È l’ultima settimana di luglio e a Roma le strade, le piazze, le metro e i caffè risuonano dei richiami allegri e dei cori improvvisati di migliaia di gruppi di giovani, giunti qui da tutto il mondo per celebrare il loro Giubileo. La mattina di giovedì 31 un migliaio di loro si sta raccogliendo nella Parrocchia della Natività di Nostro Signore Gesù Cristo. Nelle navate si disegna il mosaico dei cappelli colorati delle diverse comitive. Ragazze e ragazzi si sporgono dai banchi per presentarsi ai loro vicini, mischiando accenti di tutte le regioni d’Italia. Accordi di chitarra e ritornelli inventati per scherzo coprono il vociare fin sul sagrato, mentre la platea fa le prove generali della cerimonia che sta per iniziare.
Oggi i giovani del Giubileo sono ospiti dei 40 coetanei del Consiglio dei giovani del Mediterraneo, la sede immaginata per favorire l’incontro e lo scambio tra le nuove generazioni dei Paesi che affacciano sul Mare Nostrum, con l’aspirazione a costruire ponti tra popoli e ideare soluzioni condivise per le complesse sfide del futuro.
La proposta del Consiglio arrivò dai Vescovi del Mediterraneo riuniti a Firenze nel 2022, per dare continuità e concretezza ai propositi maturati nel loro convegno, affidandoli a coloro che avranno in mano il mondo di domani. Da allora il Consiglio si è fatto strumento di condivisione di esperienze e idee: ha favorito gli scambi tra diocesi e università da una riva all’altra del Mediterraneo, ha coinvolto nel confronto giovani di fedi diverse e ha creato momenti di riflessione collettiva e crescita spirituale.
Gli appuntamenti fissati per il Giubileo dei giovani sono tra questi: tre incontri per ascoltare le testimonianze personali di alcuni dei giovani consiglieri e trarne insieme un insegnamento da riportare nelle proprie diocesi e nelle proprie vite, guidati nella meditazione da un Vescovo mediterraneo. Cuore della riflessione è l’idea di coscienza, in rapporto nel primo incontro con la cittadinanza, alla presenza di mons. Perego, e nel secondo con la fede, alla presenza di mons. Gambelli. Il terzo incontro, quello conclusivo, si propone invece di esplorare la tensione tra coscienza e dialogo.
Cos’è la coscienza? E cosa accade quando coscienze diverse entrano in contatto? Come si costruisce il dialogo? Jeanne D’Arc e Thea, studentesse universitarie libanesi, componenti del Consiglio mediterraneo, tentato una risposta a questi quesiti universali a partire dal proprio vissuto, personale ma ricco di sfaccettature, quali appartenenti ad una minoranza etnica – quella armena cui appartiene Jeanne D’Arc, che si presente come discendente del genocidio – e ad un Paese, il Libano, in cui la molteplicità culturale, etnica e religiosa è talmente profonda che la convivenza, seppur non sempre felicemente, per necessità comunque si realizza.
Le loro testimonianze vibrano della sperimentata fatica di un’esistenza tesa tra identità molteplici, incastrata tra l’aspirazione ad esprimere la propria coscienza e la necessità di modellarla per non farla collidere con quella dei vicini. Non si può perciò dubitare delle parole delle due giovani, quando affermano che la strada del dialogo passa dall’apertura del cuore e della mente. Per dialogare dobbiamo tornare bambini, spiega Thea, non giudicanti ma accoglienti ad ogni costo; il dialogo ci chiede di farci vulnerabili per renderci, alla fine, più forti, come forte e bello è il Mediterraneo, ricco delle sue mille culture.
Avvicinarsi alle differenze con voglia di conoscerle, liberandosi dei pregiudizi alimentati dalla convenienza dei potenti, abbatte i confini tra esseri umani e permette di abitare in armonia. Visto da fuori può sembrare strano, racconta Thea, che lei partecipi all’iftar di fine Ramadan e che i suoi amici musulmani mangino a casa sua a Natale, eppure succede con perfetta naturalezza.
E quando la differenza di religione fa capolino nelle conversazioni, e i suoi amici le chiedono per esempio come possa un Dio solo stare in tre persone, Thea si sforza di spiegare e fa domande a sua volta, e alla fine ogni diffidenza è sparita e ciascuno è un po’ più ricco di prima. Certo, non è un cammino semplice, ma gli orrori della Storia – quella passata, di cui è rimasta vittima la famiglia di Jeanne D’Arc, e quella presente, che ha portato la guerra a casa di Thea, nel sud del Libano – stanno a ricordarci come il reciproco riconoscimento nella relazione rappresenti l’unico solido basamento su cui edificare la pace.
Fissare lo sguardo sull’umano che sta dentro ogni persona, trovarlo sotto la veste delle credenze, delle opinioni e delle origini che compongono la sua identità, spiega Jeanne D’Arc, è l’antidoto alla deumanizzazione da cui scaturisce la guerra. Da qui nascono la solidarietà, l’amicizia e la pace. Come quando le famiglie hanno dovuto abbandonare il sud del Libano bombardato da Israele, racconta ancora Thea, e hanno cercato ospitalità più a nord: nessuno ha chiesto loro se fossero musulmani e cristiani, ma le case e i luoghi di culto si sono aperti per offrire un rifugio sicuro.
Le consigliere libanesi lanciano il loro messaggio ai ragazzi in ascolto: è alla nuova generazione che spetterà di spegnere i roghi d’odio oggi accesi ovunque nel mondo, tra le cui fiamme muoiono donne uomini e bambini a migliaia e nei cui fumi le persone finiscono rifiutate ed emarginate perché diverse, e sono ridotte alla povertà e costrette a rinunciare ai loro sogni. La nuova generazione mediterranea ha un’occasione particolare di iniziare il dialogo che può cambiare tutto questo, poiché al suo interno contiene già tutte le differenze e stringendo amicizia può insegnare al mondo a farle convivere in armonia. Al termine delle testimonianze, i giovani pellegrini si sono raccolti in piccoli gruppi e hanno espresso in parole, immagini o suoni i pensieri ispirati da questa mattinata.
Il risultato è stato consegnato a monsignor César Essayan, vicario apostolico di Beirut, che nell’intervento di chiusura ha detto: “Mi avete commosso”. È forse in questa risposta dei giovani, i giovani del Giubileo come i giovani che si ritrovano nelle piazze di tutto il mondo, a chiedere la fine delle disuguaglianze, delle ingiustizie, dei razzismi, dello sfruttamento dell’ambiente e delle persone, che possiamo riporre il desiderio espresso da Thea, che una speranza si riaccenda nel mondo, che il mondo torni ad avere fiducia in un domani migliore.