Quelle bestie incredule di ieri, di oggi e di domani

Al Teatro Due di Parma un testo sulla crisi pandemica, l’allarme ecologico-ambientale, il rapporto con la natura e la realtà in cui siamo immersi. Un racconto non retorico della nostra contemporaneità coi problemi etici che solleva
bestie incredule

La Danimarca, Paese che vantava la più grande produzione al mondo di visoni da pelliccia, ha visto consumare, nel 2020, una gigantesca mattanza della quale sappiamo ben poco. 17 milioni di animali abbattuti, e oltre mille allevamenti, perché potenziali incubatori del Covid-19, di cui una parte è stata seppellita in una grande fossa scavata in un campo di addestramento militare vicino a Østerbro. Lo spettacolo Bestie incredule, di Simone Corso (classe 1990), trae ispirazione da questa cronaca e dalle immagini televisive di animali ammassati dentro le pale delle ruspe o scaricati dai cassoni dei camion – immagini diventate emblematiche dell’epidemia che stava contagiando il mondo ‒. Il testo è risultato vincitore del bando “Mezz’ore d’autore” che la Fondazione Teatro Due di Parma ‒ sempre attenta nel promuovere la drammaturgia contemporanea ‒ ha selezionato, lo scorso anno, tra gli 8 dei 300 testi pervenuti, e messo in scena dagli attori della compagnia parmense.

Quelle “bestie incredule” del titolo fa riferimento agli uomini. Siamo bestie paralizzate da ciò che abbiamo contribuito a creare danneggiando la natura, violandone le leggi, deturpandone il corso naturale, e causando una pandemia che ha segnato irrimediabilmente la nostra epoca, lacerando anime e corpi. Il testo del giovane autore affonda il bisturi nella ferita che la paura ha creato. E lo fa con una scrittura asciutta e lirica allo stesso tempo, scandita da un tempo drammaturgico giocato sulla sovrapposizione e rifrazione di diverse linee temporali, dando nuova forma al processo di rappresentazione stessa.

bestie incredule

Creando distanza e relazione, empatia e mimetismo, affida la narrazione a una donna adulta, Susanne, una sorta di corifea che conduce il pubblico disposto frontalmente in scena, dentro gli eventi di un lontano passato ma parlando del presente visto dal futuro. Questo doppio dispositivo rende possibile che lo spettatore immagini di vedere sé stesso da una lente d’ingrandimento posta lontano nel tempo. Il presente di Susanne è il 2083. Ricostruisce, parlando a noi, gli accadimenti personali del 2020 prima che lei nascesse: vicende che coinvolgono i suoi genitori alle prese con una gravidanza e con scelte dolorose (dallo screening prenatale per individuare eventuali rischi di nascita con sindrome di Down, all’allarme ecologico-ambientale); lo zio Poul affetto da un lieve disturbo mentale e con la passione per la pittura; un allevatore di visoni che tenta di nascondere alcuni degli animali coinvolgendo il padre di Susanne; e un allegro tassista. Sono questi i suoi antenati che il destino ha costretto a confrontarsi con una pandemia.

bestie incredule

Che siamo in un paese nordico lo dicono brevi cenni musicali e una voce che ricorda quella della cantante islandese Björk, ma specialmente il colore azzurro, con gradazioni di ghiaccio, degli accurati costumi, e quello dell’ambiente con un mobilio e oggetti dello stesso colore sfumato. Nel mezzo della scena campeggia una porta, che, manovrata a vista, determina il corso del tempo aprendosi e chiudendosi all’apparizione dei personaggi. A muoverla è un grande orso umanizzato, sensibile agli eventi e alle persone, che osserva, ci guarda, si muove ai cenni della narratrice dall’elegante vestito rosso. Il suo racconto in un futuro possibile, di un passato che non ha mai vissuto, di una pandemia che è ormai mito, è scandito da improvvise brevi pause che bloccano i personaggi in pose da fermo immagine come quelle di un film che possiamo fermare e far ripartire a nostro volere – le esegue l’orso ‒, ma agìto realmente da persone in carne ed ossa. Nel corso della storia ritroviamo parole, gesti, oggetti che hanno segnato il nostro quotidiano pandemico, e descrizioni di magnifici paesaggi nordici, e riferimenti all’arte, compreso il quadro di Leonardo da Vinci La dama con l’ermellino. Il tutto tra dramma, ironia e suspense, modulato dai bravi attori – Pavel Zelinskiy , Cristina Cattellani, Paola De Crescenzo, Davide Gagliardini, Massimiliano Sbarsi, Nanni Tormen ‒, e un ritmo agile che la sapiente regia di Nicoletta Robello dosa e mantiene, inanellando pian piano riflessioni etiche che ci chiamano in causa.

“Bestie incredule”, di Simone Corso, regia Nicoletta Robello, luci Luca Bronzo, costumi Emanuela Dall’Aglio, scena Eleonora Scarponi, elaborazioni musicali Arturo Annecchino, regista assistente Laura Cleri. Produzione Fondazione Teatro Due. A Parma, Teatro Due, dal 12 al 19 novembre.

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