Il perdono che guarisce

Uscirà a giorni l’ultimo libro di don Leoluca Pasqua, sul tema del perdono, che tocca molteplici ambiti dell’uomo sia personali che comunitari. Segue l’intervista al presbitero palermitano che ci ha detto: «Se non si parte dal perdono non esistono vie di scampo, non esiste futuro».
Immagine di copertina del libro "Il perdono che guarisce" (ed. Il Pozzo di Giacobbe)

Domenica 10 marzo, nella suggestiva cornice della Casa Diocesana Oasi Baida, a Piazza Baida 1, a Palermo, è stata presentata l’ultima fatica letteraria di don Leoluca Pasqua: Il perdono che guarisce. Ricominciare ogni giorno con la riconciliazione. Il testo uscirà il 20 marzo, proprio per la ricorrenza della Santa Pasqua che mette alla prova l’autenticità del nostro essere cristiani. L’argomento da lui trattato, il perdono, intercetta, peraltro, tutti, come il bisogno di pace. Abbiamo così deciso di approfondire i temi col presbitero e padre spirituale del Seminario Arcivescovile di Palermo e delegato episcopale dell’Ordo Virginum.

Don Leoluca Pasqua

In un periodo storico in cui le guerre paiono impazzare, le famiglie dividersi, in cui è più facile perdersi che trovare strade di pace interiore e relazionale, la mancanza di perdono si può considerare il leitmotiv di ogni crisi?

In effetti possiamo constatare come la mancanza di perdono è tra le principali cause delle tante guerre che si consumano a tutti i livelli, anche nei contesti familiari. Non percorrere la strada del perdono significa fare una scelta di morte, dove si decide di chiudersi nel rancore e nella rabbia, annullando ogni possibilità d’incontro e dialogo. La strada del perdono non è facile, ma è quella che può dare futuro all’umanità che viceversa si ritroverà scenario di violenza e di sopraffazione.

Perdonare pare, in molti casi, una “cosa d’altri”. Si attende, spesso, sia l’altro a fare il primo passo e decretandone, anche qui, l’insuccesso, si tende ad affermare che il perdono sia “prerogativa di Dio”. Come riuscire ad operare un salto di qualità, entrando “nella logica di Dio”?

L’aspettare che sia sempre l’altro a fare il primo passo è un chiaro sintomo di orgoglio, significa chiudersi nelle proprie ragioni pensando che siano quelle giuste e migliori. Ciò impedisce il dialogo e non permette di intraprende la strada del perdono che necessita di umiltà e di “santa intraprendenza”, decidendo di incamminarsi per primi verso l’altro. Significa rispondere al male con il bene, donando quel “di più” di amore, così come ha insegnato Gesù sulla croce. Questo significa entrare nella “logica di Dio”, logica non di potere, ma di servizio e amore.

La questione del perdono tocca la sola sfera spirituale?

Assolutamente no. L’esperienza del perdono tocca l’uomo in tutti i suoi ambiti anche quello fisico e psicologico e permette di ritrovare quella pace e armonia interiore che il rancore e la rabbia frantumano. Inoltre, chi si decide ad intraprendere la via del perdono, non solo fa pace con sé stesso, ma diventa più propenso a instaurare rapporti significativi e autentici con ogni persona che incontra.

Crede che anche i più feroci guerriglieri nutrano dentro di sé il desiderio della pace, oppure hanno la mente offuscata per aver perso il senso del peccato?

Personalmente sono convinto che nel cuore d’ogni uomo vi sia un desiderio profondo di pace e felicità. Se l’uomo è infelice è perché fa delle scelte sbagliate, che vanno contro questo desiderio di comunione. Certamente, entrare in logiche umane, lontane da Dio, porta lentamente all’offuscamento della coscienza credente e quindi alla perdita del senso del peccato con tutte le conseguenze che ciò comporta, prima fra tutte: l’incapacità di riconoscere l’altro come fratello, con cui sono chiamato a collaborare per costruire un mondo migliore.

La conversione è una grazia che ci coglie all’improvviso o è l’avvio di un cammino penitenziale per giungere a Dio?

La conversione è un cammino che dura tutta la vita ed è frutto prima di tutto della grazia di Dio che tocca i cuori risvegliandoli alla vita e alla speranza. Ma Dio chiede collaborazione all’uomo, fa appello alla sua responsabilità. Occorre, quindi, impegnarsi ogni giorno, rimanendo in costante ascolto della Parola di Dio, che diventa guida ai nostri passi e ci permette di discernere la sua volontà. Convertirsi significa cambiare vita, prendere coscienza dei propri peccati e lasciarsi raggiungere dall’amore di Dio, diventare fonte di amore per gli altri.

Nella salute precaria o nella morte prematura dei propri cari, l’animo umano può scoraggiarsi e la fede vacillare. Può essere che la più grande paura, che porta ai “nonsensi” nel mondo e quindi alla mancanza del perdono, sia proprio non credere in Dio Padre e nella vita eterna?

In effetti il problema di fondo è proprio la mancanza di fede in Dio e nella sua infinita misericordia. L’uomo preferisce percorrere una strada alternativa rispetto a quella tracciata da Dio, esiliandolo dal proprio orizzonte. Ma in questa scelta di non respirare più il soprannaturale non si riesce più a dare senso alla sofferenza e alla morte, tutto diventa più difficile da accettare compresa la diversità del fratello che ci sta accanto, spesso considerato un nemico piuttosto che un compagno di viaggio con il quale condividere la bellezza della vita.

Quanto sono importanti i Sacramenti della Penitenza e dell’Eucarestia per un cristiano? Perché oggi sono così poco praticati?

I Sacramenti sono i doni di grazia che permettono di sperimentare l’amore e la misericordia di Dio. Sono luogo di conversione e di santificazione. Senza di essi non ci può essere autentica vita spirituale. Bisogna stare attenti a non ridurli a semplici riti portati avanti per abitudine o per sentirsi a posto con la coscienza, in quanto si rischierebbe di svilire il loro vero significato. I sacramenti vanno vissuti con fede e richiedono anche una preparazione. Per questo è importante investire sulla formazione e alla vita liturgica in particolare, per aiutare i fedeli a vivere meglio i sacramenti con spirito rinnovato.

Quali virtù occorre rafforzare per intraprendere un percorso di guarigione interiore? E quali, infine, i frutti del perdono?

Tra le virtù che si richiedono per iniziare un percorso di guarigione, non può mancare l’umiltà come capacità di saper leggere dentro sé stessi per individuare le proprie fragilità, i propri peccati e quindi il bisogno di conversione e di cambiamento. Di conseguenza bisogna nutrire fiducia in Dio e nella sua misericordia, sperimentando la potenza del Sacramento della Riconciliazione che risanando la propria interiorità dalle ferite prodotte dal peccato, rende capaci di vedere gli altri e il mondo con occhi nuovi. In questo modo il perdono produce molteplici frutti: ridona la pace cuore, rende liberi, accende la gioia vera, quella di sentirsi amati da un Padre che continuamente ci abbraccia con la sua misericordia.

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