L’arte di meravigliarsi
Può forse aiutarci il tornare al significato originario della parola “vacanza”, che dal latino rimanda di fatto a una necessità di vuoto – e quindi di spazio, di libertà –. Riposo significava originariamente mettersi nuovamente in pausa, fermarsi, cessare temporaneamente l’attività o il lavoro, con l’intenzione di recuperare energie. Recuperare a pieno questo concetto può permetterci di rinnovare l’esperienza di un tempo dilatato e calmo, in un vero e proprio esercizio di contemplazione. Vi sono molti modi per esprimere la contemplazione, l’esercizio del guardare assorti, del divenire uno con ciò che si osserva.
Il pittore tedesco Caspar David Friedrich riuscì a farne la propria cifra artistica, arrivando a ergersi a simbolo del Romanticismo. Nei suoi dipinti figura e sfondo si invertono: in primo piano vi sono sempre figure umane, sì, ma girate di spalle e tendenzialmente piccole rispetto alla maestosità della natura e del paesaggio, vero protagonista dei quadri. Come in una fotografia in cui il soggetto non sappia di essere ripreso, nelle opere di Friedrich le figure umane sono dipinte in un momento intimo e contemplativo, mentre osservano la vastità della natura.
L’osservatore si trova così invitato a partecipare all’esperienza del personaggio, percependo il paesaggio non solo come un luogo fisico, ma come uno spazio mentale ed emotivo; il contrasto tra la piccolezza dell’uomo e l’immensità del mondo naturale evoca un senso di soggezione e meraviglia, un senso di profonda introspezione e di connessione tra il mondo fisico e quello spirituale. La natura non è solo un soggetto da rappresentare, ma un tramite per accedere al divino, in cui il sacro si manifesta attraverso la bellezza e il mistero del mondo naturale.
Friedrich legò per sempre il suo nome al concetto di sublime e a quello tedesco di sensucht. Entrambi i concetti rimandano a un’esperienza estetica che va oltre il bello, evocando, il primo, un senso di meraviglia mista a volte anche a terrore, che ci pone in contatto con l’infinito e il trascendente; il secondo un desiderio profondo e inafferrabile per qualcosa di indefinito, uno struggimento spesso associato a un ideale di bellezza, felicità o perfezione irraggiungibile.
Per Jung, la meraviglia si collega all’esperienza del “numinoso”, ovvero quel sentimento di stupore e sacralità che ci coglie di fronte al mistero dell’esistenza. Questo senso del sacro non è confinato alla religione, ma è una risposta universale dell’anima umana, una manifestazione dell’archetipo del Sé che ci spinge verso l’integrazione e la totalità. Il terapeuta e psicoanalista James Hillman sottolineava l’importanza di risvegliare il senso di meraviglia nei pazienti come parte del processo di guarigione. La meraviglia permette di accedere a nuovi modi di vedere se stessi e il mondo, rompendo i vecchi schemi mentali e aprendo la strada a nuove possibilità di crescita.
La capacità di meravigliarsi non è solo una questione di emozione o curiosità intellettuale: è una forza trasformativa che può cambiare profondamente la nostra psiche. La moderna psicologia positiva, con figure come Martin Seligman e Mihaly Csikszentmihalyi, ha dimostrato che esperienze di meraviglia possono aumentare il nostro senso di felicità e connessione con il mondo. Queste esperienze ci aiutano a trascendere il nostro ego e a sentirci parte di qualcosa di più grande, promuovendo un senso di gratitudine e apprezzamento per la vita.
La meraviglia ha una lunga storia anche nella filosofia. Platone e Aristotele consideravano la meraviglia come l’inizio della filosofia stessa, il punto di partenza per ogni riflessione profonda sulla natura della realtà. Aristotele nella Metafisica scrive che “Gli uomini hanno cominciato a filosofare, ora come in origine, a causa della meraviglia” (Metafisica, A, 2, 982b, trad. it. di Giovanni Reale). L’accezione aristotelica di “meraviglia” (in greco thauma – θαῦμα) non si limita al semplice stupore, ma implica un’esperienza emotiva e intellettuale profonda, che spinge l’individuo a esplorare e comprendere ciò che va oltre la percezione ordinaria. È un moto dell’anima che trascende la mera curiosità, portando il pensatore a confrontarsi con l’inconoscibile e il misterioso.
La capacità di meravigliarsi non è un dono innato o irripetibile: può essere coltivata e rafforzata. Esercitarci ad essere presenti nel momento e osservare il mondo senza giudizio, come insegnato da antiche e moderne tecniche di meditazione, può aiutarci a riscoprire la meraviglia nelle piccole cose quotidiane. Esplorare nuovi orizzonti, viaggiare, leggere, incontrare persone nuove e fare esperienze diverse possono risvegliare il senso di meraviglia.
Ritornare alla natura è una fonte inesauribile di meraviglia. Passare del tempo all’aperto, osservare gli animali, le piante, il cielo, può riaccendere la nostra curiosità e il nostro stupore. Coltivare la curiosità, non accontentarsi delle prime risposte, ma continuare a porsi domande e cercare di comprendere il mondo in profondità. Abbracciare l’arte, la musica, la letteratura, le arti visive possono ispirarci e farci vedere il mondo sotto una luce nuova.
Vivere l’arte come esperienza, visitare musei, ascoltare musica o creare arte può essere un modo per immergersi in un mondo di simboli e immagini che stimolano la meraviglia. Abbracciare il mistero, accettare che non tutto può essere spiegato o controllato è fondamentale per coltivare la meraviglia. Lasciarsi affascinare dall’incertezza può aprire nuove strade di pensiero e di esperienza. Praticare la gratitudine, riconoscere e apprezzare le piccole meraviglie della vita quotidiana può trasformare la nostra visione del mondo, rendendoci più aperti e ricettivi.
In questo periodo di vacanze, quando la frenesia della vita quotidiana cede il passo alla possibilità di riconciliarci con la natura e con il nostro spirito, possiamo riavvicinarci a quel senso di meraviglia che nella vita quotidiana rischiamo di perdere. Come Friedrich ci insegna, possiamo lasciarci trasportare dalla bellezza del mondo che ci circonda, immergendoci in un’esperienza contemplativa che ci riconcilia con il nostro io più profondo e con la trascendenza dell’infinito. In questo tempo di quiete, è un invito a riscoprire la capacità di meravigliarsi, a lasciarsi stupire dalla semplicità e dalla grandiosità della vita.
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