abram significa “padre nobile”, “grande padre”, Abraham significa “padre di una moltitudine”. In italiano si è tagliata la testa al toro e si è chiamato semplicemente Abramo.

Di tutti gli indimenticabili racconti della sua vita, un episodio è particolarmente toccante. Una notte Dio conduce Abramo fuori dall’accampamento e gli dice: «Guarda in cielo e conta le stelle, se riesci a contarle». Poi soggiunse: «Tale sarà la tua discendenza». Una scena poetica. Abramo nel buio della notte esce dalle tende e si mette, occhi in su, a guardare il firmamento, perché una voce nel cuore glielo ha chiesto. Conta le stelle, una, due… 10… 50… fino a che i suoi numeri si confondono tra le costellazioni. «Sarà così la mia discendenza?» si chiede.

Tenendo conto dell’esiguo numero di ebrei – che nel mondo oggi sono appena più di 13 milioni, meno degli abitanti di Karachi in Pakistan – pare che Dio non ci abbia azzeccato. Neanche se si aggiungono i 2 miliardi e mezzo di cristiani odierni, e gli 1,8 miliardi di musulmani, che riconoscono Abramo come padre. Se poi si contano ebrei, cristiani e musulmani di tutti i tempi fino ad ora, i numeri salgono sensibilmente. Ma si è lontanissimi dai numeri della promessa, se si pensa che nel solo universo osservabile ci sono più di 300 miliardi di galassie, ognuna contenente in media 100 miliardi di stelle.

Evidentemente Dio non ne faceva un fatto numerico quando ha chiesto a Abramo di contare le stelle. E Abramo non era dotato di un telescopio astronomico. La poesia di quel momento sta tutta nel cuore di quell’uomo che con gli occhi alzati si perde nell’immensità del cielo stellato e crede a Dio che gli parla. Nell’antichità tanti uomini e donne, saggi e studiosi alzavano gli occhi al cielo, che appariva un incredibile mare scuro trapuntato d’oro. Studiavano i moti degli astri, ne traevano calcoli per i calendari. Tanto che l’astrologia è probabilmente la più antica delle scienze naturali. Ma nel cielo cercavano anche auspici per il futuro e indizi per interpretare il presente. Dio aveva chiesto ad Abramo quello che allora facevano tanti, interrogare il cielo per comprendere il suo futuro. Ma Abramo sapeva che quel cielo non era solo fatto di materia più o meno incandescente. Era la casa del Dio che gli parlava nel cuore.

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