Ex Ilva di Taranto, mobilitazione di lavoratori e sindacati contro la chiusura

Mentre continua il progressivo spegnimento degli impianti delle Acciaierie Italia, cresce la preoccupazione dei lavoratori, che chiedono aiuto al governo affinché rilevi la quota di maggioranza dell'azienda.
Diverse centinaia di operai, sindacati e imprenditori partecipano a una manifestazione unitaria a Taranto per sollecitare il governo ad adottare iniziative urgenti per scongiurare la chiusura dell'ex Ilva, Taranto, 29 gennaio 2024. ANSA/ ANGELO INGENITO

Il clima attorno alle sorti dell’ex Ilva è sempre più rovente. Si è aperta una settimana, l’ennesima, di tavoli, accordi (e dis-accordi), di preoccupazione che, tra i lavoratori, si fa sempre più insostenibile.

Lunedì c’è stata una manifestazione di protesta attorno all’area del gigante siderurgico che ha portato in strada i sindacati, i lavoratori di Acciaierie Italia, i cassaintegrati e le associazioni di categorie che gravitano attorno al colosso industriale a rischio, che potrebbe provocare un dannoso effetto domino.

Tra soci di maggioranza e di minoranza, tra gestione pubblica e privata, i lavoratori continuano a vivere una cronica situazione di precarietà. Nelle prossime ore in Senato è prevista l’audizione per il percorso che dovrebbe portare all’amministrazione straordinaria poiché tra i soci non c’è accordo sulla ricapitalizzazione.

È bene ricordare che ArcelorMittal detiene il 62% delle quote, mentre lnvitalia, l’ente legato allo Stato, è in minoranza con il 38%. Al momento, la fabbrica sembra sotto sequestro. Ferma.

In questo limbo, gli oltre 5 mila manifestanti chiedono urgentemente al Governo di cacciare dalla gestione il colosso industriale franco-indiano e l’amministratore delegato Morselli. Da giorni, infatti, Acciaierie Italia non risponde alla richiesta di ispezione urgente degli impianti dello stabilimento siderurgico ex Ilva richiesta da commissari di Ilva in amministrazione straordinaria.

Vige un silenzio aggravato dal progressivo spegnimento degli impianti. Sulla base delle numerose procrastinazioni, i sindacati stessi scongiurano l’avvio dell’amministrazione straordinaria, ma solo con una prospettiva di Mittal come socio di minoranza, lasciando allo Stato la gestione.

Si chiede lo sblocco dei 320 milioni di euro con cui pagare anche le quote per l’indotto che rischia di fallire insieme all’ex-Ilva. Dalla piazza si chiede al Governo di rimediare a questo disastro economico, sociale, ambientale. Non è possibile sbrigare la questione ex-Ilva bloccando gli impianti e con la cassa integrazione di una gestione industriale sorda a tutti i delicati obiettivi occupazionali e della transizione ecologica.

I sindacati sollecitano il Governo a non fermare lo stabilimento, ma a stanziare investimenti per salvaguardare l’occupazione e l’ambiente. Rilanciare e bonificare, ma non fermare la filiera. Sulla stessa scia è Confindustria di Taranto, affermando che la città non può permettersi la chiusura degli stabilimenti, mentre proprio il presidente della Regione Puglia avalla l’eventuale decisione del Governo di chiudere l’ex Ilva.

Proprio in questi giorni verrà avviata l’ispezione dei commissari Ilva che deciderà se richiedere al ministro delle imprese e del Made in Italy, Adolfo Urso, l’attivazione dell’amministrazione straordinaria. Prospettiva che preoccupa i sindacati, i lavoratori e le aziende dell’indotto che non vedrebbero garantite le coperture dei pagamenti degli approvvigionamenti. In questi giorni continua la partita: per chi sarà scacco matto?

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