Dall’io al noi

A volte il rapporto di coppia sembra porre un ostacolo alla propria autorealizzazione: come mantenere un legame duraturo che invece stimoli anche la crescita personale?
Io te coppia
(Foto: Pixabay)

Robert Neuburger definisce la coppia come «la storia di un incontro che dura, cioè di due persone che si sono incontrate e che per varie ragioni non si separano». Molte coppie in difficoltà si fanno proprio questa domanda: cosa tiene insieme una coppia? Perché alcune coppie durano nel tempo e altre no?

È risaputo che, rispetto al passato, la maggiore libertà sessuale, la crescente intolleranza verso i legami vincolanti, formali e indissolubili, insiti nella concezione tradizionalista del matrimonio, conducono numerose coppie a optare per la separazione e il divorzio. Al contrario, formule di gestione dei rapporti senza vincoli e senza impegni duraturi sembrano garantire la sensazione, forse apparente, di vivere in una dimensione di maggiore libertà decisionale.

Un altro aspetto che sembra essere dirimente è il tema dell’autorealizzazione personale. Mi diceva Luigi non molto tempo fa: «La mia paura è che se mi impegno in una relazione di coppia non sarò più libero di seguire la mia autorealizzazione personale, la mia carriera, i miei hobby, ciò che mi piace». E anche Laura così si esprimeva: «Impegnarmi in una relazione di coppia mi dà l’idea di entrare in un recinto dove i miei bisogni e i miei sogni dovrebbero essere tenuti a bada a vantaggio della coppia, ma questo non lo voglio».

Ma è proprio così? L’autorealizzazione personale è nemica della coppia? Occorre scegliere fra le due strade? Enrico Cheli, psicologo psicoterapeuta, sottolinea come «in passato la motivazione stessa del matrimonio mettere su famiglia poneva in secondo piano il partner in quanto individuo, anzi entrambi erano chiamati a rinunciare alla loro individualità (ammesso che ne avessero mai potuta sviluppare una) a favore della famiglia». Ora siamo in una cultura molto lontana da questo e la coppia si trova davanti questa grande sfida: far coabitare al suo interno realizzazione personale e realizzazione di coppia.

Le domande quindi che le coppie oggi si fanno sono: è possibile trovare un equilibrio tra i bisogni individuali e quelli di coppia? È possibile mantenere un legame che stimoli anche la realizzazione personale? Una risposta interessante a queste domande ci viene dagli studi di Virginia Satir che scrive, fra l’altro: «la coppia è composta di 3 parti, due individui e una relazione: io, tu, noi». Secondo questa autrice, la possibilità di formare una coppia sana dipende dalla capacità di avere un senso di eguaglianza rispetto allaltro. Questo in contrasto con lidea vecchia di secoli che la coppia si basa su una disuguaglianza per cui si forma una relazione di dominanza-sottomissione del tipo vittima-carnefice, infermiere-malato ecc. Il che implica quindi innanzitutto un’uguaglianza all’interno della coppia che garantisce che i bisogni di ciascun partner siano ugualmente significativi, anche il bisogno di autorealizzazione di ciascuno. Quindi non è funzionale che un partner si autorealizzi a scapito dell’altro.

La seconda caratteristica secondo la Satir perché una coppia duri nel tempo è la consapevolezza che ogni persona, maschio o femmina che sia, contiene parti intuitive e parte cognitive. Per funzionare al meglio queste parti devono essere sviluppate e integrate. In passato gli uomini sono stati relegati nel ruolo cognitivo e le donne in quello intuitivo. Nel passato si è cercato di restringere questa integrazione attraverso la relazione maschio-femmina: due persone per fare un intero. La donna rappresentava la parte intuitiva anche per luomo e viceversa. Era come se la donna dovesse usare la testa delluomo perché non ne aveva una e luomo il cuore della compagna. Questo portava naturalmente ad una mancanza di autorealizzazione personale da parte di entrambi i partner costretti a rinunciare ognuno all’espressione di parti di se. Come si fa a vivere senza testa o senza cuore? È risultato poi infatti chiaro che questo riduzionismo da parte di ogni partner portava ad una morte del sé” al servizio di una fantomaticasicurezza amorosa.

La terza caratteristica che suggerisce la Satir perché una coppia funzioni è la seguente: i partner si percepiscono come esseri unici ed esprimono la propria identità attraverso l’integrazione delle varie parti. Questo comporta, quindi, che ogni partner si avverta come persona unica e di valore che vuole esprimersi al meglio nelle sue caratteristiche di essere umano.

La quarta caratteristica indicata dalla Satir è strettamente collegata alla terza: i partner di una coppia sana hanno una buona stima di sé e pertanto seguono la propria autorealizzazione.

Ultima caratteristica secondo la Satir è: perché una coppia funzioni i partner devono ricordarsi di essere “spirituali”. Quest’ultimo concetto è davvero molto interessante e, a primo acchito, non si comprende come coltivare una spiritualità può essere indice di una coppia sana e durevole. Ma forse è intuitivo dedurre che essere persone spirituali significa tendere all’autotrascendenza. Quindi, sì autorealizzazione, ma anche autotrascendenza, capacità cioè di trascendere se stessi per amore di un altro, per fare un dono all’altro. La letteratura che riguarda l’”etica del dono(Kirchler, Berti, 1990; Scabini, Rossi, 2000) dice che nelle relazioni intime soddisfacenti c’è proprio un superamento della logica dello scambio in unaccentuata asimmetria tra dare/ricevere a favore del dare. E anche V. Frankl ci ricorda che «la relativizzazione di sé e lautodistanziamento sono presupposti per una sana crescita dellio allinterno del rapporto di coppia, capace di far sviluppare anche laltro». Probabilmente è proprio così che si può passare dall’io al noi senza sentirsi defraudati dei propri bisogni di autorealizzazione ma anche capaci di dono per amore del partner. «Una volta ho messo da parte il mio bisogno di dormire fino a tardi per aiutare mia moglie a preparare un pranzo speciale. Non l’avrei mai fatto prima, ma il grazie e la gioia che ho visto nei suoi occhi poi mi hanno fatto sentire felice e realizzato molto più che se avessi dormito come desideravo», dice Francesco.

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