Un primo bilancio del terremoto in Turchia e Siria

Cresce di ora in ora il drammatico bilancio del terremoto di ieri in Turchia e Siria. Iniziano a giungere da tutto il mondo squadre di soccorso e aiuti. Molti turchi in fila per donare il sangue. Una delle situazioni forse più difficili a Idlib, isolata e difficile da raggiungere
Terremoto Turchia e Siria
Terremoto Turchia (AP Photo/Mustafa Karali) Associated Press/LaPresse Solo Italia e Spagna

Sono quasi 5 mila le vittime ufficiali del terremoto di magnitudo 7.8 Richter che nella notte del 6 febbraio ha colpito un vasto territorio a cavallo fra Turchia e Siria, con epicentro fra le città turche di Kahramanmaras e Gaziantep, che ha interessato 10 province turche e 4 siriane, oltre all’enclave di Idlib dove sono rifugiati oltre 3 milioni di profughi insieme ai resti delle milizie ribelli al regime di Damasco.

Dopo la prima improvvisa scossa, devastante, alle 4 di notte, si sono susseguite finora almeno 300 scosse di assestamento, e tre di esse hanno superato magnitudo 6 Richter, una di poco inferiore alla principale, di 7.5 Richter, si è manifestata nella tarda mattinata di ieri con epicentro a quasi 100 Km in linea d’aria, verso nordest, da quella iniziale.

La causa di questo come di altri non rari sismi che si verificano nella penisola anatolica (zona altamente sismica) viene individuata dai geologi nel movimento di faglia fra tre placche della crosta terrestre che qui si incontrano: quella est anatolica, quella arabica e quella africana. La pressione della placca arabica ha prodotto un accumulo di energia che ha spinto la placca est anatolica di circa 3 metri verso ovest, in orizzontale, nel punto di massima pressione. L’energia di questo spostamento è stata paragonata a quella di 130 bombe atomiche, mille volte più del sisma di Amatrice del 2016.

È molto probabile che gli attuali numeri di vittime (circa 5 mila accertate) e di feriti (20 mila, ma è poco più di un’ipotesi) siano purtroppo destinati a crescere nei prossimi giorni. Secondo l’Oms, le vittime reali potrebbero essere 30mila o più. Per fare un tragico paragone rimanendo in Turchia, il disastroso terremoto di Erzincan (8.2 Richter) del 1939 – citato dal presidente turco Recep Tayyip Erdogan in questi giorni come un precedente analogo all’attuale – provocò la morte di circa 33mila persone, e quello di Izmit del 1999 (magnitudo 7.6 Richter), ne uccise circa 17mila, con 50mila feriti e 500mila persone senza tetto.

Erdogan ha aggiunto, commentando le condizioni in cui si è verificato il terremoto di questi giorni: «La stagione è l’inverno, il clima è freddo e il terremoto è avvenuto nel cuore della notte, rendendo le cose difficili, ma tutti stanno lavorando sodo e hanno reagito nel modo più veloce possibile». Sembra infatti che in Turchia il numero delle persone salvate dai soccorritori sia di almeno 8mila. I turchi hanno risposto con grande generosità all’appello della Mezzaluna Rossa che chiedeva di donare sangue per le emergenze mediche nelle zone terremotate del Paese. Diversa e molto meno conoscibile la situazione in Siria, molto più povera e provata dalla guerra.

Terremoto Turchia e Siria
I vigili del fuoco spagnoli all’aeroporto caricano una valigia di aiuti umanitari prima di partire per una missione di salvataggio in Turchia lunedì 6 febbraio 2023. (AP Photo/Paul White) Associated Press/LaPresse Solo Italia e Spagna

Per quanto riguarda i soccorsi e gli aiuti internazionali, sono oltre 60 i Paesi di tutto il mondo che si sono offerti di collaborare e di fornire aiuti e contributi.

Dall’Italia è stato attivato subito un team dei Vigili del fuoco composto da 47 soccorritori Usaar ((Urban Search And Rescue) integrati da personale medico, che è partito nella notte del 6 febbraio da Pisa con un aereo C130 dell’Aeronautica militare diretto a Adana, una delle città turche più colpite dal terremoto. Un’altra squadra di 50 soccorritori specializzati li seguirà a breve.

Lucia Bosetti, pallavolista azzurra ingaggiata quest’anno dalla squadra turca di volley femminile del Cukurova, è rimasta bloccata ad Adana, ma ha fatto sapere che sta bene: «Le case sono inagibili e credo dormiremo in macchina». Ha inviato anche: un ringraziamento «a tutti quelli che mi hanno scritto, voglio dire loro che sto bene. Prego per la Turchia». La Farnesina comunica che un italiano presente in Turchia non ha risposto all’appello dell’Ambasciata.

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