All’Assemblea Generale delle Nazioni Unite, Donald Trump ha sfidato apertamente il consenso internazionale sul clima, definendolo un inganno volto a limitare la competitività degli Stati Uniti. Ha contrapposto crescita industriale e sicurezza energetica alle politiche ambientali, puntando su posti di lavoro e indipendenza strategica.
Il discorso sul clima non è stato l’unico che ha fatto scalpore: Trump ha parlato della guerra in Ucraina, criticando l’Europa per l’acquisto di energia russa, e della crisi a Gaza, chiedendo il rilascio degli ostaggi e definendo il riconoscimento della Palestina come «una ricompensa ad Hamas». Le sue critiche si sono estese alle politiche europee di energia e immigrazione.
Questi interventi arrivano pochi giorni dopo la dichiarazione congiunta con Kennedy sul paracetamolo nelle donne in gravidanza, che aveva già acceso il dibattito internazionale. Al tempo stesso, parte della società americana protesta contro le politiche del presidente.
La reazione globale è stata netta: molti leader hanno visto il discorso come un segnale di isolamento rispetto agli impegni climatici e multilaterali, e la sua insistenza su carbone e petrolio rischia di incrinare ulteriormente i rapporti con l’Europa e con i Paesi più vulnerabili agli effetti del riscaldamento globale.