In una dichiarazione rilasciata lunedì 22 settembre 2025 dal ministero degli Esteri maliano, i tre Paesi membri dell’Alleanza degli Stati del Sahel (Aes) si ritirano dallo Statuto di Roma e dalla Corte Penale Internazionale «con effetto immediato».
La Cpi è stata creata nel 2002 per perseguire i responsabili di genocidio, crimini contro l’umanità, crimini di guerra e aggressione. In una dichiarazione congiunta, i leader dei tre paesi dell’Aes hanno definito la Cpi uno «strumento di repressione neocoloniale» ed l’hanno accusata di applicare una «giustizia selettiva».
«La Cpi si è dimostrata incapace di affrontare e perseguire crimini di guerra, crimini contro l’umanità, crimini di genocidio e crimini di aggressione accertati», hanno dichiarato i tre leader: Assimi Goita (Mali), Abdourahamane Tchiani (Niger) e Ibrahim Traoré (Burkina Faso). Anche il presidente ruandese Paul Kagame ha affermato che la Cpi ha un pregiudizio anti-africano. La dichiarazione spiega che, sin dalla loro adesione allo Statuto di Roma, i tre Paesi hanno collaborato con l’organizzazione, non solo sulla base delle disposizioni pertinenti dello Statuto, ma anche sulla base di accordi e protocolli relativi alle condizioni per l’istituzione e il funzionamento della Cpi nei rispettivi territori.
I funzionari dell’Aes affermano inoltre che questa uscita dalla Cpi è «con effetto immediato», ma non specificano se abbiano già presentato tali richieste al segretario generale delle Nazioni Unite. I testi delle Nazioni Unite sono precisi: la procedura, una volta presentata la richiesta, è effettiva dopo un anno, e la Cpi mantiene quindi la giurisdizione durante questo periodo, come ha fatto per tutti gli atti precedenti. «Gli Stati della Confederazione dell’Aes, nell’esprimere la loro gratitudine alle Nazioni Unite e ai suoi Stati Membri, ribadiscono il loro impegno a continuare a cooperare in altri contesti appropriati per la promozione e la protezione dei diritti umani e il rispetto della sovranità statale», conclude la dichiarazione. Tuttavia, il presidente della Confederazione ha sottolineato che «gli Stati membri dell’Aes decidono di utilizzare meccanismi endogeni per il consolidamento della pace e della giustizia, riaffermando al contempo il loro impegno a garantire la promozione e la protezione dei diritti umani in linea con i loro valori sociali e a combattere ogni forma di impunità».
Così, lo scorso marzo, a seguito di una riunione dei ministri di Mali, Niger e Burkina Faso, è stata annunciata l’imminente creazione di una “Corte Penale e dei Diritti Umani dell’Alleanza degli Stati del Sahel”. Tale Corte sarebbe competente, tra l’altro, per «il perseguimento di crimini contro l’umanità, crimini di guerra, crimini di genocidio e crimini di aggressione, terrorismo e finanziamento del terrorismo, riciclaggio di denaro, gravi violazioni dei diritti umani e tutti gli altri reati gravi e correlati».
Nella stessa riunione sono state avviate discussioni sulla costruzione di un carcere regionale di massima sicurezza per rafforzare la lotta al terrorismo e ai crimini gravi nella regione del Sahel. La scorsa settimana, i rispettivi ministri della Giustizia si sono incontrati ella capitale del Niger, Niamey, per rafforzare l’integrazione giuridica e giudiziaria all’interno dell’alleanza e per valutare la ridefinizione del loro rapporto con lo Statuto di Roma.
Va notato che Bamako, Ouagadougou e Niamey si erano precedentemente ritirate dall’Organizzazione Internazionale della Francofonia (Oif) e dal G5 Sahel. La decisione di lasciare la Cpi va pertanto letta in un quadro di allontanamento dai Paesi occidentali e di progressivo rafforzamento dei rapporti con Mosca.