La data, nel capoluogo friulano, è già da tempo cerchiata in rosso sul calendario: il 14 ottobre, quando lo stadio cittadino ospiterà la partita di calcio Italia-Israele. Un evento che capita ad un anno esatto dal precedente, quando la città era stato teatro di proteste pacifiche in occasione dell’incontro tra le due nazionali; e che si svolge tra mille polemiche, data anche la presa di posizione del primo cittadino Alberto Felice De Toni in merito all’inopportunità di giocare in un momento come questo, e il ricorso presentato alla Uefa per escludere Israele dai tornei internazionali.
Ad ogni modo, salvo (ancora possibili, ma improbabili) decisioni in senso contrario all’ultimo minuto delle autorità sportive e civili, la partita si giocherà. E pochi giorni fa è sorto un comitato che ha proposto una forma pacifica di protesta: lasciare vuoti gli spalti, in segno di dissenso con quanto sta accadendo a Gaza e con la mancata esclusione di Israele dalle competizioni. In alternativa, artisti di ogni genere vengono invitati ad organizzare un concerto, nello stesso giorno e alla stessa ora, a cui partecipare. L’appello è visionabile per intero a questo link, dove è anche possibile registrare la propria adesione. Tra i promotori dell’iniziativa ci sono, tra gli altri, il garante dei detenuti udinese, Andrea Sandra,e il presidente del Centro Balducci, don Paolo Iannacone.
«Se nessuno sarà sugli spalti, quel silenzio sarà il più eloquente urlo di protesta e di rifiuto di qualunque politica di guerra, da qualunque parte essa provenga. – scrivono i promotori – […] Allo stesso tempo, vogliamo offrire un’alternativa concreta: un momento collettivo in cui si alzi forte la voce della solidarietà – che arrivi al popolo palestinese martoriato, ma anche a quella parte del popolo israeliano che rifiuta la politica del proprio governo. Proponiamo perciò l’organizzazione di un concerto pubblico, in contemporanea con la partita. Sarà un’occasione per affermare, insieme, l’esistenza, la forza e la volontà di una comunità che sceglie la pace, che resiste, che non accetta e che costruisce un mondo più giusto».
A tal fine, è stato chiesto al sindaco di Udine il sostegno nell’individuare uno spazio adeguato: al momento si parla di piazza XX settembre o piazza Venerio, entrambe nella zona in cui dovrebbe arrivare il corteo di sostegno alla Palestina previsto anche quest’anno. Viene inoltre chiesto al presidente della Federcalcio, Gabriele Gravina, di destinare l’intero ricavato dei diritti televisivi della partita a un’associazione umanitaria, come ha già fatto il suo omologo norvegese.
La cosa è ancora in fieri, per cui non ci sono al momento certezze in quanto a quali risposte riceverà questo appello sia dai cittadini che dalle istituzioni; ma rappresenta comunque un segnale in una città che, come ricordato anche dalle autorità di pubblica sicurezza, nell’occasione analoga presentatasi lo scorso anno si è dimostrata luogo di protesta pacifica e non di violenza – al più di qualche intemperanza dei singoli, ma nulla che abbia pregiudicato lo svolgersi ordinato delle manifestazioni.
Una città che inoltre, è utile ricordare, non aveva visto lo scorso 22 settembre particolari manifestazioni per Gaza – che si erano invece tenute, a livello regionale, al porto di Trieste: quasi un voler tenere bassi i toni in vista del 14 ottobre, quando invece il rischio concreto è che si alzino parecchio.
È infine interessante notare un altro parallelo che farebbe pensare ad una volontà generale in città di affrontare i problemi in maniera magari animosa, ma comunque pacifica. Lo scorso 19 settembre di si era infatti tenuta una manifestazione promossa dal Comitato Udine Sicura, in reazione ai ripetuti episodi di microcriminalità avvenuti nella zona del centro e della stazione. Quello che doveva essere un corteo era poi diventato, su ordine del questore, un semplice sit-it: decisione motivata con il fatto che alcuni organizzatori si erano distinti per un approccio definito come “istigatorio” alla violenza, e che aveva tra l’altro causato la dimissioni dello stesso presidente del Comitato, che si è poi diviso tra chi ha deciso di andare comunque avanti e chi invece ha fatto un passo indietro. La manifestazione alla fine si è tenuta, e non sono mancati i toni accesi: ma ad ascoltarli c’erano circa 300 persone, molte meno di quelle inizialmente previste. Anche questo, dunque, può essere un segnale del fatto che Udine sta rigettando i toni violenti.