Spagna, riconferma per Sánchez

Il segretario socialista, Pedro Sánchez, è stato riconfermato a capo del governo spagnolo con 179 voti a favore e 171 contrari. Conta sull'appoggio al Congresso dei deputati socialisti e di una variegata somma di partiti minori, compreso Junts per Catalunya.
Pedro Sanchez e alcuni deputati socialisti applaudono dopo il voto che l'ha riconfermato a capo del governo spagnolo il 16 novembre 2023. (AP Photo/Manu Fernandez) Associated Press/LaPresse Only Italy And Spain

Due giorni, 15 e 16 novembre, per assistere al “dibattito d’investitura” del candidato socialista a presiedere il governo, Pedro Sánchez; dopo il tentativo fallito a fine settembre del candidato conservatore, Alberto Núñez Feijóo, di ottenere il mandato. Feijóo non era riuscito a raggiungere la maggioranza assoluta alla Camera dei deputati, cioè almeno 176 voti, e neppure una maggioranza semplice.

Mercoledì 15. La grande attesa di tutti i presenti al Congresso dei deputati, e anche di quanti seguivano la sessione attraverso i canali televisivi e altri mass media (audience tra il 10,4% e il 15,6% attraverso vari canali), era una sola parola, diventata quasi tabù nelle ultime settimane, da quando il partito socialista di Sánchez è arrivato ad accordarsi con gli indipendentisti di Junts per Catalunya. Questo partito è ancora presieduto da Carles Puigdemont, l’ex presidente della Catalogna che nel 2017 aveva proclamato l’indipendenza della regione dalla Spagna, e subito dopo l’aveva sospesa, ed era “fuggito” rifugiandosi a Bruxelles. I patti dei socialisti con diverse minoranze parlamentari sono avvenute in pochi giorni, ma per il sostegno necessario dei 7 deputati di Junts c’è volunto un po’ di più. L’accordo contiene vari punti, ma è stato uno a sollevare, e quasi incendiare, le proteste spontanee di piazza promosse dai gruppi di estrema destra nell’ultima settimana. Anche i popolari di Feijóo hanno riempito le piazze in segno di protesta. La parola, il tabù: “Amnistia”.

Sánchez però, in un discorso di un’ora e quarantacinque minuti, ha atteso fino quasi alla fine per pronunciare quella parola, e con ciò sollevare il clamore della destra: «Aspettavate questa parola e ora non mi lasciate parlare», ha ironizzato Sánchez. «L’amnistia che proponiamo – ha affermato il leader socialista – è legale e conforme alla Costituzione». È questo il punto scottante che aveva provocato le manifestazioni durante l’ultima settimana, e perfino fatto reagire la magistratura quasi all’unanimità. Ci sono dubbi riguardo alla sua legittimità. La proposta di legge sull’amnistia non vedrà la luce forse fino a gennaio, e dovrà passare anche dal Senato, dove i conservatori sono in maggioranza, ma ora è ufficialmente condizione necessaria per sommare i sette deputati di Junts all’investitura di Sánchez. Il quale, ha riconosciuto di dover «fare di necessità virtù», perché aveva dichiarato più volte in precedenza che non avrebbe mai proposto un’amnistia per i fatti accaduti in Catalogna nell’ottobre 2017.

Giovedì 16. Nella seconda giornata, come nella precedente, si sono susseguiti interventi duri. Secondo alcuni osservatori, i discorsi più ruvidi mai sentiti al Congresso. Mentre, attorno al Parlamento, fin dal giorno prima, 1.600 polizotti garantivano lo svolgimento delle sessioni senza incidenti. Da un estremo all’altro della Carrera di San Jerónimo, via centrale di Madrid in cui ha sede il Congresso, qualche centinaio di manifestanti continuava a protestare contro Sánchez.

Sono passati dalla tribuna i portavoce dei vari gruppi parlamentari che non hanno potuto intervenire mercoledì. Cioè le minoranze che erano arrivate a patti con i socialisti, e in pratica tutti hanno avvertito Sanchez che staranno molto attenti allo svolgersi della legislatura per poter continuare a sostenere il suo governo.

Alle 13:15 finisce la votazione. Com’era previsto, 179 sì contro 171 no. Sánchez c’è riuscito di nuovo. Sarà un governo di coalizione, come il precedente, e questa volta insieme alla formazione Sumar, una somma di una ventina di partiti, alcuni di ambito statale e altri regionali. Di fronte avrà non solo l’opposizione di quasi la metà della Camera, cioè i conservatori del Pp e l’estrema destra di Vox; ma all’occasione anche qualcuna delle minoranze che ora hanno investito Sánchez per “necessità”, cioè per impedire che l’estrema destra potesse arrivare al governo.

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