Sfoglia la rivista

Italia > Lettere

A proposito di appelli

di Giulio Meazzini

Giulio Meazzini, autore di Città Nuova

La riflessione di Andrea Zucchini sulla pubblicazione, da parte di Città Nuova, dell’appello per il riconoscimento dello stato di Palestina, con qualche considerazione in risposta

Bombardamenti israeliani su Gaza, 31 July 2025. EPA/ATEF SAFADI

«L’orrore di Gaza richiede di essere fermato. Di certo Città Nuova e il nostro Movimento, come si spera tante altre realtà cristiane (e non), debbono adoperarsi, secondo le proprie capacità e specificità, per questo obiettivo. Chiedere con forza che la comunità internazionale condanni e trovi il modo di fermare questa smisurata azione del governo di Israele è una delle priorità su cui concentrarsi. Come pure ogni azione benedetta che sia in grado di portare aiuto.

Ma prima ancora di leggere con interesse l’appello di Città Nuova per un riconoscimento dello Stato palestinese, sento di dover condividere il fatto che questo appello mi lascia perplesso. Intendo dire che, al di là del fatto di poter essere o meno personalmente d’accordo con il suo contenuto (oggi in effetti non ne sono convinto, ma domani potrei aver cambiato idea), quel che non mi sembra giusto è che ad esso sia chiamato ad aderire un membro o un aderente del movimento in quanto tale. Perché di fatto è questo il significato implicito di un appello che la rivista dell’Opera lancia ai propri lettori.

Ebbene, chiedere che il governo italiano riconosca lo Stato palestinese non equivale a chiedere la pace. Può forse aiutare il processo di pace, ma ciò è materia opinabile. Ed ammesso invece, e non concesso, che si tratti di una fondamentale petizione di principio, ciò non equivarrebbe a farne un atto di governo da pretendere qui e subito: come per ogni questione di principio, entrerebbero infatti in gioco, per una sua traduzione pratica, altre questioni di principio, con cui confrontarla; oltre che le necessarie valutazioni delle possibili conseguenze ed opportunità. Insomma, valutazioni squisitamente tecnico-politiche e legittimamente sindacabili. Ora, io non penso sia giusto dare e chiedere ai membri dell’Opera ricette politico-diplomatiche di tal natura, come fossero (perdonatemi ma è questo l’effetto che potrebbero avere) “articoli di fede”.

Se non sbaglio, il governo italiano avrebbe tra l’altro dichiarato di voler subordinare il principio del riconoscimento alla garanzia che esso sia reciproco, ossia accompagnato dal riconoscimento di Israele da parte dei Palestinesi. Non so, né del resto debbo giudicare, se ciò sia un pretesto o addirittura una menzogna: di certo potrebbe essere un valido argomento; anch’esso, non a caso, di principio, molto dipendendo poi da quanto fosse accompagnato da atti concreti e perseveranti. Il che del resto vale anche per un eventuale riconoscimento: se resta solo di principio, può servire a poco o nulla, o forse addirittura nuocere.

Mi sembra, in definitiva, che siamo qui nel terreno delle scelte opinabili, per le quali, a parità di principi e di ideali, occorrerebbe, piuttosto che sollecitare lo schieramento, promuovere il dibattito. Io credo che lanciare questo genere di proposta, in un contesto di forte contrapposizione come quello attuale, rischi di risultare per molti, non senza ragione, semplicistico, oppure contaminato da spirito di parte (o entrambe le cose). Ma non è solo questo il punto, vi è di più in gioco a mio avviso: ed è il ruolo, il contributo specifico ed unico che Città Nuova e l’Opera possono e vogliono offrire, proprio in questo contesto di forte polarizzazione.

La prima urgenza infatti che vedo, ma mi pare sia del tutto evidente, è che il clima di guerra si sta imponendo a tutti i livelli, ed è ormai penetrato a tal punto nelle menti e nei ragionamenti, da impedire ogni capacità di ascolto e di dialogo; le opposte idee sono diventate opposte fazioni che considerano la controparte semplicemente criminale e priva di ogni motivazione lecita.

Ma noi dovremmo essere tra coloro, anzi tra i pochi (se non quasi gli unici ormai), che sanno bene che nessuna parte può ritenersi pienamente nel giusto, né può ritenere l’altra del tutto priva di ragioni. Persino le più orribili dittature non sono altro che risposte sbagliate e criminali a problemi veri, rimasti inascoltati.

Ecco allora che in questo clima il nostro carisma specifico ci chiama, io credo, ad un compito paziente, faticosissimo, ingrato e però fondamentale: discernere le legittime e vere ragioni di ogni parte, di ogni proposta, metterle in risalto con coraggio e franchezza, per depurarle e smascherarle dai pretesti, dagli slogan e dai secondi fini di potere; e spianare così i sentieri del dialogo vero. L’unico che può costruire la pace. Ed ecco, tornando al tema e concludendo, non mi pare per l’appunto che l’istanza del riconoscimento della Palestina, fatta nel contesto attuale, si inscriva in questo specifico atteggiamento, in questa linea di azione che credo ci debba contraddistinguere, specialmente in questa ora così drammatica».

Andrea Zucchini

 

Grazie Andrea di queste tue considerazioni. Ho pensato di riportare integralmente la tua lettera perché ben scritta e ben argomentata, con la testa e col cuore, mi sembra. Ne abbiamo discusso in redazione e le parole che seguono rispecchiano il dialogo fra noi.

Prima di tutto lasciami fare alcune sintetiche precisazioni. Città Nuova è un organo di informazione e formazione che si rivolge a tutti come contributo al dialogo e all’approfondimento nella società. Svolge questo servizio nel solco della Spiritualità dell’unità e della comunità che vi si riconosce, ma non necessariamente esprime la linea ufficiale del Movimento dei Focolari su tutte le singole tematiche. Gli articoli che compaiono sulla rivista e sul sito, infatti, sono di responsabilità degli autori che li scrivono e della redazione che volta per volta valuta l’opportunità di pubblicarli. Il fatto che Città Nuova dia notizia di un appello, di qualunque genere, non significa quindi un invito per chi legge ad aderirvi se ritiene di non farlo.

E vengo all’orrore di Gaza che giustamente, come dici tu, «richiede di essere fermato». Come organo di informazione dobbiamo dare compiuta notizia dei crimini di guerra che si stanno consumando e delle reazioni nel mondo. Oltre duecento giornalisti hanno già perso la vita per questo motivo.

L’appello lanciato da alcuni diplomatici di grande esperienza nasce su iniziativa di Pasquale Ferrara, nostro autorevole editorialista, come azione urgente per rompere il silenzio non solo sul riconoscimento verso lo Stato di Palestina per dare pari dignità alle parti in campo, ma anche di «sospendere ogni rapporto e cooperazione, di qualunque natura, nel settore militare e della difesa con Israele».

Il Vaticano ha riconosciuto la Palestina nel 2015. Punto finale di un processo iniziato con gli accordi di Oslo, a cui faceva riferimento nell’intervista Ferrara. Nel corso degli accordi di Oslo, l’OLP – sempre presieduto da Abu Mazen – riconobbe l’esistenza di Israele. Quindi questo riconoscimento è già avvenuto.

Abbiamo perciò evidenziato la lettera aperta, senza essere tra i promotori dell’appello che gli stessi firmatari promuovo sulla piattaforma Change.org, confidando, come sempre, nella capacità di discernimento di ognuno.

Ogni scelta che incide a livello politico si presta ovviamente al confronto e al dibattito e non può essere materia di fede che non abbiamo né autorità né desiderio di imporre. Il tuo obiettivo di «spianare i sentieri del dialogo vero» è lo stesso nostro obiettivo; per questo diamo spazio a pareri e valutazioni diverse nel merito (per alcuni la questione dello Stato palestinese è improponibile oggi per motivi pratici). Anche perché, come dici tu, «persino le più orribili dittature non sono altro che risposte sbagliate e criminali a problemi veri, rimasti inascoltati».

Il dialogo, questo «compito paziente, faticosissimo, ingrato e però fondamentale» lo portiamo avanti prima di tutto discutendo ed ascoltandoci in seno alla redazione, nella quale convivono sensibilità diverse. Per questo ho pubblicato la tua lettera, perché è un contributo al dialogo, e mi permette anche di chiarire alcuni punti di come lavoriamo. In ogni caso, come redazione riteniamo, e penso che tu sarai d’accordo, che nel caso di Gaza il punto di partenza imprescindibile resti la comune umanità, che ci fa gridare all’orrore per lo strazio che si sta consumando e per l’urgenza di porvi rimedio.

Giulio Meazzini

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come?
Scopri le nostre riviste,
i corsi di formazione agile e
i nostri progetti.
Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni:
rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876