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Gaza ci riporta all’essenziale, basta armi per il massacro

di Carlo Cefaloni

- Fonte: Città Nuova

Carlo Cefaloni

L’intervento della Meloni al meeting di Rimini ha eluso il punto principale e urgente della questione: la collaborazione alla carneficina del popolo palestinese. Alcune riflessioni su decenni di storia del cattolicesimo italiano e sul senso di una scelta religiosa come radicalità evangelica

Gaza vittime palestinesi bombardamenti israeliani EPA/MOHAMMED SABER —

Era prevedibile l’ovazione per Giorgia Meloni durante la giornata più importante del grande meeting di Rimini. Ho partecipato ad una delle prime edizioni della manifestazione, intitolata all’“amicizia tra i popoli”, in cui intervenne Giovanni Spadolini, primo presidente del Consiglio non cattolico dal 1948, leader del Partito repubblicano, che ha sempre avuto un peso politico significativo, nonostante le basse percentuali elettorali, nelle compagini governative guidate dalla DC, attenta a dare spazio ai rappresentanti di certe élite economiche e culturali con radicate posizioni laiche (o laiciste). I repubblicani, di impronta risorgimentale, si schierarono a favore della legge sul divorzio e sull’aborto nei referendum che hanno segnato lo spartiacque della società italiana.

Inaspettatamente Spadolini fu accolto calorosamente da un’assemblea che la stampa descriveva composta da integralisti cattolici, non cogliendo la complessità del mondo di Comunione e Liberazione. Il movimento ecclesiale è fondato sull’insegnamento di don Luigi Giussani, prete lombardo che ha saputo cogliere in largo anticipo i segni della secolarizzazione, cercando di risvegliare, oltre ogni categoria formale, l’essenza dell’avvenimento cristiano, cioè Cristo stesso, senza alcuna subalternità all’egemonia culturale di sinistra allora imperante, mostrando un volto scanzonato e irregolare, a partire dal linguaggio, simile a quello degli extraparlamentari. I testi di Giussani restano difficili da leggere e comprendere, ma hanno un potere evocativo profondo, anche perché attingono ad un ricco patrimonio culturale, segnatamente letterario, che sviluppa una forte attenzione educativa basata sulla scuola di comunità e la frequentazione reale di testi intrisi di “senso religioso”, non separato dalla vita concreta ma ragion d’essere dell’esistenza.

L’attenzione per Pasolini e lo stretto rapporto con Testori testimoniano una vitalità che poi si è declinata in tanti modi. Si pensi all’editrice Jaca Book, che poi ha avuto un suo percorso del tutto originale e indipendente: il suo catalogo è tra i più vasti e interessanti. Oppure a Il Sabato, periodico d’assalto che ha forgiato molti giornalisti che poi hanno dato vita ad altre espressioni culturali. Veniva da quella storia, ad esempio, il fondatore di Vita Riccardo Bonacina.

Fede e politica

Il tratto distintivo di CL è stato, esternamente, quello politico, perché al contrario di altre associazioni e realtà cattoliche pervase da uno spiritualismo disincarnato o dalla stanchezza di un collateralismo non più sostenibile con la Dc, si è direttamente coinvolta sul piano anche elettorale potendo vantare il sostegno diretto e attivo dei suoi aderenti e simpatizzanti, convinti della necessità di incidere nella realtà concreta che non è quella dei grandi teoremi.

Per molti cattolici impegnati, la decisione di entrare in politica è ancora vista come una scissione dolorosa dalla purezza dell’impegno civile, una compromissione con una scelta di parte che getta un’ombra su chi si espone sotto le insegne di un partito che non sarà mai perfetto, non assicurando affatto il consenso degli amici in cabina elettorale.

Negli anni passati, gli aderenti di CL hanno dimostrato un controllo capillare del voto assimilabile a quello del Pci vecchia maniera.

A mio parere, tale capacità si spiega con un approccio disinibito con il potere politico, mai idealizzato, ma visto come uno strumento per portare avanti certe istanze. Ciò ha permesso di passare dal legame con alcune correnti della Dc a quello con Berlusconi, anche se non tutti gli appartenenti a CL si sono riconosciuti in tali scelte.

Per questo occorre sempre distinguere il movimento ecclesiale dalle sue declinazioni, che finiscono per essere una sorta di confederazione di realtà distinte tra loro anche se accomunate dalla stessa matrice.

Il rapporto con la politica è perciò non subalterno, ma tra poteri diversi che si riconoscono tra loro e che quindi possono anche tributarsi onori e applausi e stringere all’occorrenza accordi tattici.

L’approccio realistico e disinibito verso il potere, alimentato da una visione teologica che non fa coincidere il cristianesimo con una morale, si è visto in atto in questi anni anche nei confronti del mondo delle imprese. Le dimensioni e la ricchezza del meeting, la sua capacità di attirare l’attenzione dell’informazione, si basa senz’altro sulla generosità di tanti volontari ma anche sui finanziamenti che crescono con le migliaia dei visitatori ad un evento che ha assunto le dimensioni di un pantheon capace di accogliere una multiformità notevole di esperienze e realtà. Dal dialogo di pace e perdono tra mamme israeliane e palestinesi alla testimonianza dei monaci martiri in Algeria.

Come detto, ad ogni modo, il cuore centrale di CL non va confuso con le sue numerose declinazioni autonome e indipendenti. Si pensi alla Fondazione del meeting, a quella sulla sussidiarietà che raduna un vasto gruppo interparlamentare, alla Compagnia delle opere che raduna un notevole numero di imprese di ogni genere.

Non si spiegherebbe altrimenti la sorprendente irriducibilità di certe prese di posizione come quella espressa dalla fraternità di CL contro il piano di riarmo europeo voluto dalla Commissione Ue. Un dissenso così eclatante da meritarsi una doppia reprimenda dalla prima pagina del Corriere della Sera, tuttora voce delle classi dirigenti del Paese.

Il progetto della destra in Italia

Dopo tale analisi si può cercare di capire l’accoglienza riservata alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni, con modalità così calorose da suscitare la commozione della leader di Fratelli d’Italia che proviene da una chiara matrice di destra, con radici nel Movimento Sociale Italiano. Il partito, evidentemente in parte nostalgico del mussolinismo, è tollerato nella repubblica antifascista sul presupposto di non escludere ma recuperare al gioco democratico della rappresentanza una parte della società altrimenti attratta da tentazioni autoritarie.

Fratelli d’Italia ha una data recente di fondazione, per scissione dal rassemblement di centro destra che Berlusconi aveva pensato di guidare dopo aver sdoganato i postfascisti, agitando un anticomunismo sopravvissuto alla fine della Dc. Dall’iniziale 3% FdI ha raggiunto una posizione preminente dopo essersi sottratta dall’abbraccio della solidarietà nazionale sotto il governo Draghi, del quale ha tuttavia condiviso la linea iper-atlantista che gli ha garantito il favore degli Usa.

Il partito guidato dalla Meloni non è una aggregazione improvvisata, ma attinge ad antiche fedeltà missine e a nuove suggestioni della destra internazionale riuscendo a connettersi con la rete sovranista di Trump di cui riprende molti temi in Europa dove la Meloni ha guidato il gruppo dei Conservatori.

La congiuntura internazionale, la crescita dell’astensionismo, la crisi senza fine della sinistra divisa in identità oggettivamente irriducibili tra loro, ha portato nel 2024 al successo del partito della Meloni che si presenta ormai come l’aspirante “partito della nazione”, al posto di Forza Italia e del marginale Salvini, per la capacità di attrarre sempre di più esponenti e interi quadri centristi al suo interno, tanto da farli eleggere, grazie al meccanismo della legge elettorale, sotto il proprio simbolo della fiamma tricolore.

Più in generale appare evidente l’operazione culturale di far emergere De Gasperi come punto ideale di riferimento di una nuova destra conservatrice da opporre ad un vago progressismo, in base ad un nuovo dualismo che appare in verità molto antiquato. Una strategia che somiglia molto al tentativo, fallito negli anni ’50 grazie proprio a De Gasperi, del “partito romano” di sostituire la Dc con una formazione cattolico clericale. Se mai riuscirò ad intervistare Andrea Riccardi, vorrei chiedere un suo parere nel merito, visto che di quel periodo è un grande studioso come storico.

È chiaro che una delle leve decisive del consenso a destra da parte della sensibilità dei cattolici resta quella dei temi decisivi della famiglia e della questione del genere. Su questo campo si distingue l’aggregazione delle associazioni radunate in Ditelo sui tetti, organizzazione sostenuta da Alfredo Mantovano, sottosegretario di Stato alla presidenza del Consiglio che arriva dall’impegno in Alleanza cattolica, formazione culturale tradizionalista denotata da “un pensiero forte” contro il relativismo morale. Mantovano, magistrato che ha sempre militato nella destra post missina, è una figura chiave del governo, che intrattiene rapporti informali con la Santa Sede.

Una conferma ulteriore dell’attrattività di FdI arriva dall’itinerario di progressivo avvicinamento a destra della Cisl dopo la svolta impressa da Bonanni con la defenestrazione di Pezzotta, fino alla gestione di Sbarra transitato dal vertice del sindacato ad un incarico nel governo di destra.

Le ovazioni di Rimini verso la Meloni assomigliano a quelle ricevute dalla presidente del Consiglio durante il congresso della Cisl, ma resta difficile da capire la condivisione su alcuni punti discriminanti dal punto di vista politico e morale.

Gaza ci riporta all’essenziale

È impossibile oggi pronunciare un discorso pubblico senza rimuovere lo sguardo dal massacro in atto a Gaza che alcuni, anche ebrei all’interno della società israeliana come David Grossman, non hanno timore a definire un genocidio, senza attendere il responso della Corte penale internazionale.

Non ci si può limitare a condannare l’eccessiva reazione dell’esercito israeliano sulla popolazione palestinese ordinata dal governo Netanyahu come risposta all’eccidio perpetrato da Hamas il 7 ottobre 2023. Non si possono ignorare le violenze continue contro la popolazione dei territori occupati palestinesi e la tracotanza impunita di migliaia di coloni supportati dall’esercito israeliano.

La solidarietà e l’accoglienza verso i pochi palestinesi che arrivano in Italia per ricevere le cure adeguate dopo aver subito bombardamenti a tappeto su ospedali e scuole, la morte per carestia che colpisce migliaia di persone innocenti tra i quali i bambini, non fa venir meno la necessità di fermare il flusso di armi verso quel Paese che si macchia di tali crimini contro l’umanità.

È ciò che hanno chiesto in maniera chiara e puntuale le decine di ambasciatoti italiani che hanno accolto la proposta di Pasquale Ferrara, ex direttore generale degli affari politici della Farnesina, assieme al tardivo riconoscimento dello stato di Palestina che l’Italia si ostina a non compiere.

È quello che ha sollecitato ancora una volta Nandino Capovilla, parroco a Marghera, chiamato a parlare ai partecipanti del Festival di Venezia: «Non siamo davanti ad un film e occorre fare in fretta», ha detto don Nandino espulso da Israele per il suo impegno decennale a dare voce alla resistenza nonviolenta all’oppressione.

Dal quartiere popolare di Marghera a Venezia è partita da fine 2023 l’iniziativa di un digiuno a staffetta, che dura tuttora come risposta esistenziale all’orrore, esponendo le bandiere della Palestina e di Israele accanto a quella dell’Onu e della pace per implorare una soluzione in grado di fermare il massacro. Il Digiuno come forma di protesta e proposta è fatto proprio dagli operatori sanitari che sono i professionisti della cura e conoscono bene il peso della sofferenza, per di più inferta con tanta gratuita violenza.

Non c’è qui il segno di quella presenza inesprimibile rimossa da una certa cultura contemporanea? Non emerge nel grido di questo abbandono il volto che i cristiani siamo chiamati a riconoscere nel non senso e nella disperazione al cuore del mistero del mondo? «Mentre Dio sembra non farsi trovare neanche nelle nostre chiese – osserva Tommaso Montanari –, a Gaza con ogni evidenza Dio c’è. Nella passione e morte di Gaza c’è il Dio dei vivi. Il Dio giusto giudice, il Principe della Pace». Un’intuizione profonda che mi ricorda l’insistenza di Massimo Toschi di porsi dalla parte delle vittime inermi e innocenti, cioè di Dio. Lo sappiamo bene che nella sostanza molte nostre chiese restano silenti e quasi indifferenti di fronte all’immane tragedia in corso, così come associazioni e movimenti continuiamo con le attività abituali come se nulla stesse accadendo, così destrutturante la ragion d’essere della nostra esistenza che non si salverà dall’oblio per aver sottoscritto qualche appello.

Semplicemente occorre adesso far di tutto per bloccare le armi, è un gesto politico concreto come quello compiuto dai portuali di Genova che ora andranno, con alcuni di loro, a forzare il blocco marittimo che impedisce di portare gli aiuti alimentari a Gaza.

Dare da mangiare agli affamati, non concorrere alla morte altrui impendendo l’arrivo delle armi. È qui tutta la legge e i profeti. L’“avvenimento” che accede la luce nella notte.

La radicalità evangelica

La “scelta religiosa” citata negativamente nel discorso della Meloni rimanda alla radicalità della scelta cristiana che è chiamata a spendersi nella società senza alzare vessilli religiosi, ma gridando il vangelo con la vita, come ha fatto Vittorio Bachelet. È l’approccio più laico in assoluto verso la politica, perché non riconosce alcun potere assoluto in questo mondo.

Neanche quello della superpotenza che è giunta alla vergogna di non permettere l’ingresso negli Usa della delegazione palestinese dell’Anp all’Assemblea generale dell’Onu, privando del diritto di parola i rappresentanti di un popolo sofferente ogni indicibile sopraffazione e mentre l’Idf si prepara ad invadere la città di Gaza. Un’ennesima ingiustizia che non si può gestire con il silenzio obbediente ma neanche con dichiarazioni che lasciano il tempo che trovano.

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