Il ritorno di sir Tony Pappano

Il Direttore emerito di Santa Cecilia a Roma presenta ad un pubblico festoso musiche da Cherubini a Richard Strauss
Antonio Pappano archivio Foto Piero Cruciatti / LaPresse

È tornato sir Anthony. Più sciolto, più felice, in piena sintonia con l’orchestra: un concerto fra amici di lunga data a cui piace suonare insieme. E lo si vede, lo si sente.

Si adegua anche il pianista russo Igor Levit, pluripremiato, un po’ irrequieto sullo sgabello. Il suono che gli esce nel Concerto n. 3 di Beethoven vede nel primo tempo sulla preponderanza sontuosa dell’orchestra un timbro quasi timido, un tocco ombrato.

Nell’Adagio diteggia delicatamente con un tempo larghissimo, trattenuto, ricercato tra lunghe pause che farebbero pensare a Mozart, ma siamo invece in un Beethoven più interiorizzato, anno 1803. Nel Rondò finale così esplosivo si sfoga brillando con un virtuosismo che accarezza i tasti velocissimo, quasi fosse una danza tra gli interventi massicci dell’orchestra del giovane Beethoven, ricca di forti chiaroscuri e di stacchi prepotenti. Applausi senza fine.

Poi, tocca a Pappano e alla “sua” orchestra. Si parte con l’ouverture dall’opera Anacreonte di Luigi Cherubini, anch’essa del 1803,  musicista oggi poco eseguito. Eppure la musica è bella, grandiosa, mossa e colorata di grigi e di squilli, ma anche di velocità leggere e brillanti. Tutto da riscoprire questo Cherubini. Passando al secondo Ottocento, Pappano spiega al pubblico e  addirittura canta e fa cantare (tenta di) alcune melodie facili di En Saga – Una saga – poema sinfonico del finlandese Jan Sibelius, anno 1892. Di cosa parla questa musica?.

Pappano non lo sa e lo dice. Bisogna  lasciarsi portare: certo è il mondo del nord artico, popolato da fantasmi,  leggende, spaventi e forse amori. Tra brani che richiamano canti popolari, l’orchestra  immensa vola e poi si ferma, alterna sonorità cupissime e ambigue ad altre carezzevoli. Insomma, il mondo della musica-musica.

Basta scorrere e si squarcia un panorama nuovo per noi europei del Sud. Orchestra al solito brillante e viva come poi nel celebre poema di Richard Strauss Till Eulenspiegel (1895) che buffoneggia e corre sulla storia di un uomo burlone che finisce male. Ma l’orchestra è con lui, enorme, fluttuante, descrittiva. Strauss come Wagner crea la musica da film.

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