L’annuncio del cessate il fuoco è sempre una buona notizia davanti a una carneficina orrenda come quella in corso a Gaza, che ha fatto sollevare la coscienza di milioni di persone in tutto il mondo.
La liberazione tanto attesa degli ostaggi detenuti da Hamas mette fine ad una pratica crudele seguente all’eccidio efferato del 7 ottobre 2023.
Restano molti dubbi sul piano elaborato da Trump, che lunedì 13 ottobre si recherà in Egitto per siglare l’accordo finale basato sui 20 punti elaborati dall’amministrazione statunitense in base alla strategia dichiarata di una pace perseguita attraverso la forza esercitata verso i palestinesi divisi in fazioni contrapposte tra loro: una proposta che non si può rifiutare.
Siamo davanti ad un capitolo chiuso, destinato a mettere a tacere la moltitudine scesa in piazza e sempre più partecipe al grido di dolore che si alza dalla Terra che ci ostiniamo a chiamare Santa?
Tra i vari commenti sulla novità dell’accordo finora raggiunto, si segnala per sobrietà, realismo e intima partecipazione dalla parte delle vittime, il comunicato di Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, realtà diffusa su scala internazionale che vede al proprio vertice una palestinese cristiana che fa parte di quel 20% di popolazione araba con cittadinanza israeliana.
«Alla luce delle ultime positive notizie sull’accordo per la Striscia di Gaza – afferma Karram –, esprimo la speranza che si tratti di un primo passo per una pace giusta, complessiva e sostenibile. […] La strada da percorrere è sicuramente ancora tanta, ma in questo momento il mio pensiero va agli ostaggi, ai prigionieri palestinesi e agli abitanti della Striscia che confidiamo possano ricominciare a intravedere una speranza di vita degna di essere definita tale».
La breve nota si conclude con l’augurio «che coloro che hanno in mano le sorti dei popoli possano continuare a fare scelte nell’interesse del bene più grande che possediamo: la vita», esprimendo allo stesso tempo l’impegno «ad unire le nostre forze, concretamente e spiritualmente, con tutti coloro che instancabilmente lavorano per un mondo migliore», e la partecipazione alla Giornata di Preghiera per la Pace indetta da Papa Leone XIV l’11 ottobre prossimo.
La preghiera, come ribadito dal cardinal Parolin, non va mai disgiunta dall’azione concreta e saranno in tanti che pregheranno laicamente partecipando il 12 ottobre alla marcia Perugia-Assisi indetta da molto tempo e che cade al culmine del risveglio di una partecipazione di massa di ripudio della guerra in tutte le sue dimensioni, a partire dalla filiera delle armi che tocca il nostro Paese.
Non è certo ora il momento di smobilitare le coscienze, lasciando che la questione resti in mano ai cosiddetti “potenti” della Terra, dato che sono proprio le loro decisioni improvvide e inique, come dimostra la storia della vicenda israelo-palestinese, ad aver generato conflitti sempre più disumani.
Il piano Trump è stato al centro del dibattito promosso all’interno del CnDay che si è svolto a Roma il 5 ottobre 2025.
In quella sede l’ambasciatore Pasquale Ferrara ha ribadito il perseguimento dell’obiettivo più immediato e desiderato che è la cessazione dei bombardamenti indiscriminati a Gaza, oltre alla liberazione dei prigionieri israeliani e palestinesi, e all’arrivo degli aiuti umanitari ad una popolazione ridotta alla fame.
Ma siccome, come detto da Karram, «la strada da percorrere è ancora tanta», Ferrara ha sottolineato l’astrattezza politica del piano Trump su diversi punti come la possibilità futura di creare uno Stato palestinese, contenuta nei punti 19 e 20 del documento elaborato dagli Usa.
Manca del tutto inoltre nel Piano il processo per raggiungere tali obiettivi, cioè non viene specificato il “come ci si arriva” che è decisivo in diplomazia. Il piano prevede poi la creazione di un comitato di gestione di governance tecnocratica di Gaza, senza che sia chiaro se l’Autorità Nazionale Palestinese verrà coinvolta.
La mancanza di chiarezza sulla soggettività palestinese all’interno del Piano apre la strada a quella che appare una forma di colonialismo, con Trump e Blair a fungere da supervisori di un comitato tecnico indefinito. La mancata citazione degli organismi internazionali si accompagna all’assenza di meccanismi chiari di disarmo, smobilitazione e reintegrazione (DDR) con il rischio di dare vita ad un “nuovo protettorato internazionale” gestito da una “coalizione di volenterosi autonominati”. Una sorta di ritorno ai meccanismi dei mandati degli anni ’20.
Insomma non è tempo di trionfalismi, a parte la soddisfazione per lo stop alla continuazione dei crimini contro l’umanità. Chi oggi magnifica il successo di Trump e sbeffeggia la mobilitazione delle coscienze fino alla flotta partita in soccorso della popolazione di Gaza, non si avvede che come ha scritto Michele Zanzucchi su cittanuova.it, «la pace va costruita giorno dopo giorno, vegliando come sentinelle sulla sua attuazione, come diceva quel grande uomo di pace che era Massimo Toschi».