«Come ogni anno, – afferma il messaggio del presidente della Repubblica Mattarella, si rinnovano ricordo e commozione per la tragedia di Marcinelle, in cui persero la vita duecentosessantadue minatori, centotrentasei italiani, vittime di un fatale incidente sul lavoro.
Un tributo che si estende a tutti i lavoratori italiani deceduti in luoghi lontani dall’Italia, prevalentemente per stato di necessità, lavoratori che seppero contribuire con impegno, onestà e dedizione alla prosperità dei Paesi che li accolsero. Dal 2001, la data dell’8 agosto è riconosciuta come la Giornata nazionale del sacrificio del lavoro italiano nel mondo».
Secondo Mattarella , «la tutela dei lavoratori, la lotta contro ogni forma di sfruttamento restano un’urgente necessità, che risponde a princìpi di civiltà, a un dovere universale».
Come riporta su Il Mulino, lo storico delle migrazioni Toni Ricciardi, in Belgio «dal 1841 al 1965 furono circa 170 all’anno – nel primo ventennio quasi 300 –, per un totale complessivo di oltre 21.000 in poco più di un secolo».
«Per cosa sono morti 136 italiani a Marcinelle e come loro tutti gli altri?» si chiede Ricciardi. Per il carbone promesso dal Belgio all’Italia in cambio di lavoratori disposti a scendere in miniera ma «già nel 1951 alla gran parte delle classi dirigenti italiane fu chiaro che il carbone promesso non sarebbe mai giunto nelle quantità prestabilite. Molte volte non arrivò affatto. Questo perché il Belgio, in tutta la vicenda, non fece altro che considerare la manodopera, straniera in generale e italiana in particolare, come una merce da importare ogni qualvolta ne avvertisse il bisogno».
«Gli italiani, assieme agli altri, furono vittime di questo ingranaggio e della rincorsa frenetica all’energia da parte di un modello produttivo che trovò, in essa, la sua ragion d’essere. Il fordismo, intrecciato a doppio filo con la migrazione – elemento a basso costo del sistema produttivo –, determinò questo tipo di catastrofi».