28 anni fa lo sbarco degli albanesi a Bari

L'8 agosto del 1991, ventotto anni fa, una nave proveniente da Durazzo portava, in Italia, a Bari, circa 18000 albanesi. Una vera e propria “invasione”, il più grande flusso migratorio avvenuto in Italia. In quell’occasione la città dimostrò una grande generosità

“La storia maestra di vita” è un classico proverbio, ma il genere umano lo dimentica troppo in fretta. A proposito di navi, porti chiusi o aperti, migranti che salpano per una vita dignitosa, questi giorni ci ricordano lo sbarco della Vlora, carica di 18 mila albanesi. Le condizioni di viaggio assomigliavano molto a quelle che affrontano le numerose persone che oggi tentano di arrivare dall’ Africa. Come dimostrano le storiche immagini, l’imbarcazione proveniente dalla vicina Albania era letteralmente colma di profughi che volevano fuggire dal regime del dittatore Hohxa, al termine dell’era sovietica, ormai frantumato con il muro di Berlino. Sulla Vlora, si può dire, arrivò un’intera città, migliaia di persone stanche di un regime che per lungo tempo aveva tolto alla popolazione ogni libertà di pensiero e credo religioso.
Attraccó al porto di Bari, dopo il vano tentativo di ormeggiare a Brindisi, poi gli albanesi ammassati sulla Vlora, furono portati all’interno dello stadio della Vittoria, probabilmente l’unico spazio ampio da permettere di accogliere un numero così elevato di persone. Ovviamente il capoluogo pugliese visse giornate concitate, cercando di tamponare l’enorme emergenza. All’interno dello stadio non furono poche le difficoltà della gestione da parte delle forze dell’ordine e dei volontari; il caldo rendeva più complicate anche le condizioni igienico-sanitarie e acqua e cibo venivano distribuiti con gli elicotteri. Eppure il popolo barese si dimostrò molto generoso donando viveri e vestiti e cercando il più possibile di rendere meno duri quei giorni concitati. Dinanzi ai circa 18000 albanesi sbarcati a Bari, il presidente Andreotti espresse l’incapacità di quel governo di fronteggiare quell’esodo: «Non siamo assolutamente in condizione di accogliere gli albanesi che premono sulle coste italiane e lo stesso governo di Tirana è d’accordo con noi che debbono essere rinviati nella loro nazione», disse. 

Alla sua dichiarazione però si oppose la solidarietà del popolo barese a partire dal sindaco in carica Enrico Dalfino che sollecitó: «Sono persone, persone disperate. Non possono essere rispedite indietro, noi siamo la loro unica speranza». Proprio questa frase verrà trasmessa nell’etere con un’onda radiotelegrafica che raggiungerà anche il teatro Margherita, per celebrare i 28 anni dallo sbarco. È un simbolo di condivisione nelle più disparate parti del pianeta per ribadire ancora una volta i diritti umani e dell’accoglienza che sembrano oggi subire le correnti sovraniste europee. All’interno del teatro, poi, è stata allestita una mostra fotografica a cura del festival internazionale di fotografia PhEST.

La storia degli albanesi in Italia e in particolar modo a Bari è ricca di testimonianze. Un docu film “La nave dolce” con regia di Vicari descrive quei giorni concitati.
Gli albanesi vedevano il tacco d’Italia dall’altra parte dell’Adriatico come un “nuovo mondo”; dalla loro terra erano a conoscenza delle abitudini e della vita italiana. Molti albanesi, infatti conoscevano già la nostra lingua grazie alla televisione (che riuscivano a vedere in modo clandestino). Tanti sono gli albanesi ben integrati nel nostro territorio che hanno costruito una vita dignitosa e ammirevole. Su quella nave oltre a Kledi, il celebre ballerino di “Amici di Maria De Filippi” o il cantante Ermal Meta sulla Vlora appena adolescente,  c’erano papà, mamme e figli che ce l’hanno fatta. Ogni barese avrà per conoscenza un albanese: ci sono due amici di chi scrive questo pezzo, diventati validi medici e ingegneri informatici. E come me tanti altri cittadini possono raccontare esperienze di quegli anni. Personalmente ho un vago ricordo (per questioni anagrafiche) dell’8 agosto di ventotto anni fa. Ricordo la confusione in città con tanti albanesi adagiati nei giardini o per le strade in situazioni precarie. All’attracco al porto infatti, lo smistamento fu molto difficoltoso e molti migranti riuscirono ad oltrepassare cordoni e transenne. Ricordo però anche alcuni sorrisi carichi di speranza di alcuni albanesi che entravano nell’edicola di mio padre per chiedere qualcosa per allentare la fame. Ricordo un gran movimento e fermento di famiglie, parrocchie, gruppi liberi di cittadini che cercavano in tutti i modi di andare in soccorso per strada, cercando di accogliere, nonostante non esistesse una rete di accoglienza ben organizzata. Bari diede prova significativa di generosità, nonostante l’impreparazione delle istituzioni. Quel 1991 sembra così lontano rispetto agli ultimi decreti sicurezza dell’attuale Governo.

 

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