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Cultura > Arte e Spettacolo

Fortinbras volta pagina

di Michele Genisio

Il Teatro Stabile di Torino in occasione del 70° dalla fondazione mette in scena Amleto

L’Amleto al teatro Stabile di Torino, foto del Teatro

L’ultima scena dell’Amleto di Shakespeare mostra un terrificante massacro nella sala del trono del castello di Elsinore, in Danimarca. Amleto e Laerte si sfidano, ma il duello è truccato per ordine del re Claudio. La spada di Laerte è stata avvelenata nella punta, quella di Amleto smussata. Viene inoltre preparata una coppa di vino avvelenata, nel caso non bastasse la spada. Ma nel sussulto generale, le cose non vanno come previsto.

La regina Gertrude, madre del giovane principe, senza sapere nulla del veleno beve dalla coppa in onore di Amleto e muore. Nella furia del duello Laerte ferisce Amleto, ma poi si scambiano le spade e anche lui viene colpito dalla spada avvelenata. Laerte, morente, rivela il complotto. Amleto, furioso e ormai condannato a morte, uccide Claudio facendolo bere dal calice avvelenato e ferendolo con la spada. Amleto, colpito dal veleno, sente che sta per morire. Ha accanto a se l’amico di sempre, il buono, fedele Orazio. Gli dice: «Muoio, Orazio… Racconta tutto ciò che è accaduto, più e meno, che ha portato a questo. Il resto è silenzio». Una chiusura perfetta per un personaggio che ha passato l’intera tragedia a interrogarsi sul senso dell’essere e del morire: il resto è silenzio.

Anche in punto di morte Amleto sa essere ambiguo, infatti che cosa è il resto di cui parla? Orazio raccoglie il corpo morente dell’amico e dice parole bellissime, che chiunque vorrebbe sentirsi dire in punto di morte: «Ora si spezza un nobile cuore. Buonanotte, dolce principe; e cori d’angeli ti accompagnino al tuo riposo!». Tutto è compiuto. Per davvero? Proprio no. Entra in scena Fortinbras, chiamato in italiano Fortebraccio. Arriva con il suo esercito, passa per la Danimarca di ritorno da una vittoria in Polonia. Lui aveva un conto in sospeso con Amleto e la sua famiglia, perché il padre di Amleto aveva ucciso suo padre in duello. Una catena intricata di violenze, da cui pare impossibile uscire. Fortinbras non sa nulla di ciò che è accaduto. Trova il castello disseminato di corpi morti, e resta sbalordito. Orazio gli racconta cosa è successo: tutti sono caduti per una catena di rancori, tradimenti, duelli e vendette.

Fortebraccio comprende al volo la gravità della situazione: capisce che si deve chiudere un capitolo, voltare pagina, guardare al futuro. Il regno di Danimarca è senza re, e lui, come principe straniero e nobile, può rivendicarne il controllo. Del resto Amleto, poco prima di morire, aveva detto: «Profetizzo che l’elezione cadrà su Fortebraccio: ha la mia voce morente». Fortinbras eredita il trono per volontà dell’eroe morente. Poi ordina onori funebri per Amleto: «Portate via questi corpi; un tale spettacolo è degno d’un campo di battaglia, non d’un palazzo. E fate che quattro capitani portino Amleto, come un soldato, su un palco; perché, se avesse regnato, sarebbe stato un re nobile e giusto. Che i tamburi e i colpi di cannone annuncino il suo funerale». Era convito Fortinbras che Amleto sarebbe stato un re nobile e giusto? Chissà. Io penso di no, ma in quel momento doveva dire quelle parole.

Amleto, durante tutto il corso dell’opera, genera grandi guai, proprio per la sua presunta bontà, unita a un carattere estremamente complesso e introspettivo. Accade con l’amore. All’inizio lui e Ofelia si amano davvero. Lei è genuinamente innamorata di lui, lui le scrive lettere e le fa promesse d’amore. Poi Amleto si consegna alla depressione e alla pazzia. Tratta Ofelia con durezza, la allontana da sé, in un impeto di rabbia uccide per errore suo padre. Per Ofelia è la rovina totale. Ha perso il padre, è respinta dall’uomo che ama, nessuno la consola. Impazzisce. Canta canzoni sconnesse, piene di allusioni alla morte, consegna fiori simbolici a chi incontra, ognuno con un significato diverso. Poi muore annegata. Amleto ne rimpiange l’amore, ma ormai tutto è perduto. Ha combinato un disastro.

Stessi disastri combina in politica. Alla fine dell’opera viene fuori il contrasto con Fortinbras. Lui rappresenta l’ordine che ritorna dopo il caos, la razionalità dell’azione contro l’indecisione di Amleto. Dove Amleto ha esitato, Fortinbras agisce. Dove Amleto riflette, Fortinbras conquista. Dove Amleto pasticcia, Fortinbras riporta la pace. Vengono in mente le parole che Frazer aveva scritto a inizio ‘900 nel suo monumentale Ramo d’oro: «Assai più danno è stato fatto al mondo dagli sciocchi onesti messi negli alti gradi, che non dagli intelligenti disonesti. Nel campo della politica, l’intrigante astuto, il vincitore crudele, può finire con l’essere un saggio e magnanimo governante [vedi Augusto]. Ma colui che è sciocco una volta lo sarà per tutta la vita: tanto più grande sarà il potere nelle sue mani e tanto più disastroso sarà l’uso che ne farà». Sono considerazioni su cui conviene riflettere. Perché la storia di Amleto, per molti versi, si ripresenta nella nostra storia.

 

 

 

 

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