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Italia > Felicemente

La serenità dipende da noi

di Benedetta Ionata

- Fonte: Città Nuova

Lo dice la filosofia di ogni epoca e lo analizza la psicologia: tutto ciò che viviamo non è altro che la nostra interpretazione degli eventi e del mondo

coscienza
(Foto: Pixabay)

Chi può affermare di essere, oppure di conoscere qualcuno, così rivolto verso l’esterno, così preso dall’accumulare beni o da quello che pensano gli altri, al punto da perdere completamente il senso del proprio io? L’individuo a cui viene posta una domanda del genere solitamente cerca la risposta fuori e non dentro di sé, ovvero esamina le facce degli altri per presagire in qualche modo la risposta che loro desiderano o si aspettano. Per una persona può tornare utile citare un po’ del pensiero di Schopenhauer, filosofo tedesco, vissuto a cavallo tra il 1700 e il 1800 e considerato uno dei più importanti pensatori dell’epoca moderna.

In sostanza il filosofo, tra i vari pensieri che ha elaborato, ha anche voluto evidenziare che ciò che conta di più è ciò che un individuo è. Ovvero ciò che dà origine alla felicità, secondo il pensatore, non è la ricchezza, né i beni materiali o lo status sociale, e nemmeno una buona reputazione.

Per quanto riguarda i beni materiali, Schopenhauer sostiene che sono un fuoco fatuo, e afferma con eleganza che l’accumulo di ricchezze e di beni può essere infinito e insoddisfacente: più si possiede, più le richieste si moltiplicano. Paragona la ricchezza all’acqua del mare, ovvero più se ne beve più si ha sete, e conclude sostenendo che alla fine non siamo noi a possedere i nostri beni, bensì sono i nostri bene a possedere noi.

Invece su che cosa rappresentiamo agli occhi degli altri, il filosofo ammette che la reputazione è evanescente quanto i beni materiali. Schopenhauer scrive: «Metà dei nostri problemi e delle nostre ansie ha origine dalla preoccupazione per l’opinione degli altri… dobbiamo estrarre questa spina dalla nostra carne». È così pressante l’urgenza di produrre una buona impressione sugli altri che alcuni prigionieri sono andati al patibolo con la mente concentrata sull’abbigliamento e sull’ultimo gesto da compiere. Le opinioni degli altri sono un qualcosa di così instabile, poiché possono modificarsi in qualunque momento; ma nonostante ciò ne siamo schiavi, siamo schiavi di quello che gli altri pensano – o, peggio, di quello che sembrano pensare gli altri, in quanto non possiamo mai sapere cosa pensino effettivamente.

Dunque ciò che veramente conta, secondo il filosofo, è ciò che siamo. Una buona coscienza, dice Schopenhauer, significa più di una buona reputazione. Il nostro scopo più grande dovrebbe essere una buona salute e la ricchezza intellettuale, che conduce a una scorta inesauribile di idee, all’indipendenza e a una vita morale. La serenità interiore si genera dal sapere che non sono le cose a turbarci, ma la nostra interpretazione delle cose.

Schopenhauer parte da un concetto: “Il mondo è una mia rappresentazione”. Nessuno può uscire dal proprio punto di vista e vedere le cose come realmente appaiono. Tutto ciò che si definisce obiettivo e oggettivo ha la sua genesi nella coscienza di un soggetto, che è, a sua volta, condizionato da sé stesso. Il mondo è quindi un insieme di rappresentazioni condizionate dalla persona che lo guarda.

Quest’ultima idea – che la qualità della nostra vita è determinata dal modo in cui interpretiamo le nostre esperienze, e non dalle esperienze in sé – costituisce un’importante dottrina terapeutica che risale all’antichità. È infatti un principio fondamentale presente nella scuola dello stoicismo: ed Epitteto, uno dei maggiori filosofi di questa scuola tra il I e II secolo d.C. , sosteneva che «ciò che turba gli uomini non sono le cose, ma i giudizi che essi formulano sulle cose».

Questo concetto è poi passato attraverso Zenone, Seneca, Marco Aurelio, Spinoza, Schopenhauer e Nietzsche, per arrivare fino ad oggi e diventare un concetto fondamentale per gli psicologi. In psicoterapia il concetto viene promosso nel momento in cui si vuole spronare il paziente al cambiamento, e la frase più usata per tale proposito è la seguente: «cambia il modo di vedere le cose e le cose cambieranno».

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