Marocco, verso un nuovo Diritto di Famiglia

In Marocco è stato avviato da settembre scorso un processo di revisione del Diritto di Famiglia, la Mudawwana. Il dibattito in corso mi sembra particolarmente interessante per comprendere quanto si sta muovendo in questo ambito.
Re Mohammed VI del Marocco. ANSA/US GABINETTO REALE DEL MAROCCO + UFFICIO STAMPA, PRESS OFFICE, HANDOUT PHOTO, NO SALES, EDITORIAL USE ONLY + NPK

Un articolo particolarmente interessante di Chiara Pellegrino è recentemente apparso su oasiscenter.eu (21 marzo 2024) sulla storia, il significato e il quadro sociale in cui si inserisce il Codice del Diritto di Famiglia (Mudawwana) attualmente in vigore, promulgata vent’anni fa, nel 2004, dal re Mohammad VI, il sovrano tuttora regnante. La Mudawwana era stata istituita da Mohammad V nel 1958 (a 2 anni dall’indipendenza del Marocco dalla Francia) e riformata nel 1993 dal re Hassan II, padre dell’attuale sovrano.

Occorre dire che la riforma del 2004 era già molto avanzata rispetto al passato e rispetto alle legislazioni del Diritto di Famiglia tutt’ora in vigore in molti Stati islamici.

L’attuale legge marocchina prevede già gli stessi obblighi dei coniugi all’interno del matrimonio e consente ad entrambi il ricorso al divorzio e ad una spartizione dei beni (non così nel Diritto islamico tradizionale), mentre i figli possono scegliere il tutore dall’età di 12 anni. Le legge stabilisce inoltre un limite alla poligamia, accettando la presenza di due mogli (anzichè 4, come avveniva in precedenza) ma solo in condizioni estreme giudicate tali da un giudice. L’età minima per contrarre matrimonio è stabilita a 18 anni (prima per la donna era 15). Con la Mudawwana del 2004 venne inoltre abolita la figura del wali, il tutore legale della donna che in precedenza era incaricato anche di sceglierle il marito.

La riforma del Diritto di Famiglia attualmente sollecitata dal re punta a stabilire un adeguamento dell’attuale legislazione con l’evoluzione sociale di questi anni, in sintonia con la Costituzione del Marocco e con gli Accordi internazionali sottoscritti dal Paese: in particolare la Convenzione sui Diritti di bambini e adolescenti e quella sull’eliminazione di tutte le forme di discriminazione contro le donne (Cedaw).

Ma al di là degli aspetti tecnico-giuridici, un grande problema che il Marocco deve affrontare in questo ambito non è tanto la mancanza di norme o il loro miglioramento, anche, ma è soprattutto il margine eccessivo di discrezionalità che alcuni non pochi giudici di orientamento molto tradizionalista si prendono.

In compenso la sensibilità della società civile e l’impegno di molte associazioni femministe sono andati molto avanti negli ultimi 20 anni, anche se gruppi e partiti tradizionalisti e islamisti (anche moderati) non vedono di solito bene questo progresso, lo ritengono spesso un attacco alla sharia e un’ingerenza della mentalità occidentale. Un esempio di questo “eccesso di discrezionalità” dei giudici è stata la proliferazione di concessioni ai matrimoni di minori (oltre 40 mila nel 2018) e l’autorizzazione facile alla poligamia, soprattutto nei contesti rurali.

Mohammad VI, da sovrano sensibile ed aperto alla modernità pur nel rispetto dei valori coranici e della tradizione islamica, spinge anche a definire meglio il tema del diritto di successione, riformando le quote di eredità spettanti alle donne (più o meno la metà di quanto hanno diritto i maschi). Il tema dell’eredità e della parità di diritti e doveri tra marito e moglie resta forse uno tra gli aspetti principali sui quali si battono le associazioni femministe marocchine.

Un esempio interessante (tra i molti) dell’approccio sviluppato in questi anni rispetto al rapporto fra diritti umani e familiari con la legge coranica è quello indicato (non senza dissensi) come femminismo islamico. È una prospettiva che punta a valorizzare il ruolo della donna e la parità dei sessi ispirandosi alle fonti islamiche e cercandovi una nuova ijtihād (interpretazione). Tra queste voci spiccano in particolare quelle di alcune autrici marocchine come Malika Hamidi e quelle elaborate nell’ambito del Gierfi (Gruppo internazionale di ricerca sulla donna musulmana e il dialogo Interculturale), con sede a Barcellona: una rete che mette in contatto numerosi intellettuali (donne e uomini) per la rilettura dei testi sacri islamici e per promuovere un’identità che sappia coniugare prospettiva femminile e religiosità.

Fra le figure di spicco di questo orientamento vi è senza dubbio Asma Lamrabet, medico e scrittrice marocchina, impegnata da tempo in una rilettura dei testi sacri islamici da una prospettiva femminile. Uno dei suoi libri più recenti (2020), tra i molti che ha pubblicato, è “Le prophète de l’Islam et les femmes de sa vie” (Il profeta dell’Islam e le donne della sua vita), che (purtroppo) non credo esista in edizione italiana.

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