Il cammino di comunione tra i movimenti ecclesiali continua, anche al Meeting di Rimini, riscoprendo l’attualità dei discorsi di don Luigi Giussani, fondatore di Comunione e liberazione scomparso vent’anni fa. Sul palco, nel dialogo moderato dalla giornalista dell’Osservatore Romano Silvia Guidi, si sono ritrovati Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari; Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione; e René Roux, rettore della Facoltà di Teologia di Lugano. Tra il pubblico che ha affollato l’auditorium isybank D3 c’erano anche Giuseppe Notarstefano, presidente dell’Azione cattolica, Giuseppe Contaldo di Rinnovamento nello Spirito e rappresentanti di altri movimenti, come la Comunità papa Giovanni XXIII, segno di una condivisione e di un dialogo che si concretizzano in presenza e vicinanza.
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L’occasione dell’incontro è stata data dall’uscita del libro “Un volto nella storia. Il compito della Chiesa nel mondo (1969-1970)” di don Luigi Giussani, edito da Rizzoli e curato da Prosperi. Nel testo sono raccolte le lezioni tenute da fondatore di CL al centro culturale Charles Péguy di Milano, fondato e frequentato da un gruppo di laureandi, laureati e assistenti universitari. Erano gli anni della contestazione, eppure il sacerdote riuscì a indicare a quei giovani una strada di speranza e verità nella Chiesa.
Quando don Giussani tenne le lezioni, ha spiegato il rettore Roux, sembrava esserci una disconnessione tra la formazione teologica e spirituale e la vita concreta. La fede veniva vista come un bisogno intimistico, che non aveva niente da dire al mondo.

René Roux, rettore della Facoltà di Teologia di Lugano. Foto di Stefania Tanesini
Con un realismo frutto di umiltà e sapienza, il sacerdote parlò a quei giovani di Cristo come speranza e modello autentico di vita, con un livello di credibilità pari o superiore a quello di tanti progetti politici. In un periodo storico e culturale in cui il cattolicesimo e la fede erano considerati quasi solo per bambini, don Giussani ebbe “il coraggio, la fierezza di rimettere al centro la fede come criterio di giudizio delle cose del mondo”. Emerge con chiarezza il compito del cristiano: costruire la Chiesa.
Margaret Karram, presidente dei Focolari, ha sottolineato l’attualità del messaggio di don Giussani. In un momento storico caratterizzato da forti contrapposizioni ideologiche, non aveva avuto paura di sfidare i giovani. “Ha indicato loro la strada che parte da Dio e raggiunge tutti i luoghi del mondo. La missione di don Giussani continua, perché parla al “divino” presente in ognuno. E questo è un cammino che non “scade”; la conversione a Dio che ci innesta nella comunione cristiana non passa di moda: è il nostro eterno presente”.
In quest’Anno santo, in cui siamo chiamati a rimettere al centro delle nostre vite Gesù, torna forte l’annuncio del fondatore di CL di “Cristo speranza del mondo”. E siccome siamo cristiani, per don Giussani “siamo chiamati a “vivere il mondo”, cioè ad entrare negli abissi più profondi dello smarrimento, della solitudine, del dolore, delle guerre e delle violenze, e porteremo maggior frutto se lo facciamo “vivendo” la comunione nel senso più autentico e universale che solo la Chiesa può rappresentare”.

Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari. Foto di Stefania Tanesini
Karram ha sottolineato la grande consonanza “pur nella diversità dei rispettivi doni, con la spiritualità dell’unità di Chiara Lubich”, fondatrice dei Focolari.
La comunione è centrale per la Chiesa e un importante esempio è dato dal sinodo sulla sinodalità, che Karram definisce una “palestra di comunione, non certo facile, un cammino da imparare e praticare perché richiede tempo, ascolto profondo, inculturazione, conversione continua del cuore per guardare gli altri, nella loro vera natura, quella di figli di Dio. È un seme gettato in tutta la Chiesa e nel tempo porterà frutto”. Parlare di dimensione comunitaria ed ecclesiale in un mondo caratterizzato da individualismo, solitudine, violenza, potrebbe sembrare un assurdo. Eppure, ha concluso Karram, “il messaggio di Don Giussani risuona più forte che mai, perché ci invita a non cedere alla rassegnazione, a non abbandonarci alla disperazione. Ci invita a fare un’esperienza di salvezza che scaturisce dall’amicizia con Gesù, e ciò ci innesta nella vita ecclesiale, invitandoci ad una comunione più profonda e vera con tutti. Solo in questo modo, non ci lasceremo abbattere, ma avremo il coraggio di continuare con pazienza, laddove tutto sembra crollare, ad intessere trame di pace e di dialogo”.
Attraverso i testi raccolti, ha commentato il curatore del libro e presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione Prosperi, “don Giussani continua ad offrirci la sua testimonianza di fede”. Questo libro ha “il pregio di offrire, in maniera molto chiara il nucleo incandescente del carisma di Giussani, che, in un periodo particolare per la vita del nostro paese e della Chiesa, ha appassionato tante persone a Cristo e alla sua Chiesa”. Il punto centrale dei suoi discorsi è “Cristo nostra speranza”, ma c’è la difficoltà, sottolineava don Giussani, di comprenderne la radicalità. “È infatti un’affermazione carica di un significato globale per la mia vita, per me stesso, per l’esistenza, per la storia e per il mondo”.

Davide Prosperi, presidente della Fraternità di Comunione e Liberazione. Foto di Stefania Tanesini
Per don Giussani “l’ideale per un cristiano è essere impastati con Cristo”. Gesù è venuto a condividere il rapporto che vive col Padre. “Allora la cosa più desiderabile è entrare a far parte di quell’unità, di quella comunione profonda tra Cristo e il Padre”. Se Cristo è il fattore della nostra speranza, allora deve essere qui, nel nostro presente, dentro la nostra esistenza, “con una fisionomia fisicamente precisa, un volto nella storia, come la tua che vedo qui davanti ed è il suo corpo mistico, la Chiesa”.
Dunque, ha aggiunto Prosperi, “l’incontro con Cristo accade attraverso la carne, i volti e le voci dei suoi testimoni, di una compagnia umana carica di attrattiva, di promessa, di proposta. Questo comporta anche dei rischi perché gli uomini sono pieni di limiti e di errori”. Ma senza questa strada il “volto di Dio, la voce di Dio, tornerebbero ad essere per noi lontanissimi, puro mistero insondabile”. Dire compagnia cristiana vuol dire Chiesa ed è “il modo con cui Cristo risorto ha scelto di permanere concretamente presente nella storia per farci conoscere il Padre. Dire che Cristo è la nostra speranza, vuol dire che la Chiesa è la nostra speranza, perché è il prolungarsi nella storia di Cristo, che dalla Chiesa riceve il suo completamento intero e universale”. Solo una presenza reale qui e ora cambia la vita in tutti i suoi aspetti e fonda la speranza.
“La costruzione della Chiesa inizia dal rapporto con le persone che sono affianco e noi siamo chiamati ad una continua conversione“. Per don Giussani la comunità cristiana è quel pezzo di mondo in cui i rapporti e le strutture sono modificati dalla fede in Cristo. “E questa conversione si comunica al mondo circostante contagiandolo, anche quando si è in situazioni di pressoché totale impotenza”.
Prosperi ha ricordato la piccola comunità della parrocchia di Gaza, i cristiani presenti in Terra Santa e tutti quelli perseguitati nel mondo.

Il patriarca latino di Gerusalemme, Pierbattista Pizzaballa, lo scorso luglio, a Gaza con la comunità della parrocchia del Sacro Cuore e il patriarco greco ortodosso, Teofilo III. Foto del Patriarcato latino di Gerusalemme
“La loro stessa presenza – ha affermato – è testimonianza di un altro modo possibile di rapportarsi fra gli uomini. È un piccolo seme che opera e che porterà sempre più frutto. I sacerdoti, i religiosi, le religiose presenti a Gaza, hanno deciso di rimanere, per far sentire il calore della propria compagnia”. Una scelta che a Prosperi ricorda quella dei martiri dell’Algeria. Del resto, come diceva don Giussani, il vero cristiano è l’uomo che costruisce la Chiesa là dove si trova.