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La rabbia disciolta dall’amore

a cura di Maria Pia Di Giacomo

- Fonte: Città Nuova

Osvaldo, ora adulto, con famiglia propria arricchita dalla presenza di due figli, ripensa alla sua storia e non esita a farci entrare nel suo vissuto. Un vissuto che, con tratti differenti e a volte comuni, colpiscono tanti bambini

ANNIE SPRATT/UNSPLASH

«Provengo da una famiglia un po’ “speciale”, infatti i miei genitori si sono separati quando avevo 4 anni e per questo ho vissuto per 3 anni in un istituto con mia sorella. Ero pieno di rabbia e me la prendevo con tutti, specialmente con i più deboli, ed ogni bambino che mi si avvicinava se ne accorgeva… e rischiava di prendere calci e pugni.

Visto che quest’istituto teneva i bambini solo fino all’età pre-scolastica, l’assistente sociale ci ha trovato una famiglia per l’affidamento. All’inizio mi sentivo in casa di estranei, non riuscivo a capire perché loro dovessero diventare la mia famiglia quando io una famiglia l’avevo già. Pian piano ho capito che non volevano prendere il posto dei miei genitori, ma volevano solo il nostro bene.

Quell’amore ha cominciato a entrare nel mio cuore e a sciogliere la rabbia interiore che avevo contro gli adulti, specialmente quelli che mi avevano allontanato dalla mia famiglia. Era un amore disinteressato dato a due bambini pieni di problemi… — mia sorella a 5 anni, essendo stata trascurata, non camminava ancora.

ho iniziato a sperimentare quella famiglia che non avevo mai avuto. Dopo un primo periodo, ho partecipato ad incontri con bambini della mia età. In quei momenti avvertivo qualche cosa di speciale, sentivo una strana sensazione di “bello”. Ne ero attirato. Ho quindi continuato ad andarci e pian piano ho iniziato a cambiare atteggiamento.

Ero piccolo, ma quegli incontri, dove ci proponevano di amare per primi, di aiutare il tuo amico di giochi, di voler bene a quel compagno di scuola che continuava a farti dispetti… sono stati importantissimi nella mia vita. Hanno favorito ad accrescere l’affetto verso la mia nuova famiglia, che mi aiutava in qualsiasi situazione, ad essere sorridente, contento. Grazie a loro ho terminato gli studi senza difficoltà.

Ora lavoro come disegnatore edile e ho tutto quello che sicuramente nella situazione in cui prima mi trovavo non avrei potuto avere. Ho cominciato ad accettare mio padre e mia madre così come sono. Non volevo più sapere il perché del loro divorzio, tanto non si poteva fare più niente. Non volevo più sapere di chi era la colpa, perché ogni volta mio padre accusava mia madre e viceversa, e questo mi turbava.

Un giorno, vincendo la rabbia che avevo dentro, ho deciso di scrivere una lettera al mio papà che per un anno non si era fatto né sentire né vedere. Dopo qualche giorno è arrivata la risposta dove mi chiedeva scusa per tutto. Da allora sono andato a trovarli frequentemente e mi sono interessato della loro vita.

Ho continuato a frequentare quei ragazzi con cui esco ancora oggi… e ad andare a quegli incontri sempre con entusiasmo, perché quelli che prima erano compagni di gioco adesso sono amici, con cui condividere gioia e divertimento, ma soprattutto mi sono vicini nei momenti bui.

La famiglia adottiva mi ha portato a conoscere Dio, prima per me sconosciuto. Con Lui ho trovato un rapporto molto speciale e ora so che sicuramente mi conosce meglio di tutti, che è Amore, che mi ascolta sempre, che mi indica la strada giusta nelle scelte, lasciandomi libero di sbagliare. Certo, all’inizio frequentavo la Chiesa quasi per “obbligo” con i nuovi genitori. Ora la messa è diventata un appuntamento molto importante durante il quale sento di ricaricare le batterie per la settimana che deve venire.

Una tappa molto importante è stata quando, dopo 14 anni di vita in questa famiglia, ho avvertito che era ora di cambiare; volevo uscire di casa, abitare da solo. Ne ho parlato in casa e, non senza un po’ di malinconia, mi hanno lasciato andare, aiutandomi comunque a pianificare la mia situazione finanziaria così da non dover far fatica ad arrivare a fine mese. Ma i dubbi erano tanti… ci sarei riuscito? Il rapporto con loro sarebbe restato? Ho osato fare il passo e alla fine tutto è andato bene e il rapporto fra noi è cresciuto ulteriormente.

Adesso mi confronto anche con il mondo del lavoro e non è sempre facile trovare il positivo nelle persone o nelle situazioni. Se si creano delle tensioni in ufficio, mi fermo in panetteria a prendere brioche per tutti. Oppure riesco a superare il malumore con un collega che mi ha appena fatto arrabbiare dandogli una mano, in modo da riuscire a preparare i piani per tempo. Quando raccolgo i frutti di questi sforzi, ho voglia di impegnarmi ancora di più».

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