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Luce Ardente: amore cristiano e compassione buddista

di Roberto Catalano

Ci ha lasciato il monaco buddhista della tradizione theravada thailandese che ha vissuto una profonda amicizia spirituale con Chiara Lubich, che considerava sua madre. «Io non seguo una donna, ma il suo Ideale di fraternità universale»

«Oggi mi trovo qui grazie a Chiara Lubich. Ero un monaco semplice e dopo aver conosciuto Chiara rimango un monaco semplice, ma doppiamente felice rispetto a prima. Sono un monaco felice non perché vengo dalla Thailandia, terra dei sorrisi, ma per la gioia di aver trovato il modo di fare del mondo un’unica famiglia, secondo gli insegnamenti di Chiara, del dono dell’unità, l’eredità che ci ha lasciato».

Con queste parole Phramaha Thongratana Tavor si era presentato al pubblico di Rieti, in occasione del conferimento del premio Forum Civiltà dell’Amore, che gli era stato assegnato nell’ottobre del 2008. Forse mai questo monaco buddhista della tradizione theravada thailandese ha meglio sintetizzato la sua esperienza di amicizia spirituale con Chiara Lubich, che considerava sua madre.

Un rapporto nato quasi per caso a metà degli anni Novanta del secolo scorso quando, in occasione della Giornata Mondiale della Gioventù che si sarebbe tenuta a Manila, gli organizzatori chiesero al Movimento dei Focolari in Thailandia di invitare, insieme alla delegazione dei giovani di quel Paese, un monaco buddhista. Attraverso conoscenti a Bangkok si arrivò a questo piccolo monaco, inaspettatamente vivace e loquace per essere un tipico theravada, ma anche profondamente radicato nella sua tradizione della meditazione vipassana.

Proprio nelle Filippine, Phramaha Thongratana Tavor vide una foto della Lubich. Volle sapere chi fosse quella donna e chiese di incontrarla. Così in occasione del Gen Fest del 1995, a Roma, Chiara Lubich incontrava per la prima volta un monaco dell’antica tradizione theravada: un momento che avrebbe scritto un capitolo nuovo nella storia dei Focolari, ma anche nella vita di questo e di tanti altri monaci thailandesi.

Da subito, infatti, dopo averla ascoltata rivolgersi alle migliaia di giovani al Palaeur di Roma, il monaco thai si rivolse alla Lubich come mamma: parola che esprime una filiazione spirituale per certi versi misteriosa se si pensa al profondo e incrollabile radicamento nella tradizione cattolica della fondatrice dei Focolari e, d’altra parte, in quella buddhista del monaco.

Fu l’inizio di un profondo rapporto spirituale fra i due, che coinvolse altri in un cammino che dopo trent’anni ancora continua con sviluppi allora imprevedibili. La Lubich, da parte sua, chiamò il monaco buddhista Luce Ardente, sia per la difficoltà nel pronunciare il suo nome thai, ma anche per la luce spirituale che emergeva dai loro incontri. Il rapporto prese una svolta ancora più decisiva quando Luce Ardente propose di trascorrere alcuni mesi nella Cittadella di Loppiano. Gli fu proposto, allora, di vivere presso il centro di spiritualità Claritas, dove consacrati di diversi carismi e provenienze geografiche trascorrono un periodo per una esperienza di comunione fra i rispettivi carismi, nello spirito di quello dei Focolari.

A più riprese, Luce Ardente ha passato periodi più o meno lunghi con questi monaci e consacrati cattolici in una esperienza di dialogo intermonastico assolutamente innovativa.

Non si parlava, infatti, né di teologia né di concetti filosofici, ma si viveva l’amore cristiano e la compassione buddista in ogni momento della giornata, con tempi dedicati alla condivisione spirituale. A questa esperienza, Luce Ardente aveva proposto di partecipare per qualche tempo anche al suo Maestro spirituale, Phra Phrom Mongkol, figura di rilievo mondiale nella tradizione theravada e della meditazione vipassana. Fu così, anche dopo un breve incontro con Giovanni Paolo II, che fra i due venerabili monaci maturò l’idea di invitare Chiara Lubich in Thailandia.

Dal 28 dicembre 1996 al 9 gennaio 1997, la leader cattolica fu ospite a Bangkok e a Chiang Mai di diversi templi e università, dove ebbe modo di incontrare monaci, monache e laici e raccontare loro la sua esperienza cristiana, ma anche l’amicizia spirituale nata con Luce Ardente e il suo Maestro. Ancora una volta misteriose e, per certi versi, profetiche le parole con le quali Phra Phrom Mongkol, a cui la Lubich si rivolgeva come ‘Gran Maestro’, aveva presentato questa donna cattolica a decine di monaci e monache. «Tutti voi vi domandate perché la mamma che è una donna è stata invitata. Vorrei che voi monaci e monache dimenticaste questa domanda. […] quando siamo nel buio se c’è qualcuno che viene a portarci una lampada gli siamo grati per farci camminare sulla strada giusta. Chi è saggio ed è in grado di indicare la strada giusta per la nostra vita, che sia uomo o donna, merita rispetto».

Luce Ardente ha continuato a essere un ‘apostolo’ della compassione come via alla fraternità universale appresa da Chiara e lo ha fatto, all’interno del suo tempio, con i suoi seguaci, durante i suoi molteplici viaggi all’estero. Non perdeva occasione per presentare la figura di questa ‘madre’ cristiana che anche monaci e laici buddhisti potevano seguire per essere promotori dell’unica famiglia umana. Di tempo in tempo, passando dall’Italia coglieva l’occasione per avere dei momenti di confronto con la fondatrice dei Focolari, almeno fino a quando la salute di Chiara, lo ha permesso.

Si trattava di dialoghi profondi, mai scontati, durante i quali il monaco condivideva sue comprensioni delle verità cristiane e la fondatrice dei Focolari scopriva aspetti inattesi del buddhismo, che valorizzava per tutto il movimento. Spesso, nelle sue visite a Loppiano, come in occasione della presenza di papa Francesco nella cittadella di Loppiano il 10 maggio del 2018, portava altri monaci perché potessero fare l’esperienza della Claritas. In altre occasioni, si faceva ‘apostolo’ dello spirito di unità insieme a membri dei Focolari. Ricordo un viaggio con lui in Sari Lanka per incontrare monaci e laici di quel Paese che volevano capire come costruire rapporti di amicizia con i cristiani. Non erano tempi facili: lo Sri Lanka era teatro di una guerra civile cruenta. Una bomba suicida esplose poco dopo che eravamo passati noi. Da parte di Luce Ardente mai una critica o un segno di paura o di voler scappare. Sempre solo vera compassione. Così durante questi tre decenni!

Ultimamente, a causa della malattia viveva ritirato, fra ospedale e la sua umile abitazione ai limiti della foresta non lontano da Bangkok: vero monaco della foresta. Molti, in questi mesi, anche del Movimento si sono alternati regolarmente al suo fianco, come segno di riconoscenza, ma anche come assicurazione fraterna della condivisione totale anche di questa ultima tappa della vita.

Ieri, dopo aver appreso la notizia della sua morte, Margaret Karram, presidente del Movimento ha scritto una lettera a tutta l’Opera di Maria, dicendo fra l’altro: «Ha vissuto pienamente il nome che Chiara gli aveva dato, essendo ovunque strumento di luce, consolazione e speranza. Fino all’ultimo ha amato e vissuto per costruire la fraternità. Durante la sua vita ha saputo parlare dell’unità in maniera unica, con sapienza e passione, attraverso libri, riviste, trasmissioni radio, incontri con monaci e laici buddhisti, non senza affrontare difficoltà. Un giorno, un monaco gli chiese perplesso: ‘Maestro, tu segui una donna cristiana?’. E lui rispose: ‘Io non seguo una donna, ma il suo Ideale di fraternità universale. Lei non è solo dei cristiani, è anche nostra’. Nel suo ultimo messaggio mi ha scritto: ‘Margaret, io soffro, ma resisto, resisto, resisto, perché le mie sofferenze sono nulla a confronto di quelle di Gesù in Croce. Io resisto perché sono figlio di mamma Chiara. Ricordati: non ci vediamo più, ma un giorno ci vedremo. Presto andrò da lei’».

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