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Cultura > Archeomusica

Il suono che viene dal passato

di Oreste Paliotti

- Fonte: Città Nuova

Per la prima volta nella storia moderna è stato possibile ascoltare nuovamente le sonorità antiche prodotte dall’Organo di Gerusalemme e dal Karnyx di Sanzeno. L’attività dell’ensemble Synaulia

Canne originali dell’XI secolo dell’organo di Betlemme sulla cassa ricostruita dal team di David Catalunya. (Crediti CTS)

Quando scoprii a Roma, nei pressi della basilica di Santa Croce in Gerusalemme, la meraviglia che è il museo degli strumenti musicali, rimasi incantato dai tesori di ogni epoca e provenienza raccolti nelle sue sale. Unico rammarico, quello di non poter sentire anche il suono di certi antichissimi strumenti a corde, a fiato o a percussione.

Data questa attrattiva, non poteva lasciarmi indifferente la recente notizia, fornita dall’Agenzia del Turismo Israeliano, sulle importanti scoperte di un team internazionale di studiosi relative al ritrovamento a Betlemme agli inizi del ‘900, nell’area di un antico cimitero cattolico, di un organo dell’XI secolo insieme a un carillon di 13 campane e ad altri oggetti liturgici, nascosti dai crociati del XII prima di lasciare la Terra Santa. L’organo consta di 222 canne di bronzo, alcune delle quali ancora funzionanti e in grado di far ascoltare per la prima volta in epoca moderna un autentico suono medievale: ciò che rappresenta una scoperta musicologica senza precedenti. Il progetto scientifico, guidato dal musicologo iberico David Catalunya dell’Istituto Complutense di Scienze Musicali, in collaborazione con il Terra Sancta Museum e i frati archeologi della Custodia di Terra Santa, culminerà nella replica e ricostruzione di questo pezzo unico. E sua degna sede sarà il “chiostro musicale” del futuro Terra Sancta Museum of Art & History.

David Catalunya al lavoro con le canne dell’organo di Betlemme. (Crediti CTS)

Purtroppo non ho potuto ascoltare il canto liturgico dell’XI secolo Benedicamus Domino Flos filius, eseguito dallo stesso Catalunya sulle canne originali dell’Organo di Betlemme. In compenso il 16 maggio 2024 ero presente al conservatorio musicale “Bonporti” di Trento quando il maestro di tromba Ivano Ascari ha fatto ascoltare il suono di uno strumento antico di più di duemila anni: il Karnyx di Sanzeno, di cui esistono pochissimi esemplari in Europa.

Usata in ambito cultuale e guerresco dal popolo celtico, questa vera arma psicologica per atterrire il nemico consisteva in un corno metallico lungo due metri terminante in una testa di animale o di serpente. Solo per le notevoli dimensioni può ricordare i famosi corni alpini che vanno suonati appoggiati a terra e per scopo diverso: lo scambio di segnali da montagna a montagna.

Museo Retico, ricostruzione in bronzo del karnyx di Sanzeno (Foto di Diego Marini, archivio Alteritas Trentino)

Il suonatore di karnyx si posizionava dietro la prima fila di soldati e, alzato lo strumento verticalmente perché fosse ben visibile al nemico la sua maschera mostruosa, dava fiato al bocchino emettendo un suono cupo, selvaggio, inquietante. Una delle più famose raffigurazioni di karnyces in azione si trova sul cosiddetto Calderone di Gundestrup, un misterioso recipiente d’argento pesante quasi nove chili, rinvenuto in Danimarca; misterioso perché stile e lavorazione sono chiaramente traci, mentre alcuni motivi decorativi sono inequivocabilmente tipici dell’area celtica.

La storia del Karnyx di Sanzeno inizia negli anni ’50 del secolo scorso nella Val di Non, quando in questo centro importante sotto l’aspetto politico ed economico, che intratteneva rapporti anche con altre popolazioni del Centro Europa, scavi archeologici portarono alla luce dei reperti metallici di incerta identificazione. Conservati e poi dimenticati nei depositi della Soprintendenza ai Beni culturali della Regione autonoma di Trento, sono stati riscoperti da Rosa Roncador e dal confronto con analoghi frammenti rinvenuti in Francia nel santuario celtico di Tintignac riconosciuti come appartenenti a due karnyces.

Come già nel caso dell’Organo di Betlemme, il loro studio ha dato vita ad un progetto di ricerca internazionale e multidisciplinare che tra archeologia, musica e sperimentazione ha consentito la costruzione di un prototipo in ottone in grado di suonare brani appositamente composti per karnyx, e successivamente di un modello in bronzo, attuale attrazione del Museo Retico di Sanzeno.

Sempre a proposito di archeologia sperimentale, un accenno va fatto all’ensemble creato nel 1995 in Olanda dal paleorganologo italiano Walter Maioli e dalla coreografa e antropologa Natalie Van Ravenstein nell’ambito di attività promosse dal museo di Leida. Synaulia, termine greco che nell’antica Roma indicava un gruppo strumentale composto principalmente da strumenti a fiato, sta a indicare il lavoro di questo ensemble, inizialmente finalizzato alla ricostruzione di strumenti musicali dell’antichità a fini didattici per il parco archeologico Archeon e poi esteso allo studio e alla riproposizione della musica e della danza dell’antichità italica, soprattutto nel periodo della Roma imperiale.

Risultato di questa attività, una serie di produzioni musicali, in parte destinate o riutilizzate per film, sceneggiati e documentari relativi alla Roma classica, tra i quali Il gladiatore di Ridley Scot e la serie televisiva Roma; la realizzazione di 226 repliche di strumenti antichi nonché la pubblicazione di saggi sull’argomento. Espressione recente di questa ricerca archeologico-musicale, l’esperienza psicoauditiva proposta lo scorso 21 settembre a Pompei nei suggestivi spazi del Tempio di Iside che tanto colpirono la fantasia di Mozart da ispirargli le scenografie del suo Flauto magico. Lì, il pubblico, immerso nelle sonorità di sistri, flauti, ance e tamburi, tra danze e aromi d’incenso – elementi caratterizzanti le cerimonie in onore della dea egizia – ha potuto vivere un’esperienza di riconnessione interiore.

Si è parlato di strumenti e di musica antica. Ma com’era questa musica? Ci è giunto un trattato teorico o almeno qualche frammento che ne tratta in modo da consentirne la riproduzione? Purtroppo no. Forse perché, avendo essa uno stretto legame, almeno originariamente, con la religione e col divino, non era concepibile fissare dentro rigide regole ciò che il demone ispiratore dettava liberamente. Ecco perché ogni tentativo di riprodurla risulta fallimentare; si può tutt’al più provare a ricrearne le atmosfere, magari attingendo ad antichi canti religiosi tuttora vivi e praticati tra i popoli d’Oriente.

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