Le ragioni perché i cileni possano definire come storico lo scorso fine settimana sono varie. Intanto per la novità di eleggere i 155 rappresentanti alla Costituente – di cui 17 appartenenti a popoli indigeni – che dovranno redigere la nuova Costituzione del Cile, mettendo fine a uno schema normativo imposto dalla dittatura (1980).
Per la prima volta, la legge ha disposto che metà dei costituenti fossero donne. Era anche la prima volta che, per la pandemia, si è votato durante un fine settimana. Infine, è stata la prima elezione diretta dei governatori delle 16 regioni, in un Paese dove il centralismo amministrativo raggiunge livelli estremi.
Siamo dunque ad portas della costruzione di un nuovo patto sociale, nel quale si potranno riscrivere, in piena libertà, varie regole del gioco democratico e dell’ordine sociale ed economico che dipende da queste.
Come in tutte le elezioni ci sono anche vincitori e sconfitti. Il governo di centro-destra esce nettamente sconfitto da queste elezioni. L’obiettivo di controllare un terzo dei costituenti, in modo da condizionare i temi da trattare – i vari articoli del nuovo testo dovranno ottenere i 2/3 dei voti – non è stato raggiunto. Mentre i conteggi precisano le cifre definitive, i leader di centro-destra ammettono la dura sconfitta, perché i loro rappresentanti saranno 38 o 39, al massimo 40. Le due liste che formano l’arco di centro-sinistra ottengono più o meno 54 rappresentanti, ma è ancora presto per cantar vittoria, visto che sono stati superati ampiamente dagli indipendenti, che sono la grande sorpresa di questo fine settimana, avendo ottenuto 46 seggi. Ed è molto probabile che questo gruppo appoggi le posizioni progressiste.

Cittadini cileni alle urne (AP Photo/Esteban Felix)
La coalizione di governo perde per varie ragioni. Intanto per un comportamento incoerente al suo interno: alcuni partiti prima si sono opposti tenacemente all’idea di una nuova Costituzione, votando insieme al 20% che ha respinto l’iniziativa, per poi candidarsi alla Costituente. In secondo luogo, riceve una punizione per non aver saputo leggere quanto è mutato nel Paese a partire dall’ottobre 2019, quando è iniziata una protesta sociale che hanno dichiarato giusta e legittima, ma solo a parole. Nei fatti non hanno saputo modificare nessuna delle cause strutturali di una disuguaglianza umiliante quanto ingiusta. A titolo di esempio, mentre milioni di persone hanno ottenuto finora di ritirare il 30% del fondo individuale della futura pensione per far fronte alla crisi economica, dunque provvedendo da soli alle necessità provocate dalla crisi scaturita dalla pandemia, il governo è stato non solo avaro nel soccorrere i settori che più stanno soffrendo gli effetti della disoccupazione, ma non ha osato neppure applicare una tassa ai super patrimoni, che nell’ultimo anno sono lievitati, ed alcuni in modo spettacolare.
Nella gestione della pandemia, l’esecutivo ha seguito spesso lo schema della contrapposizione – falsa – tra economia e sanità, rivelando incoerenze e poca trasparenza nei criteri sanitari per stringere e poi allentare le misure per combattere la diffusione del virus. Non a caso, l’effetto combinato della protesta sociale, appena sopita, e la crisi sanitaria hanno ridotto al 9% il giudizio favorevole sulla gestione del presidente Sebastián Piñera.
Anche i risultati dell’elezione dei governatori insieme a quelli dell’elezioni dei sindaci, che pure si sono svolte in questo fine settimana, confermano la tendenza generale.
Va notato che l’affluenza alle urne non è stata delle migliori. I cileni hanno da tempo divorziato dalla politica, della quale si interessano poco; e i partiti politici sono tra le istituzioni che suscitano meno fiducia. Si comprende meglio, allora, perché abbia votato la metà degli aventi diritto e che il 45% dei voti sia andato a candidati indipendenti dalle organizzazioni partitiche.
Inizia un tempo nuovo. I costituenti hanno a disposizione 9 mesi, prorogabili per altri 3, per dare forma a un progetto di Paese, per trovare il modo di promuovere e proteggere il bene comune, per abbandonare il progetto di una società di mercato celato dietro la vecchia Costituzione, per edificare una comunità capace di inclusione e di giustizia. Sarà il tempo per tornare a sperare.