Guardare a ciò che accade nel mondo con speranza, nonostante le guerre, le brutture, l’orrore. È l’invito del cardinale Matteo Zuppi, presidente della Conferenza episcopale italiana. Mentre Israele bombarda l’ennesimo ospedale di Gaza, uccidendo decine di persone, tra cui 5 giornalisti, e gli auspicati accordi di pace tra Ucraina e Russia sembrano sfumare, potrebbe sembrare difficile continuare a sperare. Eppure, nel suo intervento al Meeting di Rimini per l’amicizia tra i popoli, Zuppi ha spiegato che la speranza deve esserci proprio quando le cose non vanno bene, perché è lì che emerge. Il cardinale ha chiesto di «prestare attenzione al tanto bene presente nel mondo per non cadere nella tentazione di ritenersi sopraffatti dal male e dalla violenza». Ha poi citato papa Francesco e l’importanza di un’alleanza inclusiva tra persone e organizzazioni… Un’alleanza non ideologica, che lavori per il futuro e porti speranza sociale.

Persone trasportano la bara del giornalista palestinese Hossam Al-Masri, ucciso in un attacco aereo israeliano all’ospedale Nasser di Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale, il 25 agosto 2025. EPA/HAITHAM IMAD
Giunto alla sua 46sima edizione, il Meeting di Rimini quest’anno ha come titolo “Nei luoghi deserti costruiremo con mattoni nuovi”. Il primo appuntamento, dal titolo “Madri per la pace”, ha riguardato la Terra Santa, dove nonostante l’attentato di Hamas del 7 ottobre 2023 e il massacro del popolo palestinese perpetrato dal governo di Benjamin Netanyahu, non mancano semi di riconciliazione. Come l’amicizia nata tra due donne che hanno perso un figlio per mano di estremisti dell’altro popolo.
Layla al-Sheik, palestinese, 22 anni fa ha visto morire Kusai, il suo bambino di soli 6 mesi, che era rimasto intossicato nel corso di un intervento dell’esercito israeliano. La donna lo stava portando in ospedale, ma è stata fermata ad un checkpoint di Israele per 4 ore. Il piccolo è morto tra le sue braccia. Elana Kaminka, israeliana, era invece la mamma di Yannai, un ufficiale di 21 anni, che prima di essere ucciso nell’attentato del 7 ottobre, ha salvato 80 soldati e 20 civili.

Da sinistra Azezet Habtezghi Kidane, religiosa comboniana eritrea, Elana Kaminka, israeliana, madre di Yannai, soldato ucciso il 7 ottobre 2023, e Layla al-Sheik, madre musulmana di Betlemme che ha perso un figlio piccolo, Kusay, nella seconda Intifada, alla 46esima edizione del Meeting per l’amicizia fra i popoli, la kermesse organizzata dal movimento di Comunione e Liberazione. Rimini, 22 agosto 2025. ANSA/ Foto Dorin Mihai, Pasquale Bove
Le due donne, con il loro dolore infinito, si sono incontrate grazie all’associazione Parents Circle, formata da genitori che hanno perso i propri figli nel conflitto israelo-palestinese e si impegnano per il raggiungimento di un accordo di pace tra i due Paesi. Il dialogo non è facile e spesso non si viene capiti dai propri familiari. Ma nonostante tutto, perdonare è possibile.
Lo ha testimoniato Layla, raccontando un incontro vissuto 4 anni fa a Gerusalemme. «Dopo aver parlato della mia storia, c’era un israeliano che piangeva moltissimo. Ha iniziato a raccontare la sua storia: era un ufficiale dell’esercito e lavorava nella zona in cui abitavo io. Ha detto che aveva impedito a una macchina palestinese che aveva alcuni bambini a bordo di andare in ospedale e lì è diventato difficile per me continuare ad ascoltare, perché aveva fatto le stesse cose che i soldati israeliani avevano fatto a mio figlio».
Layla ha cominciato a piangere. Poi è uscita dalla stanza per parlare con quell’uomo, che le ha raccontato che dopo un po’ suo figlio si è ammalato, ha cercato di portarlo in ospedale, ma è stato bloccato da alcune guardie. Ha detto che proprio in quel momento, «quando non potevo andare via con mio figlio, lì mi sono reso conto di cosa avevo fatto ai palestinesi». Successivamente, quell’uomo ha creato l’organizzazione “Combatants for Peace” per porre fine all’occupazione della Palestina. Dopo la sua confessione, Layla gli ha detto: «È molto difficile per me ascoltare le tue parole, ma voglio comunque ringraziarti perché hai avuto il coraggio e l’onestà di parlare e adesso riesco a perdonarti».

La giornalista Mariam Dagga, uccisa durante un raid presso l’ospedale Nassar di Khan Younis, a Gaza, 25 agosto 2025 ANSA –
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Elana, la mamma ebrea, ha invece ammesso che «per i palestinesi stanno avvenendo cose orribili, che negli ultimi mesi sono diventate sempre più terribili. Gli estremisti delle nostre società pensano che potranno distruggere l’altra comunità, ma questo non succederà. Dovremo convivere, coesistere, non c’è altra possibilità. Quanti dei nostri figli, quanti Yanai, quanti Kusai, dovranno morire prima di imparare a convivere e coesistere? Anche se perdiamo un solo figlio, che sia israeliano o palestinese, sarà comunque troppo». Elana ha raccontato di quando, nel 2018, ha incontrato un palestinese, Jacob, a cui era stata uccisa la moglie Aisha da un israeliano. «Non sapevo cosa aspettarmi. Siamo andati a visitarlo con un gruppo di israeliani ebrei e non sapevo come si sarebbe sentito. Jacob aveva gli occhi più gentili del mondo: ci ha aperto casa, ci ha aperto le braccia, ci ha aperto il suo cuore e ci ha invitato a entrare. Non mi ha dato la colpa per aver ucciso Aisha, sapeva lui che non ero io che l’avevo fatto e non ha fatto delle generalizzazioni e mi ha dato l’esempio. Le persone che hanno commesso il crimine il 7 ottobre hanno fatto delle cose a cui sono totalmente contraria, ma non è Layla che ha commesso questo crimine. Quindi perché dovrei dare la colpa a lei per quello che è successo? Queste generalizzazioni sono estremamente pericolose».

Benjamin Netanyahu EPA/ABIR SULTAN
Elana ha spiegato che per gli ebrei il valore più importante è la vita. Eppure il governo guidato da Netanyahu ha «dimostrato molto spesso mancanza di rispetto per la vita: dei palestinesi che vengono uccisi a Gaza, degli ostaggi israeliani, rifiutandosi di fare un accordo e facendoli continuare a soffrire, rispetto per la vita dei soldati che vengono uccisi». Questo «dimostra che le persone che sono al potere non capiscono veramente i valori fondamentali della nostra religione».
Servono segni, parole e gesti concreti di pace. In Palestina si sta annientando un popolo. A Gaza con bombardamenti continui, con la fame, spingendo la popolazione fuori dalla sua terra. In Cisgiordania, aumentando le violenze dei coloni israeliani nei confronti dei palestinesi, dividendo il territorio, bruciando terre e alberi da frutto. Come ha detto papa Leone XIV alla delegazione del Chagos refugees group di Port Louis, delle Isole Mauritius, «tutti i popoli, anche i più piccoli e i più deboli, devono essere rispettati dai potenti nella loro identità e nei loro diritti, in particolare il diritto di vivere nelle proprie terre; e nessuno può costringerli a un esilio forzato».

Tom Fletcher, sottosegretario generale delle Nazioni Unite per gli Affari umanitari e coordinatore degli aiuti di emergenza, informa i media sulla crisi umanitaria nella Striscia di Gaza durante una conferenza stampa presso la sede europea delle Nazioni Unite (UNOG) a Ginevra, Svizzera, 22 agosto 2025. EPA/SALVATORE DI NOLFI
Eppure, nonostante le continue denunce dell’Onu e la mobilitazione di numerosi Stati, ancora non si riesce a ripristinare il diritto internazionale. E l’Unione europea, dopo aver scoperto la sua debolezza internazionale nella sfida dei dazi con gli Stati Uniti, continua a non avere un ruolo nella costruzione della pace. Lo ha spiegato bene, sempre al meeting di Rimini, l’ex premier ed ex presidente della BCE (la Banca centrale europea), Mario Draghi. L’illusione di avere potere geopolitico e commerciale, ha spiegato, è purtroppo evaporata. «Abbiamo dovuto rassegnarci ai dazi imposti dal nostro più grande partner commerciale e alleato di antica data, gli Stati Uniti. Siamo stati spinti dallo stesso alleato ad aumentare la spesa militare, in forme e modi che probabilmente non riflettono l’interesse dell’Europa. L’Unione Europea, nonostante abbia dato il maggior contributo finanziario alla guerra in Ucraina e abbia il maggiore interesse in una pace giusta, ha finora avuto un ruolo abbastanza marginale nei negoziati per la pace».
«La Cina ha chiarito che non considera l’Europa come un partner alla pari e usa il suo controllo nel campo delle terre rare per rendere la nostra dipendenza sempre più vincolante. L’Europa è stata spettatrice anche quando i siti nucleari iraniani venivano bombardati e il massacro di Gaza si intensificava. Non è quindi sorprendente che lo scetticismo nei confronti dell’Europa abbia raggiunto nuovi picchi». Per Draghi non si tratta di una diffidenza nei confronti dei valori su cui l’Unione Europea era stata fondata: democrazia, pace, libertà, indipendenza, sovranità, prosperità, equità.

L’ex presidente del Consiglio Mario Draghi al Meeting di Rimini, 22 agosto 2025.
ANSA/DORIN MIHAI
«Credo piuttosto che lo scetticismo riguardi la capacità dell’Unione Europea di difendere questi valori». Per Draghi «per affrontare le sfide di oggi, l’Unione Europea deve trasformarsi da spettatore o al più comprimario in attore protagonista» in un «mondo che non ci guarda con simpatia, che non aspetta la lunghezza dei nostri riti comunitari per imporci la sua forza. È un mondo che pretende da parte nostra una discontinuità negli obiettivi, nei tempi e nei modi di lavoro». Eppure, ha sottolineato Draghi, «possiamo cambiare la traiettoria del nostro continente. Trasformate il vostro scetticismo in azione, fate sentire la vostra voce. L’Unione Europea è soprattutto un meccanismo per raggiungere gli obiettivi condivisi dai suoi cittadini. È la nostra migliore opportunità per un futuro di pace, sicurezza, indipendenza, solidarietà. È una democrazia e siamo noi, voi, i suoi cittadini, gli europei che decidono le sue priorità».

Moaz Abu Taha, corrispondente da Gaza per NBC News, senza data. Moaz Abu Taha è stato tra le vittime di un attacco aereo israeliano contro l’ospedale Nasser a Khan Younis, nella Striscia di Gaza meridionale, il 25 agosto 2025. Foto Ansa, EPA
Non mancano, fortunatamente, iniziative per la pace, come la Global Sumud Flotilla, che a fine mese metterà in atto una nuova mobilitazione pacifica per cercare di rompere via mare, simbolicamente, lo sbarramento illegale che Israele ha costruito intorno alla Palestina.
Tornando al Meeting di Rimini, da segnalare, martedì 26 agosto alle 15, l’intervento di Margaret Karram, presidente del Movimento dei Focolari, all’incontro “Un volto nella storia che continua ad accadere”, sulla figura di don Giussani, nell’auditorium isybank D3. Nella stessa sala, mercoledì 27 alle 12 ci sarà invece l’intervista alla presidente del Consiglio Giorgia Meloni.