A fine luglio Napoli è diventata crocevia di dialogo, arte e fraternità accogliendo l’ultima tappa del MediterArtFestival2025. Organizzato dall’associazione @ir – Artisti in rete APS, una rete di artisti nata per trasformare la bellezza in azione sociale, il festival ha unito culture, religioni e linguaggi espressivi per promuovere una visione di pace e fraterna coesistenza.
Partito a giugno da Montecatini Terme, l’evento ha attraversato anche Cisgiordania, Libano e diverse regioni d’Italia prima di concludersi nel capoluogo campano, offrendo sei giorni di intensa partecipazione culturale e spirituale.
Il Maschio Angioino, l’hinterland napoletano e il lungomare sono diventati teatro di incontri, performance artistiche e dialogo interreligioso. Tiziana Capasso, co-fondatrice e presidente di @ir, ha sotto- lineato come il pensiero comune e di base della rete, dichiarato nella propria Magna Carta, è “l’arte è relazione” e come proprio la relazione sana possa essere la scintilla di una sana rivoluzione.
Il festival ha voluto essere uno spazio aperto a tutti: artisti, famiglie, giovani, studiosi, credenti di ogni fede. Un’ “onda di pace” che, nelle parole degli organizzatori, ha voluto rispondere a divisioni e paure con gesti di bellezza, ascolto e riconoscimento reciproco. Un’occasione per seminare nuove possibilità di collaborazione e responsabilità con- divisa tra i popoli del Mediterraneo.
Il festival ha raccolto l’eredità del pensiero di Chiara Lubich, fondatrice del Movimento dei Focolari, e l’idea di fondo del Movimento Umanità Nuova, proponendo un’ “arte di amare” capace di superare le differenze. In questo spirito si sono tenuti tanti momenti artistici di altissimo livello, la mostra d’arte “Gocce di @ir”, giunta alla sua terza edizione, e momenti formativi e di condivisione improntati ad ideali di pace e di fratellanza. Tra questi uno degli appuntamenti più significati- vi è stato un incontro interreligioso che ha visto insieme il rabbino capo di Napoli, Cesare Moscati, il vescovo mons. Michele Autuoro, l’imam Massimo Abdallah Cozzolino, l’architetto Silvio Cossa della comunità Bahá’i e Michele Capasso presidente della Fondazione Mediterraneo. Un esempio concreto di come, anche in tempi di conflitto e intolleranza, sia possibile costruire ponti.
L’idea degli organizzatori, perfettamente realizzata, era rendere questo momento come un’occasione di riconoscimento reciproco, crescita spirituale e visione condivisa, da cui potessero germogliare nuovi semi di fraternità, collaborazione e responsabilità comune.
I partecipanti hanno donato le loro toccanti esperienze che testimoniano che la speranza, che spesso sembra mancare, può già essere vi- sta realizzata nei rapporti fraterni che intercorrono tra loro.
Diana Pezza Borrelli, del Movimento dei Focolari, ha raccontato il proprio cammino di dialogo, vissuto per oltre cinquant’anni anche nella vita familiare con il marito, lo scultore Antonio Borrelli, di convinzioni non religiose. Un dialogo fatto di accettazione e rispetto, nato dall’insegnamento di Chiara Lubich che indicava nell’amore autentico la via per l’unità.
Il rabbino Cesare Moscati ha richiamato la responsabilità condivisa nel coltivare la pace, affermando che l’amore per il prossimo è la vera misura dell’amore per Dio. Ha ricordato come tutte le religioni del Mediterraneo condividano valori fondamentali come compassione, giustizia e misericordia, sottolineando che non vi può essere pace tra le nazioni senza pace tra le religioni; e che quest’ultima può nascere solo dal dialogo.
Monsignor Michele Autuoro ha portato i saluti del cardinale di Napoli, Domenico Battaglia, ed espresso la propria convinzione che la pace si costruisca nella fraternità. Essere parte di una comunità più ampia, ha affermato, rende la vita più piena e significativa.
L’imam Massimo Cozzolino ha richiamato il Corano, sottolineando che la diversità è un dono divino e un segno della misericordia di Dio. Ha ribadito l’importanza anche della mitezza del linguaggio nel pro- muovere rispetto e comprensione, condannando ogni forma di di- scriminazione, dall’antisemitismo alla islamofobia.
Silvio Cossa, ha evidenziato il valore dell’unità nella diversità, ricordando che la Fede Bahá’í insegna la continuità della rivelazione divina attraverso tutte le grandi religioni. Le differenze, ha spiegato, non sono ostacoli ma fasi diverse dello sviluppo spirituale dell’umanità.
Particolarmente toccante il messaggio di sua moglie, la poetessa Angela Furcas, che ha parlato dell’arte come dono divino capace di guarire, educare e trasformare. Una visione in cui l’artista diventa collaboratore del divino nella creazione del bello.
Michele Capasso, presidente della Fondazione Mediterraneo, ha denunciato con forza lo spreco di risorse per i conflitti armati, ribadendo che senza dialogo non può esserci amore, e senza amore nessuna pace duratura. Ha ricordato l’importanza della memoria e della solidarietà, specialmente nei confronti dei più giovani, chiamati a rispondere alle sfide del presente con speranza e creatività.

MediterArtFestival2025
L’incontro napoletano ha lasciato in molti la sensazione di aver vissuto un momento storico, nel quale persone di culture e fedi diverse si sono riconosciute come fratelli. In un tempo in cui i media tendono ad associare religioni a violenza, il festival ha mostrato il volto delle fedi autentiche: un volto di dialogo, accoglienza e responsabilità.
Guardando verso l’Alto, attingendo alle proprie tradizioni e aprendo il cuore al diverso, i partecipanti hanno scelto di testimoniare una cultura di pace. Un piccolo seme piantato a Napoli, che può generare frutti ovunque ci sia desiderio di fraternità.