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Mi piacerebbe molto visitare l’Iran

di Bruno Cantamessa

- Fonte: Città Nuova

Bruno Cantamessa Autore Citta Nuova

Conosco e stimo parecchi iraniani, e mi sarebbe piaciuto molto visitare l’Iran, ma temo che non riuscirò mai a realizzare questo sogno. Però leggo volentieri IranWire. Lo consiglio. Anche quando parla di argomenti apparentemente poco impegnati come passeggiare con un cane. Poco impegnati apparentemente

Tra i Paesi che ho intensamente desiderato visitare, ma non l’ho mai fatto, c’è l’Iran. Un grande Paese (5 volte l’Italia), a cavallo anche culturalmente tra Europa e Asia. Un Paese di oltre 90 milioni di abitanti (età media 34 anni), in maggioranza persiani (circa il 60%), ma in cui vivono da millenni, e in certi casi decine di millenni, oltre una ventina di altri popoli ed etnie, che parlano circa 80 lingue vive. Ma ciò che mi ha da sempre affascinato della Persia-Iran sono le culture che negli ultimi 27 secoli hanno lasciato segni profondi nella civiltà e nella storia umane. Conosco e frequento iraniane e iraniani dall’inizio degli anni ’80, e data la qualità umana e culturale della grande maggioranza di quelli che ho incontrato, mi sono fatto l’idea che non sono stato solo fortunato, ma che gli iraniani siano bella gente, in generale.

A causa di queste mie esperienze, e della mia invincibile curiosità culturale, da anni cerco di tenermi aggiornato sull’Iran. Uno degli strumenti che mi piace consultare è un periodico online di ottima qualità, pubblicato in farsi e in inglese, ma disponibile anche in curdo, arabo, azero e turco. Si chiama IranWire (iranwire.com) e nasce nel 2014 come giornalismo partecipativo. Il suo ideatore è una persona che merita conoscere: è il giornalista iraniano-canadese, che vive a Londra, Maziar Bahari. Famoso anche per aver goduto di un orribile soggiorno (con torture incluse) a Evin, la prigione di Teheran, nel 2009. Giornalista, scrittore, autore di libri, docufilm e film molto interessanti, come ad esempio The Voyage of the Saint Louis, il primo film della storia realizzato da un musulmano sulla shoah ebraica.

IranWire è diventato famoso a livello globale nel 2022. È stata infatti una giornalista di IranWire, Aida Qajar, la prima che ha raccontato al mondo la storia di Mahsa Amini, la ragazza curdo-iraniana picchiata a morte dalla polizia morale per non aver indossato correttamente il velo islamico. Ed è sempre IranWire che ha parlato fuori dai denti (del regime), a dicembre scorso, di Cecilia Sala, la reporter italiana arrestata in Iran con l’unica accusa general-generica di aver «violato le leggi della Repubblica islamica», senza altre spiegazioni. E poi liberata dopo una ventina di giorni, in gennaio, grazie alla mediazione della diplomazia italiana. IranWire, per fare un altro esempio, ha dato notizia delle oltre 900 sentenze capitali eseguite nel 2024 dalla Repubblica Islamica. E di molto, molto altro.

Tra questo molto altro mi ha particolarmente colpito una notizia assolutamente marginale rispetto a guerre, regimi e impiccagioni, ma non per questo poco interessante, anzi! Pubblicata il 9 giugno scorso, circa 2 mesi fa. Una notizia che parla di cani: in Iran, naturalmente. L’articolo, scritto da Ata Mahamad, si intitolava: La guerra dell’Iran contro i cani: la battaglia sulla vita quotidiana.

L’articolo racconta che il 31 maggio 2025, Mohammad Mousavian, procuratore di Isfahan, ha dichiarato ufficialmente guerra al dog walking, la passeggiata con il cane. Il procuratore sottolinea “l’importanza di ripristinare i diritti pubblici” e rispondere a quelle che ha definito “le serie richieste della gente”. E annuncia: «È vietato portare a spasso i cani nei parchi, nei luoghi pubblici e sui veicoli e i trasgressori saranno puniti severamente». E spiega che il passeggio con il proprio cane rappresenta una “minaccia alla salute e alla pace dei cittadini”, ma soprattutto è “contro i valori religiosi e sociali”.

Un collega del procuratore di Isfahan, leader della preghiera del venerdì, aveva affermato in precedenza: «È necessario affrontare la corruzione sociale, come l’uso improprio dell’hijab e il portare a spasso i cani, che causano una maggiore corruzione nella società islamica».

Addirittura, l’agenzia di stampa Fars, legata alle guardie della rivoluzione islamica (Irgc), ha promosso «campagne contro i cani, definendo spesso il portare a spasso i cani nei parchi un problema, insieme alla criminalità e all’uso di droghe». Un’altra agenzia governativa ha affermato che «i cani potrebbero danneggiare la salute mentale dei bambini, causando problemi come l’enuresi notturna e il disturbo da stress post-traumatico».

Alla fine sono venuti fuori alcuni funzionari di Teheran che hanno lanciato un’idea nuova: una tassa sugli animali domestici, perché anche «in altri Paesi, le tasse vengono pagate per tenere e portare a spasso i cani». Approccio originale per arrivare alla tassa.

Ma l’articolo di Mahamad su IranWire è ricco di molti altri gustosi e ironici particolari.

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