Sfoglia la rivista

Mondo > Medio Oriente

Il Libano ha finalmente un presidente

di Bruno Cantamessa

Bruno Cantamessa Autore Citta Nuova

Il nuovo presidente della repubblica libanese è Joseph Khalil Aoun, 61 anni, cristiano maronita, militare dal 1983 e comandante in capo delle Forze armate libanesi dal 2017. «Oggi inizia una nuova fase nella storia del Libano», ha detto Aoun dopo l’insediamento. Il Libano è pronto a dargli fiducia

 

Festa in piazza per l’elezione di Joseph Aoun alla presidenza del Libano Foto Ansa EPA/STR

Joseph Aoun, comandante dell’Esercito Libanese, è stato eletto presidente della repubblica il 9 gennaio, dopo due anni di sede vacante. Aoun, che ha lo stesso cognome dell’ultimo presidente, ma non sono parenti, è cristiano maronita, come prevede l’ordinamento dello stato per il presidente (il capo del governo deve essere musulmano sunnita e il presidente del parlamento musulmano sciita). Regole adottate dal Libano fin dall’indipendenza (1943) e successivamente ribadite dagli Accordi di Ta’if del 1989, che misero le basi per la fine della Guerra Civile (1975-1990).

Il generale Aoun è capo delle Forze armate dello Stato libanese dal 2017. La sua elezione alla presidenza della repubblica è stata vista con favore da Usa, Francia, Unione Europea (Italia compresa), Egitto, Arabia Saudita, Qatar e perfino da Israele.

L’esito dell’elezione è stato interessante: Aoun è stato eletto alla seconda votazione, quando la maggioranza richiesta è quella semplice di 65 voti (su 128), ma di voti ne ha ottenuti addirittura 99, per l’appoggio delle Forze Libanesi e del Movimento Patriottico Libero (due partiti cristiani schierati in coalizioni opposte in Parlamento) ma anche da molti parlamentari di Hezbollah e da quelli dell’altro partito sciita, Amal.

Quali prerogative hanno fatto convergere sul nome di Joseph Aoun posizioni finora inconciliabili o distanti? Un commento di Al-jazeera del 9 gennaio offre uno spunto: «Al di là del sostegno esterno e interno ad Aoun, è difficile definirlo politicamente, e questo forse è uno dei motivi del suo successo come presidente».

Insomma, Aoun non si è mai sbilanciato in politica, sebbene alcune sue idee siano note. Ma ciò che sembra aver convinto è stata con molta probabilità la sua presa di posizione come capo dell’Esercito libanese nella recente guerra con Israele: Aoun ha tenuto fuori l’Esercito (nonostante la morte di 40 soldati libanesi) dalla guerra di Hezbollah contro Israele, e di Israele contro Hezbollah, ed ha aderito convinto, con tutto l’Esercito, alla linea dei Caschi Blu dell’Unifil. Nelle trattative sul Cessate il fuoco si è poi impegnato a sostituire con i soldati di Beirut le milizie Hezbollah nei territori a sud del fiume Litani, mentre gli israeliani si dovrebbero poi ritirare entro 60 giorni oltre il confine tra Libano e Israele.

Un punto critico è senza dubbio cosa pensi il neo presidente degli arsenali di armi accumulate per anni da Hezbollah, che erano più numerose e moderne di quelle dell’Esercito. Adesso, dopo la “sfuriata” israeliana (costata al Libano 4 mila morti, compresi qualche centinaio di miliziani, e 16 mila feriti), le armi di Hezbollah sono molte di meno e soprattutto è stato interrotto il flusso attraverso la Siria delle forniture iraniane.

Ma resta il nodo. Aoun – votato anche da Hezbollah e Amal, come si è detto – non si è espresso esplicitamente, ma nel discorso inaugurale una cosa a questo riguardo l’ha detta quando si è impegnato a «affermare il diritto dello Stato a monopolizzare il trasporto di armi». Da qui al disarmo di Hezbollah c’è in ogni caso ancora molta strada da fare.

Attualmente, il primo compito di Aoun è comunque quello di individuare un nuovo premier che succeda a Najib Mikati, il cui mandato è scaduto da più di 2 anni: un premier che sul gravissimo default dello stato, che si è autodichiarato insolvente fin dal 2019 (prima dell’esplosione del 2020 che ha distrutto il porto e ucciso oltre 220 persone), abbia il coraggio e sia in grado di avviare una fase completamente nuova della politica libanese, da decenni impantanata tra i veti incrociati di fazioni e sottofazioni abbarbicate alla corruzione spartitoria di quel che resta dello Stato e dell’economia, anche se ben poco.

«Oggi inizia una nuova fase nella storia del Libano», ha detto Aoun dopo l’insediamento. Nel conto della nuova fase, oltre alla crisi ereditata, al turismo scomparso, alla sanità distrutta, al lavoro che non c’è o è sottopagato, vanno aggiunte le conseguenze della guerra: centinaia di edifici rasi al suolo, terreni agricoli e attività produttive distrutti, danni calcolati in 8,5 miliardi di dollari e il Pil crollato del 6,6% in un anno.

Se Aoun saprà mantenere la fiducia della diaspora libanese all’estero (in certo modo il Libano reale, con 4 volte il numero dei libanesi rimasti nel Paese) e il sostegno dichiarato dei Paesi pronti a finanziare la ricostruzione, il Libano ce la può fare. In questa incredibile “magia annunciata”, la credibilità e lo spirito di servizio di Aoun restano comunque fondamentali. Insieme ad una politica alta e lungimirante di un governo serio ma ancora tutto da inventare.

Riproduzione riservata ©

Sostieni l’informazione libera di Città Nuova! Come? Scopri le nostre riviste, i corsi di formazione agile e i nostri progetti. Insieme possiamo fare la differenza! Per informazioni: rete@cittanuova.it

Esplora di più su queste parole chiave
Condividi

Ricevi le ultime notizie su WhatsApp. Scrivi al 342 6466876