Un dato indicativo: dopo il cessate il fuoco di novembre 2024, gli attacchi aerei israeliani contro obiettivi di Hezbollah in Libano, sarebbero stati oltre 500, secondo l’Idf (l’esercito israeliano). E stiamo parlando del Libano, uno stato fallito ormai da 6 anni, che tenta faticosamente di risorgere: un piccolo Paese che conta 5 scarsi milioni di abitanti, ma anche più di 1 milione di profughi siriani e almeno 300 mila rifugiati palestinesi. Tra parentesi: il Paese è piccolo e i problemi grossi, ma la diaspora libanese c’è, non è mai stata assente.
Fra molti particolari inquietanti che poco si conoscono dell’ultima guerra in Libano, ci sono alcuni (16) accaniti bombardamenti israeliani, effettuati circa un mese prima della tregua, per distruggere una ad una le filiali di una ben precisa banca. Il 20-21 ottobre 2024, infatti, l’aviazione israeliana ha bombardato alla periferia meridionale di Beirut le filiali della banca Qard al-Hassan, gruppo bancario legato ad Hezbollah, considerato dal governo israeliano uno dei principali strumenti con cui si finanzia il “Partito di Dio” libanese.
L’istituto finanziario era stato fondato nel 1983 come organizzazione caritatevole (Qard al-Hassan è sinonimo di sistema finanziario comunitario) che offriva prestiti e microcrediti in stile islamico, cioè senza interessi, a cittadini sciiti libanesi, soprattutto di Beirut. In 40 anni Qard al-Hassan è diventata un gruppo bancario con 200 mila clienti, più di 30 filiali in tutto il Libano, soprattutto a Dahieh, il quartiere sciita di Beirut.
Noi occidentali, abituati all’informazione che dipinge Hezbollah solo e unicamente come milizia terrorista affiliata all’Iran, non ci rendiamo conto che la banca di Hezbollah ha sostenuto molto il lavoro e le iniziative economiche degli sciiti libanesi, che costituiscono circa il 32% della popolazione. Risponde probabilmente a verità l’idea che l’azione finanziaria di Qard Al-Hassan abbia favorito Hezbollah e quindi la guerra anti-israeliana, ma non è stato questo il motivo principale del favore che la banca ha trovato presso la gente.
Hezbollah non è mai stato solo terrorismo, ma un’organizzazione complessa: insieme militare, politica e sociale. Nelle elezioni libanesi di maggio 2022 il partito Hezbollah è risultato il più votato, con quasi il 20% dei consensi. È difficile pensare ad un futuro democratico per il Libano senza il partito Hezbollah (e l’alleato partito Amal), che svolge da decenni un’efficace azione sociale e di sostegno alla popolazione sciita tramite l’associazione e la banca Qard al-Hassan, ma anche con negozi, farmacie, centri medici, ecc.

Persone radunate in solidarietà con la Striscia di Gaza e il Libano davanti all’ambasciata libanese a Tunisi, Tunisia, 8 agosto 2025. Foto: EPA/MOHAMED MESSARA via Ansa
Affermando con accanimento ideologico che tutti gli sciiti libanesi sono Hezbollah, si rischia di buttare con l’acqua sporca anche il bambino. Non è molto diverso dalla presunzione che tutti i palestinesi appartengano ad Hamas. Ed è quanto in un certo modo i governi israeliano e statunitense stanno cercando di imporre al Libano. Dal suo punto di vista, invece, Hezbollah con i suoi miliziani si considera l’unico deterrente contro gli attacchi dell’esercito israeliano, che entra ed esce dal Libano dal 1978, prima della fondazione di Hezbollah (1982).
Il neo presidente (dal 9 gennaio 2025) della repubblica libanese, il generale Joseph Aoun, e l’altrettanto neo primo ministro (dall’8 febbraio 2025), il giudice Nawaf Salam, stanno cercando di barcamenarsi con tutta la dignità che li contraddistingue fra i diktat dei “vincitori” dell’ultima guerra Israele-Hezbollah (2023-2024), la corruzione della politica e le improrogabili riforme dello Stato, lo sfascio dell’economia e le disastrose condizioni di vita dei libanesi.
Ai primi di agosto 2025, la Banca centrale del Libano (BdL) ha vietato le interazioni finanziarie con Qard Al-Hasan, che peraltro opera da sempre al di fuori del sistema bancario formale libanese. Ma soprattutto il Parlamento di Beirut ha recepito, il 7 agosto, un memorandum dell’inviato statunitense Tom Barrack con una tabella di marcia per disarmare le milizie di Hezbollah entro la fine dell’anno e consegnare le armi all’esercito libanese.
Com’era prevedibile Hezbollah si rifiuta di farlo. Senza tirare troppo la corda (sia quella di Hezbollah che quella di Tel Aviv), il governo libanese ha incaricato l’esercito di preparare un piano per disarmare la milizia sciita, ma senza fissare scadenze. Il presidente Aoun è fermamente deciso, e lo ha sostenuto fin dal suo insediamento a gennaio, a stabilire il controllo esclusivo di tutte le armi da parte dello Stato libanese, anche perché senza questo presupposto il Libano non potrà accedere ai prestiti internazionali che permetterebbero di avviare la rinascita del Paese.
Aoun intende davvero arrivarci, ma senza interrompere la partecipazione di Hezbollah alla ricostruzione dello Stato. Trattativa ardua e rischiosa, ma forse possibile con un approccio arabo-mediorientale. Impossibile con altri approcci.