368 nomi per non dimenticare i morti in mare

Nella "Giornata nazionale della memoria e dell’accoglienza” a Lampedusa sono stati ricordati con una cerimonia semplice i 368 migranti naufragati nella notte del 3 ottobre 2013. I loro nomi sono stati incisi su un monumento realizzato con i resti di una barca, voluto da Vito Fiorino, l’uomo che salvò 47 persone. Alcuni sopravvissuti sono tornati sull’isola.

368 nomi incisi su un “memoriale”. Sono quelli dei migranti periti sei anni fa al largo di Lampedusa. Erano le 3,30 del mattino, un barcone carico di uomini e di donne, ma anche di bambini, si inabissò all’improvviso a poca distanza dall’Isola dei Conigli. C’erano più di 500 persone, 368 perirono tra le onde, altri furono tratte in salvo. Quarantasette furono salvati da Vito Fiorino con il suo peschereccio Gamar. Altre vite umane furono salvate da un’imbarcazione di Costantino Baratta, mentre Domenico Colapinto riuscì a riportare a riva 18 persone e due cadaveri.

Il 3 ottobre, come ogni anno, si rinnova il ricordo di quei giorni tragici. Alle 3.30 il memoriale, realizzato proprio da Vito Fiorino, è stato inaugurato. Su di esso sono incisi i 368 nomi e, in cima, una data: 3 ottobre 2013. E due parole: “Nuova speranza”. Il memoriale è posto su una base azzurra, quasi come una chiazza, che rappresenta il mare. Si trova nella piazza delle Poste, non distante dalla piazza principale, piazza Garibaldi, dove si trova la parrocchia di San Gerlando. Poco più in là, la casa comunale, il municipio. Lampedusa è piccola, circa 6 mila abitanti, compresi i 500 residenti dell’isolotto di Linosa.

Il comune ha concesso l’area su cui realizzare il monumento. Il resto lo ha fatto Fiorino, con la sua determinazione, la sua forza di volontà, il suo continuo peregrinare tra la sua Lampedusa e la Lombardia, dove vive in alcuni periodi dell’anno. Lo hanno aiutato l’associazione “Arcobaleno, ponte per l’Africa” e alcuni volontari di Sondrio, Monza, Lecco.

Vito Fiorino mantiene i contatti con i migranti che si salvarono o con i parenti dei defunti. Un gruppo di loro, come ogni anno, è arrivato a Lampedusa e ha partecipato alla cerimonia. Breve, semplice, solenne. Senza la presenza delle autorità, ma con una partecipazione vera. Vito Fiorino ha utilizzato lo scheletro di una barca, avvolto da una spirale. Con i nomi.

programma-iniziative-del-3-ottobre«Finalmente – commenta don Carmelo La Magra – quei nomi sono scritti e saranno ricordati per sempre. Sei anni fa avevamo solo 367 bare anonime sul piazzale davanti al porto: un’immagine che non si cancellerà mai per gli abitanti di quest’isola. Da oggi quei nomi resteranno a Lampedusa». 367 bare per 368 persone: «Un bimbo nacque proprio durante il naufragio. Annegò insieme alla sua mamma. Sono stati sepolti insieme». Quelle bare, purtroppo anonime, furono portate via da Lampedusa e accolte nei vari cimiteri dell’isola, nei loculi messi a disposizione dai comuni.

Dal 2016, la data del 3 ottobre è stata proclamata “Giornata nazionale della memoria e dell’accoglienza”. Una data che resterà. Che attraversa, a fatica, i nuovi tempi e le diverse “traversie culturali e ideologiche” del nostro paese e dell’Europa. Ma una data che resterà. Da monito. Per tutti.

Anche a Lampedusa, la partecipazione non è stata massiccia. C’erano poco più di cento persone, i volontari, i migranti, c’era don Carmelo La Magra, a Lampedusa da tre anni. Lui non era qui nei giorni della tragedia. «Questa data, per noi, è un simbolo. In questo giorno si rinnova il dolore immenso di quel giorno, di quella bare numerate. Un’immagine che non si cancellerà mai».

La giornata viene scandita da altri momenti:  in via Piave, viene scoperto un murale dedicato ai “Giusti” dell’artista Neve ed un albero, un carrubo, sarà messo a dimora in un’aiuola. L’albero è stato voluto da Gabriele Nissim, tra i sostenitori delle iniziative del 3 ottobre. Poi la celebrazione ecumenica, nel santuario della Madonna di Portosalvo, piccolo tempio fuori del centro abitato. La sera, in piazza Castello, le proiezioni e le letture dedicate al ritorno di quel giorno. Tutte le celebrazioni sono state rachiuse in un manifesto dal titolo emblematico “Sentinella, quando finisce la notte?

Ma la storia continua.  Nella notte, poco prima dell’inizio delle celebrazioni, sull’isola è arrivato l’ennesimo barcone. A bordo, c’erano 69 persone. Sono bengalesi, ma anche provenienti da vari paesi del Nord Africa. E ci sono anche dei bambini. Il barcone, come altri, è salpato dalla Libia. È arrivato vicino a Lampedusa senza essere avvistato lungo il viaggio. I migranti sono nel centro di contarda Imbriacola. Che, ancora una volta, è pieno all’inverosimile.

Ma com’è cambiata Lampedusa in questi anni? «Non credo sia cambiata moltissimo – spiega don Carmelo La Magra -. È cresciuta, certamente, ed è cambiato il turismo. Qui c’è una fetta di mondo con varie sensibilità, come accade in ogni paese. C’è gente che si lascia prendere dalla paura, c’è gente che non si lascia coinvolgere, ma c’è anche chi vive con forza i temi legati all’accoglienza. Questo è un popolo che ha saputo accogliere. A Lampedusa sono arrivati alcuni migranti che si sono salvati. Oggi vivono tutti nel Nord Europa, nessuno vive qui, nessuno è rimasto in Sicilia». La vita li ha portati lontano: in Svezia, in Danimarca, in Norveglia. Ma la loro presenza il 3 ottobre rappresenta un pezzo di storia dell’isola. Indelebile.

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