Azzardo, armi e inquinamento. Assume sempre più una estrema chiarezza quanto affermato da papa Francesco nel discorso al mondo dell’economia di Comunione nel 2017: «Il capitalismo continua a produrre gli scarti che poi vorrebbe curare. Il principale problema etico di questo capitalismo è la creazione di scarti per poi cercare di nasconderli o curarli per non farli più vedere. Una grave forma di povertà di una civiltà è non riuscire a vedere più i suoi poveri, che prima vengono scartati e poi nascosti. Gli aerei inquinano l’atmosfera, ma con una piccola parte dei soldi del biglietto pianteranno alberi, per compensare parte del danno creato. Le società dell’azzardo finanziano campagne per curare i giocatori patologici che esse creano. E il giorno in cui le imprese di armi finanzieranno ospedali per curare i bambini mutilati dalle loro bombe, il sistema avrà raggiunto il suo culmine».
I tedeschi lo chiamano Finanzmarkt-Kapitalismus. Non è, semplicemente, una deriva finanziaria del capitalismo classico. Non è, in sostanza, un suo momentaneo mutamento di immagine o una temporanea deviazione di rotta, quanto piuttosto, il disvelamento di un’intima struttura e, al contempo, di un immane e finora inedito dispiegamento di potenza.
Ciò che dobbiamo affrontare e, per affrontarlo, comprendere è un capitalismo che ha una matrice “religiosa”, laddove prevede devozione assoluta, sacrifici e culti. Ma, come scriveva già negli anni Venti del secolo scorso il filosofo Walter Benjamin, questa religione è meramente cultuale, non prevede trascendenza, ma la simula. Offre un «surrogato della vita eterna».
Colpiscono, poiché colpiscono al cuore il problema, le parole di papa Francesco che insegna; «Quando il capitalismo fa della ricerca del profitto l’unico suo scopo, rischia di diventare una struttura idolatrica, una forma di culto. La “dea fortuna” è sempre più la nuova divinità di una certa finanza e di tutto quel sistema dell’azzardo che sta distruggendo milioni di famiglie del mondo, e che voi giustamente contrastate. Questo culto idolatrico è un surrogato della vita eterna».
Dire che questo sistema è un culto idolatrico che offre un surrogato della vita eterna, significa colpirne e capire la radice: il capitalismo finanziario non redime, ma incolpa. Non concede grazia o perdono, ma indebita. Non si apre alla parola responsabile, la corrompe. Qui ci soccorre ancora la lingua tedesca, dove il termine Schuld significa, al contempo, colpa e debito.
Uno studioso americano, Julian Dibbel, ha definito non a caso “ludocapitalismo”(ludo-capitalism) questo sistema: ognuno è chiamato a offrire sacrifici volontari all’idolo, attraverso forme subdole che comportano volontaria sottomissione.
In questo senso, anche in questo senso, ha allora pienamente ragione il professor Luigino Bruni quando ricorda che questa matrice “religiosa” del capitalismo è fondamentalmente idolatrica. Non possiamo, nell’ora presente, sottovalutare la natura radicale della sfida che il capitalismo – che prescinde, oramai, anche dal mercato: mercato che è anche relazione – ci pone.
La modalità operativa principale con cui il capitalismo si presenta è la dimensione dell’azzardo di massa, mediato tecnologicamente. L’azzardo non è una possibilità fra le tante che il capitalismo si dona. Al contrario, tanto nella sua forma evidente (l’azzardo come lo vediamo ovunque, nei locali di prossimità, nei negozi, nelle stazioni…), quanto nelle dimensione stessa della finanza gestita da algoritmi, è oramai strutturato secondo la logica dei derivati finanziari.
E che cosa sono i derivati finanziari se non surrogati, scommesse e non investimenti, azzardo? Non è un caso se uno degli algoritmi che muovono il business globale e locale dell’azzardo è chiamato, dagli operatori di settore, really new God, il vero nuovo dio. Un idolo, un culto vuoto. La sua promessa? Un surrogato di vita eterna.