Totò, il principe e la maschera

Va in onda la sera di venerdì 22 settembre il documentario di Enzo De Caro e Tommaso Cennamo sul rapporto tra Antonio De Curtis e il personaggio Totò

Antonio De Curtis e Totò. Il principe e la maschera, l’attore e il personaggio. L’uomo e il mestiere, la vita e l’arte. Si muove lungo questa dialettica, intorno a questo gioco spesso divertente e qualche volta malinconico, l’interessante documentario che andrà in onda stasera, in prima serata, su Rai3.

Si intitola “Totò e il Principe De Curtis. L’uomo oltre la maschera”, prodotto da Ocean Productions in collaborazione con Rai Documentari, scritto da Enzo De Caro con Tommaso Cennamo, che ne è anche il regista. Se del personaggio sappiamo tanto – anche se per i giovani è bene che Totò passi in Tv, che di Totò si parli, che su di lui venga effettuato il necessario lavoro sulla memoria – dell’uomo sappiamo meno, ed è lui il vero protagonista di questo racconto ricco di materiali di repertorio e di gustose, brillanti, precise, talvolta emozionate interviste.

Certo, come spiega Goffredo Fofi, «Totò era maschera egli stesso, col suo naso dirottato, il mento dirottato», ma dietro il suo lavoro, oltre il suo successo enorme, spesso non accolto con favore dalla critica, c’era un essere umano riflessivo, in cerca della sua anima più vera, con una storia personale che lo aveva modellato producendo quelle sfumature delicate che i 90 minuti di questo corposo documentario raccolgono con cura. Aggiunge lo stesso Fofi, per esempio, che «Totò era più colto di quanto si pensasse», ed è affidato a tante voci il compito di restituirne la fertile complessità caratteriale.

A guidarle, in qualche modo, ad accordarle, è la nipote di Totò: Elena Alessandra Anticoli De Curtis, insieme a Enzo De Caro, che a Totò ha dedicato uno spettacolo teatrale nel 2017, dal titolo “In arte Totò”, proprio sul rapporto tra l’uomo e la maschera. De Caro realizzò in passato anche toccanti interviste con Liliana De Curtis, la figlia del genio partenopeo, di cui era molto amico. La sua testimonianza è presente nel documentario accanto a tante altre tra attori, critici e registi che hanno conosciuto e studiato, ammirato e amato Totò: da Lino Banfi ed Enrico Vanzina (oltre al già citato Fofi) a Mario Martone e Massimiliano Gallo; da Ninetto Davoli e l’avvocato Giorgio Assumma fimo allo storico e saggista Antonio Sciotti, compresa la registrazione audio di una lunga (e bellissima) intervista di Oriana Fallacci a Totò, pubblicata sull’Europeo del 6 ottobre 1963.

Il primo passaggio è nel Totò poeta, fine e talentuoso, attento alle quattro “s”, di «sincero, semplice, serio e sofferente». Versi scritti nel pensatoio, spesso di notte, ricorda l’avvocato Assumma, «come se lui volesse fuggire dalla realtà normale che lo circondava e rifugiarsi in una realtà privata e solitaria». Si entra poi nel rapporto di Totò con Napoli, col rione Sanità in particolare, e quindi ecco l’infanzia, gli amori, il teatro, la censura durante il fascismo, e poi le sue creazioni musicali. Ecco il Totò osservatore del mondo e degli altri, la sua passione per i cani, le incomprensioni con la critica, l’eleganza e la serietà fuori dal set, l’incontro con Pasolini e quel desiderio di realizzare un film su Don Chisciotte che per il fumettista Fabio Celoni ha molti punti in comune con Toto’/De Curtis: con le sue due anime conviventi. Lui stesso, tra gli intervistati, parla di un trattamento ritrovato del 1948, e trasformato in opera a fumetti. «Ho deciso – spiega Celoni  – che avrei fatto io girare a Totò quel film, su carta invece che su pellicola». Arrivano infine il tema della malattia e della morte, narrati sempre dentro la simbiosi profonda tra il comico e l’esistenziale, tra la risata e la riflessione racchiuse nella grandezza di Totò, incantevole danzatore tra il gentiluomo e il burattino, tra il maestro e il fanciullo, con quel qualcosa di piacevolmente inafferrabile che lo rende ancora, e per sempre, un gigante dell’arte di recitare.

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